sabato 13 novembre 2004
Approfondimento sul "distacco", istituto di diritto del lavoro di origine giurisprudenziale
della dott.ssa Roberta Caragnano
Il distacco è un istituto di origine giurisprudenziale che ha trovato la sua specifica disciplina nell’art. 30 del D.Lgs. 276/03, che individua i requisiti necessari per la legittimità della prestazione lavorativa mediante distacco, onde distinguerlo dalla interposizione, tuttora vietata. Tale forma era utilizzata in passato per evitare le “riduzioni di personale” ed era disciplinata dall’art. 8 della L.n. 236/93.
Il distacco si ha quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di un altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa (art. 30 D.Lgs. 276/03).
Il distaccatario potrà esercitare il proprio potere direttivo, affinché la prestazione venga integrata nella propria organizzazione produttiva. L’esercizio del potere disciplinare dovrebbe rimanere in capo al distaccante, salvo che nell’accordo tra le imprese sia prevista la delega al distaccatario. Il lavoratore, da parte sua, dovrà rispettare l’obbligo di fedeltà e diligenza sia verso il distaccatario che verso il distaccante.
I requisisti di legittimità del distacco sono:
a) l’interesse del distaccante;
b) la temporaneità.
Per quanto attiene al primo requisito la temporaneità deve essere intesa come non definitività, indipendentemente dalla durata del periodo del distacco sempre correlata alla persistenza dell’interesse del distaccante.
Per quanto attiene al profilo dell’interesse, è sufficiente che vi sia il solo interesse del datore di lavoro a distaccarsi temporaneamente dal distaccante e che tale interesse si protragga per tutto il periodo della durata del distacco.
L’art. 30 del D.Lgs. 276/03 consente una interpretazione piuttosto ampia riguardo al requisito dell’interesse, infatti “il distacco può essere legittimato da qualsiasi interesse produttivo del distaccante che non coincida con quello alla mera somministrazione di lavoro altrui” (Circolare del Ministro del lavoro e delle Politiche Sociali n.3/04).
Il testo di legge legittima una prassi spesso utilizzata all’interno dei gruppi di impresa che in relazione alle esigenze di imprenditorialità e razionalizzazione dello sviluppo aziendale provvedono allo “distaccamento” dei lavoratori tra le aziende facenti parte del gruppo.
Il Ministero del Lavoro in una nota dell’11/04/01 n. 5/26183 ha individuato, anche nel caso di distacco all’interno dei gruppi di impresa, la necessità della presenza dell’interesse del distaccante e della temporaneità quali requisisti essenziali per la legittimità del distacco.
Una questione che avrebbe comportato delle dispute dottrinali e giurisprudenziali è stata evitata dal legislatore con la previsione del comma 3 dell’art 30 del D.Lgs. 276/03 per cui “il distacco che comporti un mutamento di mansioni deve avvenire con il consenso del lavoratore interessato”.
La norma sembra introdurre una regolamentazione speciale della variabilità delle mansioni del lavoratore distaccato rendendola sempre legittima in caso di consenso del lavoratore in deroga alla disciplina generale all’art 2103 c.c che limita la variabilità sia unilaterale che consensuale all’equivalenza economica e professionale delle mansioni di origine e di destinazione. Il consenso del lavoratore vale a ratificare l’equivalenza delle mansioni laddove il mutamento di esse, pur non comportando un demansionamento, implichi una riduzione e/o specializzazione della attività effettivamente svolta, inerente al patrimonio professionale del lavoratore stesso.
Quando il distacco avviene presso una unità produttiva collocata a più di 50 km da quella in cui il lavoratore è adibito, esso è ammissibile solo in presenza di un interesse qualificato da comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive. In situazioni del genere, un consolidato orientamento giurisprudenziale ritiene che l’interesse del distaccante e del soggetto fruitore della prestazione sia in re ipsa.
A riguardo sorge un problema circa gli elementi e le ragioni che distinguono l’interesse qualificato dal mero interesse del distaccante che, come sottolineato in precedenza, è condizione di legittimità del distacco.
Nell’ipotesi di distacco di un lavoratore presso un altro soggetto il distaccante potrà stipulare un contratto a termine con un altro lavoratore ove sussistano le esigenze legittimante l’apposizione del termine in base a quanto previsto dal D.Lgs. n. 368/00. Nel caso di distacco il lavoratore potrà svolgere la sua prestazione anche parzialmente presso il distaccatario, continuando a svolgere presso il distaccante la restante parte della prestazione.
IL TRATTAMENTO ECONOMICO E NORMATIVO DEL LAVORATORE
“In caso di distacco il datore di lavoro rimane responsabile del trattamento economico e normativo a favore del lavoratore” (art. 30 D.Lgs. 276/03). In passato era consolidata la prassi di un loro rimborso da parte del distaccatario. In materia si ricorda la sentenza della Cassazione a Sezioni Unite n. 1751/89 che ha chiarito “il rimborso al distaccante della spesa del trattamento economico non ha alcuna rilevanza ai fini della qualificazione del distacco genuino”.
Poiché il lavoratore distaccato esegue la prestazione non solo nell’interesse del distaccante ma anche nell’interesse del distaccatario, la possibilità di ammettere il rimborso rende più lineare e trasparente anche l’imputazione reale dei costi sostenuti da ogni singola società. In tal caso l’importo del rimborso non può superare quanto effettivamente corrisposto al lavoratore dal datore di lavoro distaccante. Sul fronte della titolarità, in capo al distaccante del trattamento economico rimane a suo carico anche il trattamento contributivo che deve essere adempiuto in relazione all’inquadramento del datore di lavoro distaccante (vedi circ. Min. lav. 18 gennaio 1994 n. 4).
Una quaestio particolarmente delicata riguarda gli elementi distintivi tra distacco e somministrazione; nel primo vi è il solo interesse del distaccante. Nel caso della somministrazione a fini di lucro, il distaccante soddisfa un interesse produttivo diversamente qualificato, come interesse al buon andamento della società controllata o partecipata.
Per quanto riguarda l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali, il relativo premio rimane a carico del datore di lavoro distaccante ma è calcolato sulla base dei premi e della tariffa che sono applicati al distaccatario (vedi Circ. Min. lav. 21 aprile 1994 n. 58).
Il datore di lavoro distaccante, salvo un diverso accordo tra le parti, relativamente al trattamento economico e normativo, rimane responsabile ex art. 10 D.P.R. 1124/65 in caso di rivalsa dell’Istituto in occasione di un infortunio sul lavoro, integrante un ipotesi di reato, occorso al distaccato presso il distaccatario quale soggetto incaricato della direzione e sorveglianza del lavoro ex comma 3 dell’art. 10 del D.P.R. prima citato.