sabato 20 novembre 2004
D.Lgs. 19.12.2002, n. 297: applicazione disomogenea a livello nazionale
del dott. Simone Stagnaro
A quasi due anni dall’entrata in vigore del D.Lgs. 19.12.2002, n. 297, avvenuta il 30.1.2003, e recante disposizioni modificative e correttive al D.Lgs. 21.4.2000, n. 181, tese a favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta occupazionale, risulta utile operare un breve esame dell’applicazione fattane da parte degli Enti locali.
Da un esame comparato tra le diverse applicazioni operate dagli Enti locali, è emersa un’applicazione non completamente uniforme, sul territorio nazionale, di principi del citato Decreto Legislativo del 2002; applicazione, quest’ultima, che, pur rientrando nell’ambito dell’autonomia locale in merito al recepimento di quanto indicato dal Legislatore delegato del 2002, ha dovuto affrontare un aspetto di diritto transitorio sul quale si ritiene opportuno soffermarsi.
Il D.Lgs. n. 297/2002 ha previsto che non può mantenere lo stato di disoccupazione il lavoratore dipendente che lavori per più di 8 mesi, o 4 mesi se si tratta di giovani, con reddito annuale superiore al reddito minimo personale escluso da imposizione.
Tuttavia, il D.Lgs. 297/2002, entrato in vigore il 30.1.2003, non contiene una norma che disciplini le situazioni giuridiche sorte in applicazione della normativa previgente ed in essere al momento della sua entrata in vigore, pertanto, si è posta, come già anticipato, una questione di diritto transitorio.
Tale questione, in alcune ambiti territoriali locali, è stata risolta ritenendo immediatamente applicabili i principi contenuti nel D.Lgs. del 2002 anche ai rapporti di lavoro pendenti al 30.1.2003, determinando la cancellazione di numerosi soggetti dalle liste, i quali, tuttavia, al momento dell’accettazione dell’offerta lavorativa, né erano soggetti alle nuove disposizioni, né ne avevano conoscenza.
Difatti, tali soggetti hanno iniziato l’attività lavorativa in data anteriore all’entrata in vigore del D.Lgs. 297/2002 (30/1/2003), ossia quando le condizioni di mantenimento o di perdita dello stato di disoccupazione erano differenti; di conseguenza, essendo la decisione sull’opportunità o meno di accettare l’offerta lavorativa intervenuta nel periodo di vigenza della normativa precedente, la scelta assunta dai lavoratori è stata determinata sulla base di quanto in allora normativamente disposto.
Ora, l’aver applicato a tali lavoratori il D.Lgs. del 2002 al momento della cessazione, e non dell’inizio, del rapporto di lavoro, equivale, da un punto di vista sostanziale, ad un’applicazione retroattiva della normativa; applicazione, quest’ultima, che pare non corretta sulla base delle seguenti considerazioni.
Innanzitutto, giova richiamare l’art. 11, c. 1, disp. prel. c.c., il quale, prevedendo che “la legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo”, sancisce un fondamentale principio di irretroattività della legge.
Tale principio non viene derogato dal legislatore delegato del 2002, il quale, nella formulazione della normativa di riforma, non indica alcun valore retroattivo delle nuove disposizioni, pertanto, tale silenzio non si ritiene possa tradursi, interpretativamente, in una immediata applicabilità dei citati principi con conseguenti aspetti di retroattività (la quale, nel caso, dovrebbe essere esplicitamente prevista dal Legislatore).
Pare corretto, sul punto, sostenere di dover procedere ad un’applicazione immediata dei principi di cui al Decreto Legislativo del 2002, n. 297, a condizione che questi non comportino alcun effetto retroattivo, così come previsto dalla giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione secondo la quale di fronte ad un rapporto che non si esaurisce istantaneamente ma si protrae nel tempo, la legge nuova si applica agli effetti del rapporto non esauriti al momento dell’entrata in vigore della legge stessa, sempre che il regolamento di quegli effetti non vada ad incidere sul fatto o sull’atto generatore del rapporto (per tutte, Cass. Sez. Lav. 28.9.2002, n. 14073).
Per chiarire la situazione si ritiene opportuno esemplificare: un lavoratore dipendente che, accettando un’offerta occupazionale della durata di 10 mesi, abbia iniziato a lavorare il 1.9.2002, ha terminato il proprio rapporto di lavoro il 30.6.2003. Ora, l’applicazione dei principi ex D.Lgs. 297/2002, così come in alcune ipotesi, ha determinato la cancellazione di questo soggetto dalle liste di disoccupazione poiché ha lavorato per un periodo superiore a 8 mesi ed ha percepito un reddito superiore al limite previsto. Tuttavia, il D.Lgs. 297/2002 è entrato in vigore il 30.1.2003, quindi una tale applicazione determina un’evidente retroattività dei suoi contenuti per i mesi compresi tra l’1.9.2002 e il 30.1.2003. Come si è anticipato, si ritiene ammissibile un’applicazione immediata, ossia dal 30.1.2003, dei principi di cui al D.Lgs. 297/2002, senza, però, operare alcuna retroazione degli effetti; pertanto, al lavoratore oggetto di esemplificazione dovrebbe essere considerato solamente il periodo dal 30.1.2003 al 30.6.2003, ossia 5 mesi, il che, se nell’arco dei 5 mesi non viene superata la soglia reddituale predeterminata, non determinerebbe la cancellazione dalle liste di disoccupazione.
In altri ambiti territoriali, invece, l’applicazione del D.Lgs. 297/2002 da parte dei competenti Enti locali è avvenuta sì immediatamente dal 30.1.2003, ma prendendo in considerazione solamente gli effetti non esauriti (come sottolineato dal Giudice nomofilattico sopracitato), quindi mesi e reddito dal 30.1.2003 in avanti, così come esposto supra e, a parere dello scrivente, in modo giuridicamente più corretto.
Orbene, se è pur vero che ogni Ente locale ha una propria autonomia per quanto di competenza, è altrettanto vero che i principi generali in materia di applicazione della legge dovrebbero essere uniformemente recepiti ed applicati su tutto il territorio nazionale, così da evitare, come invece si è verificato, che situazioni uguali vengano ingiustamente trattate in modo diseguale a seguito di diverse interpretazioni fornite a livello locale dai competenti Enti.