sabato 13 novembre 2004
Il mobbing nella P.A. e il danno da disservizio
del Prof. Sergio Sabetta
L’art. 6 del CCNL Comparto ministeri per il quadriennio 2002 – 2005 prevede la costituzione di un comitato paritetico sul fenomeno del mobbing. Al comma 1° viene per la prima volta riconosciuta l’esistenza del fenomeno del mobbing nella P.A. ed il suo progressivo estendersi anche quale conseguenza dell’integrarsi di fenomeni diversi che vanno da una maggiore flessibilità delle strutture con parallela mancanza di certezza dei ruoli accompagnata da un sempre crescente clima sociale competitivo, tale da assumere fenomeni darwiniani, a cui si contrappone una minore sopportazione per una maggiore cultura o conoscenza e conseguenti aspettative per stili di vita.
Il mobbing viene individuato come forma di violenza morale o psichica caratterizzata “…da una serie di atti, atteggiamenti o comportamenti, diversi e ripetuti nel tempo in modo sistematico ed abituale, aventi connotazioni aggressive, denigratorie e vessatorie tali da comportare un degrado delle condizioni di lavoro, idoneo a compromettere la salute o la professionalità o la dignità del lavoratore stesso…” (art. 6, c. 1 ).
Anche in relazione alla risoluzione del Parlamento Europeo del 20/9/2001 sul tema, sono costituiti presso ciascuna Amministrazione degli specifici Comitati Paritetici per la raccolta dei dati sul fenomeno, l’individuazione delle cause e la formulazione di proposte per azioni positive preventive e repressive, nonché le definizioni dei codici di condotta. Vengono inoltre costituiti sportelli di ascolto e istituita la figura del consigliere/consigliera di fiducia.
Anche l’aspetto formativo viene coinvolto con finalità preventive, al fine di una cultura organizzativa che fornisca la coesione, recuperando la motivazione e l’affezione all’ambiente di lavoro.
Su questo filone rientra la direttiva del Ministero per la Funzione Pubblica 24/3/2004 (G.U. 5/4/04, n. 80), sulle misure finalizzate al miglioramento del benessere organizzativo nelle pubbliche amministrazioni. Si tende per la prima volta a sostenere aspetti non monetari del rapporto di lavoro, ma che incidono sulla qualità dello stesso come sviluppo di un clima organizzativo atto alla crescita dell’efficienza amministrativa, questo ancor più in tempi di profonde riforme legislative e innovazioni tecnologiche.
Le variabili critiche per assicurare il benessere organizzativo sono individuate dalla direttiva nei seguenti punti:
a) riconoscimento e valorizzazione delle competenze;
b) chiarezza degli obiettivi organizzativi e coerenza
tra enunciato e pratiche organizzative;
c) caratteristiche dell’ambiente nel quale il lavoro si
svolge;
d) comunicazione intraorganizzativa circolare;
e) circolazione delle informazioni;
f) clima relazionale franco e collaborativo;
g) prevenzione degli infortuni e dei rischi professionali;
h) giustizia operativa;
i) stress;
j) conflittualità;
k) scorrevolezza operativa e supporto verso gli obiettivi;
l) apertura all’innovazione.
Al fine di conseguire gli obiettivi indicati il Dipartimento ha realizzato a supporto delle amministrazioni apposito manuale operativo.
Se questo è il quadro da un punto di vista amministrativo, importanti riflessi possono riconoscersi su quello giurisprudenziale.
L’importanza che via via si riconosce al mobbing nel rendere inefficienti le strutture oltre ai danni personali subiti dai singoli che possono elencarsi nei danni morale, esistenziale, biologico e alla capacità lavorativa, inducono ad analizzare anche l’aspetto del danno da disservizio quale conseguenza di tali comportamenti.
Una recente sentenza della Sezione Giurisdizionale per la Regione Marche della Corte dei conti n. 550 del 25/5/04 ha individuato un danno da disservizio, oltre che il danno da discredito per la diffusione della conoscenza del fatto tra i cittadini con conseguente opinione distorta sull’organizzazione pubblica, nell’operato di un agente contabile, danno patrimoniale che è stato quantificato in via equitativa in Euro 10.000,00.
Il danno da disservizio può essere esteso tranquillamente all’ipotesi del mobbing se lo si considera come un danno collettivo alla struttura da affiancarsi ai danni individuali sopra elencati e da quantificare e risarcire al singolo.
L’aspetto da superarsi è la quantificazione puramente equitativa ex art. 1226 c.c., al riguardo occorre rifarsi al concetto di processo produttivo amministrativo inteso come l’insieme delle operazioni che si susseguono in una specifica fase del ciclo amministrativo. Esso può essere continuo o intermittente a seconda che riguardi la produzione di una sola tipologia di provvedimenti o varie.
Il processo produttivo in esame come tutti i processi presenta dei costi determinati dai fattori che intervengono nella fase del ciclo, questi fattori come indicato nella teoria classica della c.d. funzione di produzione sono la superficie occupata o terra (T), le materie prime (M), il lavoro (L) e i beni capitali (K). Nel processo amministrativo i costi sono dati quasi esclusivamente dal lavoro e dai beni capitali e su questi va concentrata l’attenzione.
Occorre ora introdurre un ulteriore concetto che è quello del centro di costo quale unità operativa a cui imputare i costi pertinenti a determinate fasi del ciclo produttivo. I costi si possono distinguere in “costi originali o diretti” e “costi funzionali o indiretti”, i primi sono relativi ai fattori impiegati nel centro stesso mentre i secondi sono collegati ai processi localizzati presso altri centri e di cui il centro in esame ne usufruisce parzialmente per il proprio funzionamento.
Esistono inoltre costi fissi di cui l’esistenza di per se stessa dell’unità organizzativa ne è causa indipendentemente dalla quantità o qualità della produzione, come gli stipendi del personale, le spese di riscaldamento, di pulizia, di vigilanza ecc., e i costi variabili che variano in funzione della quantità o qualità della produzione.
Considerata l’estrema difficoltà di calcolo dei costi variabili, nonché dei costi indiretti, riterrei che la determinazione del danno da disservizio dovrà considerare esclusivamente i costi diretti relativi ai costi fissi dell’unità operativa danneggiata e di questi il costo del lavoro e dei beni capitali impiegati.
In particolare per il costo del lavoro la retribuzione del dipendente che ha subito il mobbing dal momento in cui si è manifestato il comportamento censurato, nonché le retribuzioni di coloro che nell’unità operativa del centro di costo erano con lui in rapporto di servizio, considerando il perturbamento funzionale del processo operativo. I restanti costi fissi relativi ai beni capitali impiegati potranno essere valutati nella misura derivante dalla proporzione del rapporto tra il costo del lavoro disperso a seguito di mobbing (mobbizzato) ed il costo del lavoro dell’intero centro di costo in esame, questo in quanto il fattore produttivo dei beni capitali impiegati è stato utilizzato solo per una quota, restando il resto disperso.
Come si può ben osservare si ha una valutazione, seppure non precisa, del danno da disservizio tale da superare l’aspetto puramente empirico della valutazione equitativa. La valutazione può essere comunque ulteriormente semplificata in caso di difficoltà restringendo il calcolo al costo del lavoro.