domenica 28 novembre 2004
IL LAVORO ACCESSORIO: QUALI PROSPETTIVE?
della dott.ssa Roberta Caragnano
Negli artt. 70 e ss. del D.Lgs. 276/03 il legislatore ha previsto e disciplinato l’istituto delle “Prestazioni occasionali di tipo accessorio rese da particolari soggetti”. La nuova tipologia contrattuale è caratterizzata da uno schema improntato alla massima semplificazione tanto della prestazione quanto degli adempimenti fiscali e previdenziali. Inoltre, l’intento del legislatore è stato lodevole dal momento che ha cercato di tutelare e disciplinare dei fenomeni in passato privi di tutela quali, ad esempio, l’assistenza agli anziani e l’insegnamento privato supplementare.
Le prestazioni di lavoro accessorio sono tutte quelle attività lavorative “di natura meramente occasionale rese da soggetti a rischio di esclusione sociale o comunque non ancora entrati nel mercato del lavoro, ovvero in procinto di uscirne. Le attività si individuano nell’ambito:
a) dei piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresa l’assistenza domiciliare ai bambini e alle persone anziane, ammalate o con handicap;
b) dell’insegnamento privato supplementare;
c) dei piccoli lavori di giardinaggio, nonché di pulizia e manutenzione di edifici e monumenti;
d) della realizzazione di manifestazioni sociali, sportive e culturali o caritatevoli;
e) della collaborazione con enti pubblici ed associazioni di volontariato per lo svolgimento di lavori di emergenza, come quelli dovuti a calamità o eventi naturali improvvisi, o di solidarietà”.
L’art. 70, 2°comma, specifica che “le attività lavorative di cui al comma 1, anche se svolte a favore i più beneficiari, configurano rapporti di natura meramente occasionale e accessoria, intendendosi per tali le attività che coinvolgono il lavoratore per una durata complessiva non superiore a trenta giorni nel corso dell’anno solare e che, in ogni caso, non danno complessivamente luogo a compensi superiori a 3 mila euro sempre nel corso di un anno solare”.
Possono svolgere attività di lavoro accessorio:
a) disoccupati da oltre un anno ;
b) casalinghe, studenti e pensionati;
c) disabili e soggetti in comunità di recupero;
d) lavoratori extracomunitari, regolarmente soggiornanti in Italia, nei sei mesi successivi alla perdita del lavoro.
Da quanto detto, emerge come il contratto in questione presenti due limitazioni, una di natura oggettiva e l’altra di natura soggettiva. La prima restringe l’area di lavoro ad una serie predeterminata di prestazioni “meramente occasionali”, indicate dall’art. 70 e svolte in favore di famiglie, enti pubblici ed organizzazioni no-profit; l’altra delimitazione è di natura soggettiva e circoscrive l’ambito del lavoro accessorio a determinate categorie di lavoratori quali i soggetti più deboli del mercato del lavoro.
A parere di chi scrive, la norma è importante in quanto svolge una funzione antifrudolenta e determina, secondo criteri oggettivi, la natura “occasionale e accessoria” di tali rapporti. Infatti, con una presunzione iuris et de iure, si restringe l’ambito di operatività del lavoro accessorio alle sole attività che comportino (come già sottolineato) un impegno del lavoratore non superiore a trenta giorni nel corso dell’anno solare e che non diano luogo a compensi superiori a euro 5.000,00 sempre nel corso dell’anno solare.
La caratteristica che rende il lavoro accessorio un unicum è rappresentata dal fatto che i beneficiari di tali prestazioni possono retribuire il lavoratore per mezzo di speciali “buoni”, da acquistarsi preventivamente presso apposite rivendite indicate da un emanando decreto ministeriale. Il valore nominale di ciascun buono é di euro 7,5 pari all’importo di un’ora di lavoro comprensivo di una somma destinata a coperture degli oneri previdenziali. Il lavoratore potrà utilizzare il buono come un titolo di credito, ponendolo all’incasso presso concessionari abilitati (presumibilmente anche uffici postali e banche), i quali provvederanno a trattenere un porzione dl valore del buono onde versarla agli enti previdenziali. Infatti, come specificato dal 2° comma dell’art. 72 del D. Lgs. 276/03 “il prestatore di lavoro accessorio percepisce il proprio compenso presso uno o più enti o società concessionari di cui al comma 5 all’atto della restituzione dei buoni ricevuti dal beneficiario della prestazione di lavoro accessorio, in misura pari ad euro 5,8 per ogni buono consegnato. Tale compenso è esente da qualsiasi imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupato o inoccupato del prestatore di lavoro accessorio”. In tal modo il legislatore ottiene l’effetto di semplificare l’insieme degli adempimenti formali legati all’instaurazione del rapporto di lavoro.
Lo scopo principale perseguito dal legislatore è quello di propiziare l’emersione e la regolarizzazione delle attività lavorative “minori” che, attualmente, si collocano in uno stato di generale irregolarità fiscale e previdenziale.
L’ente o la società concessionaria provvede al pagamento delle spettanze alla persona che presenta i buoni per prestazioni di lavoro accessorio, registrando i dati anagrafici e il codice fiscale e provvedendo per suo conto al versamento dei contributi per fini previdenziali all’Inps, alla gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, della L. 355/95, in misura di 1 euro e per fini assicurativi contro gli infortuni all’Inail, in misura di 0,5 euro. L’ente o la società concessionaria trattiene l’importo di 0,2 euro, a titolo di rimborso spese. Non è chiaro cosa accade nel caso in cui il lavoratore abbia lavorato 2 ore e mezza e presenti tre buoni che coprono tre ore di lavoro!!!, in teoria il lavoratore avrebbe diritto a ricevere il resto dal concessionario ma si dovrebbe chiarire secondo quali modalità.
Le modalità del coordinamento informativo a fini previdenziali è chiarito dall’art. 73 del D.Lgs. 276/0, al fine di verificare, mediante apposita banca dati informativa, l’andamento delle prestazioni di carattere previdenziale e delle relative entrate contributive, conseguenti allo sviluppo delle attività di lavoro accessorio disciplinate dalla presente legge, anche al fine di formulare proposte per adeguamenti normativi delle disposizioni di contenuto economico di cui all’art. 72, l’Inps e l’Inail stipulano apposita convenzione con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Inoltre, l’art. 73 prevede che “decorsi 18 mesi dall’entrata in vigore del presente provvedimento il Ministero del lavoro e delle politiche sociali predispone, d’intesa con Inps e Inail, una relazione sull’andamento del lavoro occasionale di tipo accessorio e ne riferisce al Parlamento”.
Con riferimento alle attività agricole non integrano, in ogni caso, un rapporto di lavoro autonomo o subordinato le prestazioni svolte da parenti e affini sino al terzo grado in modo meramente occasionale o ricorrente di breve periodo, a titolo di aiuto, mutuo aiuto, obbligazione morale senza corresponsione di compensi, salvo le spese di mantenimento e di esecuzione dei lavori.