lavoroprevidenza

martedì 9 novembre 2004

Il risarcimento del danno “ulteriore” a seguito di licenziamento illegittimo

Commento alla sentenza della corte di appello di firenze, sezione lavoro, n. 486/2004





La Corte di Appello di Firenze, Sezione Lavoro, con la Sentenza n. 486/2004 del 4.05.04 si è espressa sulla richiesta di risarcimento per danno "ulteriore" rispetto a quello previsto dall art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, in una controversia tra un lavoratore che svolgeva l attività di "portiere di notte" in un grande albergo e il suo datore di lavoro, in seguito a due licenziamenti, di cui uno dichiarato illegittimo, avvenuti in un lasso di tempo piuttosto breve, cui non era conseguita una effettiva reintegra del lavoratore nel posto di lavoro.



Le parti della controversia erano la società S s.p.a- con sede a Firenze (appellante) e il Sig G. Z. (appellato) che svolgeva l’attività di “portiere di notte” in un grande albergo della suddetta società.

La vexata quaestio, che aveva condotto le parti de quo a chiedere l’intervento dell’autorità giudiziaria, aveva avuto origine dal licenziamento dello Z. avvenuto in data 23.07.1997, giudicato illegittimo con sentenza passata in giudicato, cui si accompagnava il provvedimento di reintegra nel posto di lavoro.

Successivamente in data 25.03.1998, il lavoratore era stato nuovamente licenziato ed aveva ottenuto un nuovo ordine di reintegra, ex art. 18 dello Statuto del Lavoratori, con provvedimento in sede cautelare (ex art. 700 c.p.c.).

In un periodo successivo all’ordinanza di reintegra ex art. 700 c.p.c. ed antecedente alla prima sentenza di merito del secondo licenziamento, lo Z. aveva chiesto il maggior risarcimento rispetto a quello conseguente il pagamento della retribuzione e relativo alla perdita degli scatti di anzianità, ad un premio annuale e alla generica diminuzione di professionalità derivante dalla forzata assenza dal lavoro.

Il Tribunale di Firenze con sentenza n. 448/2002 si era espresso in modo favorevole al lavoratore, determinando il danno "ulteriore" nella misura di 1/3 della retribuzione corrente.

A fronte di tale sentenza la società S s.p.a. ricorreva in Appello chiedendo la totale riforma della sentenza di primo grado e la dichiarazione di inammissibilità del ricorso dello Z. perché il suo preteso diritto al risarcimento del danno asseritamente causato dalla lesione della sua professionalità conseguente alla mancata reintegrazione del posto di lavoro, non poteva essere azionato prima che fosse giuridicamente accertato, con sentenza passata in giudicato, se il licenziamento fosse stato legittimo oppure no.

Inoltre, il datore di lavoro appellava e censurava la richiesta del Sig. Z., anche per i seguenti motivi:

1. contestava nell’an e nel quantum il maggior risarcimento escludendo che esso potesse essere conseguenza di un mero provvedimento cautelare;

2. deduceva che il Tribunale si fosse espresso su di una domanda modificata in corso di causa;

3. rilevava che il maggior danno fosse stato liquidato senza tener conto del colpevole stato di disoccupazione del lavoratore.

4. contestava che il relazione al modesto contenuto delle mansioni non potesse configurarsi alcun danno alla professionalità e chiedeva di determinare l entità del danno in misura congrua alle semplici mansioni d ordine svolte dallo Z.

La società S. s.p.a. chiedeva, inoltre, di respingere l appello incidentale dell appellato poiché, con riguardo al premio di produttività e redditività, lo Z. non aveva dato prova del presupposto vantato diritto, mentre, con riguardo agli scatti di anzianità, egli li aveva già percepiti.

Il Sig. Z., in qualità di appellato, si era costituito in giudizio chiedendo con una memoria il rigetto dell’appello agendo con appello incidentale perché la domanda originaria fosse accolta nella maggior misura indicata in ricorso.

La Corte di Appello di Firenze si era espressa ritenendo l’appello principale infondato poiché, nonostante il primo licenziamento fosse stato ritenuto illegittimo, con sentenza passata in giudicato, e il secondo, a seguito di delibazione sommaria ex art.18 dello Statuto dei Lavoratori, era stato ritenuto invalido, il datore di lavoro non aveva mai reintegrato lo Z. nella sua attività lavorativa dal momento che il datore aveva corrisposto al portinaio la retribuzione sin dalla data del primo licenziamento.

Il secondo licenziamento era stato oggetto di una prima pronuncia di merito da parte del Tribunale di Firenze e di una pronuncia di Appello (C.App. Firenze n. 206/2002) , che aveva ritenuto l’invalidità del recesso e disposto l’applicazione dell’art. 18 S.L.

La Corte con riferimento al motivo della ritenuta illegittimità del licenziamento considerata dall appellante come condizione dell azione rispetto al giudizio di primo grado, lo destituisce di fondamento. Infatti, dal punto di vista del diritto, l’accertamento della legittimità del licenziamento è elemento costitutivo del diritto al risarcimento del danno ulteriore rispetto alla pronuncia ex art. 18 S.L. e come tale il diritto può essere azionato indipendentemente dal preventivo accertamento giudiziale sulla legittimità del licenziamento (in ipotesi demandata all’unico giudice dell’unica controversia avente ad oggetto la pronuncia di invalidazione). Rispetto a tale concezione, la Corte ha affermato che "non importa se l’illegittimità del recesso appartenga alla cognizione sommaria o a quella piena del giudice, l’unica cosa che l’attore è tenuto a provare è il fatto presupposto".

Con riferimento al mutamento della domanda in corso di causa (tesi sostenuta dall appellante) la Corte ha affermato che nel corso del giudizio di primo grado non vi era stato alcun mutamento della domanda, fatta eccezione per l ammissibile diversa quantificazione del credito, inoltre, al momento della decisione la illegittimità del licenziamento intimato allo Z. risultava accertata con sentenza provvisoriamente esecutiva.

Con riferimento alla richiesta di risarcimento di danno ulteriore rispetto a quello risarcito, la Suprema Corte aveva affermato che, "salvo l’onere della prova a carico del lavoratore, il danno ulteriore rispetto a quello risarcito ex art. 18 S.L. è dovuto." La Cassazione, in altri casi simili al de quo, aveva ritenuto che "il suddetto danno si configura tutte le volte in cui sia apprezzabile un pregiudizio diverso da quello della mera perdita della retribuzione," concorrendo a dargli contenuto in primo luogo la durata dell’estromissione dal posto di lavoro.

Nel caso di specie lo Z. aveva fatto esplicita riserva di agire separatamente per le conseguenze del danno non patrimoniale e, comunque dalla data del primo licenziamento il lavoratore non era stato reintegrato nel suo posto di lavoro nonostante delle pronuce giudiziali a lui favorevoli.

In relazione al terzo motivo di Appello, ossia allo stato di colpevole inerzia del lavoratore che aveva concorso ad aggravare il danno, il Collegio rigettava il motivo dal momento che il lavoratore si era iscritto prontamente alle liste di collocamento in data 26.8.1997 e, successivamente, aveva rinnovato la sua iscrizione. Inoltre, lo Z. aveva provato di aver preso contatti per un possibile lavoro sia con l Hotel Excelsior, nell ottobre 1998, sia con l Hotel Sofitel.

Nel caso di specie il lavoratore non aveva assunto un comportamento inerte anche perché aveva impugnato il primo e il secondo recesso senza alcun ritardo, ponendo il datore di lavoro nella condizione di riassumerlo e di resistere giudizialmente alla sua domanda di reintegra.

Il datore di lavoro, da parte sua, aveva reso ancor più difficile la possibilità di impiego alternativo del lavoratore in quanto aveva annotato sul libretto di lavoro le ragioni del licenziamento e la sussistenza di una controversia in corso.

Anche con riferimento alla perdita di professionalità, a fronte della tesi sostenuta dall appellante, per cui nel caso di specie non sussisteva dato il modesto contenuto delle mansioni, la Corte d appello ha sostenuto che non può escludersi che si configuri un tale danno anche nel caso di mansioni modeste.

A riguardo è opportuno sottolineare che nel caso delle modeste professionalità, vi è una perdita diretta (premio annuale e scatti di anzianità) di quanto sia dovuto in astratto, per contratto o per legge, e un pregiudizio patrimoniale astratto derivante dall allontanamento forzato dal mondo del lavoro. Tutto ciò si risolve nella misura del danno rapportato alle prevedibili possibilità di sviluppo.

Nel caso in questione il Sig. Z., per il fatto di svolgere la sua attività con apprezzabile spendita si professionalità in un settore dove è importante relazionarsi con i terzi e dove è possibile un accrescimento professionale dovuto all utilizzo di tecnologie in rapida evoluzione, aveva subito un progressivo depauperamento derivante dalla mancata ripresa dell attività lavorativa.

Inoltre, indipendentemente dal modesto contenuto delle mansioni, il Sig. Z. era stato lontano dall attività lavorativa per un periodo superiore ai cinque anni e ciò aveva determinato la sussistenza di un danno ulteriore rispetto a quello patrimoniale restaurabile con la mera corresponsione della retribuzione. Con riferimento alla questione de quo il Collegio ha ritenuto che la sentenza del Tribunale di Firenze era confermata anche nella quantificazione del danno in quanto proporzionato alle circostanze già descritte.

La Corte di Appello, però, rigettava l appello incidentale dello Z condividendo le ragioni di valutazione equitativa del danno, così come stabilito dal Tribunale di Firenze.

Il Collegio di Firenze non ha accettato la tesi sostenuta dalla S. s.p.a. per cui il danno ulteriore richiesto dal lavoratore riguardi solo la il periodo successivo al secondo licenziamento ma - sostiene la Corte - "il danno ulteriore riguarda tutto il periodo in cui il lavoratore è rimasto fuori dal posto di lavoro ".

L unica differenza consisteva nel fatto che dal primo al secondo licenziamento era trascorso un periodo di tempo all interno del quale vi stata una sentenza passata in giudicato e, con riferimento al secondo licenziamento, una sentenza provvisoriamente esecutiva senza una effettiva reintegra dello Z. nel posto di lavoro.

La sentenza si è espressa con:

1. il rigetto dell appello principale e dell appello incidentale,

2. la condanna dell appellante principale al pagamento di 2/3 delle spese processuali del grado.

In relazione alla sentenza esaminata ritengo sia possibile fare delle considerazioni.

Con riferimento al fatto che il datore di lavoro abbia annotato sul libretto di lavoro del dipendente le ragioni del licenziamento e la sussistenza di una controversia in corso, personalmente ritengo che, per le modalità suddette potevano esserci gli estremi anche per il riconoscimento di un danno all immagine e alla dignità del lavoratore nonché un danno conseguente alla perdita di changes professionali per futuri lavori di pari livello.

Nel nostro ordinamento i lavoratori subordinati sono la categoria più debole del sistema produttivo. Infatti, il lavoro dipendente pone il lavoratore in una condizione di inferiorità rispetto al datore, in quanto il rapporto è squilibrato in favore di coloro che detengono i mezzi di produzione. Le norme costituzionali (artt. 1 -2- 4 -35- 36-40) dettano i principi che devono essere recepiti dalle leggi ordinarie dirette a disciplinare il rapporto di lavoro. Esse hanno lo scopo di proteggere il lavoratore subordinato in tutte le fasi di tale rapporto, dalla sua costituzione alla sua cessazione. Per questo motivo i diritti costituzionalmente riconosciuti ai lavoratori non sono rinunciabili, né disponibili. Il nostro ordinamento è molto garantista, in tal senso, infatti non solo l Italia ha una costituzione che pone alla base dell ordinamento il principio lavorista ma, con la L.300 del 1970 (Statuto dei Lavoratori) ha un sistema che tutela il lavoratore e i suoi diritti nella maniera più completa possibile.

La nostra società ha visto crescere il fenomeno della mobilità dei lavoratori tra i vari Paesi, grazie soprattutto all incremento degli scambi commerciali con l estero.

I diritti dei lavoratori ricevono una tutela anche in campo internazionale, essendo previsti in vari accordo, le condizioni minime di lavoro che devono essere rispettate da tutti i Paesi firmatari. I Paesi dell’unione si stanno adeguando alle norme previste in ambito internazionale e dalle politiche europee . Nel caso di specie l’Italia, con la Legge Biagi, si avvia, nell’ambito della “Strategia Europea per l’Occupazione” definita a Lisbona, ad attivare strumenti e azioni finalizzate al raggiungimento di un mercato del lavoro trasparente ed efficiente caratterizzato da un accesso a una occupazione regolare e di qualità



note



L art. 1 della Costituzione al 1° comma statuisce che "L Italia è una Repubblica democratica basata sul lavoro". Il lavoro è una valore fondamentale che qualifica al forma del nostro Stato e che impone il perseguimento di una politica di difesa sociale, tesa ad eliminare le diseguaglianze ed i privilegi economici attraverso la promozione e la tutela di ogni attività lavorativa. L art 4 della Costituzione ribadisce " La Repubblica riconosce e garantisce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni sociali che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere e di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, una attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società." Questa norma sottolinea l importanza attribuita al lavoro nell ambito dello Stato sociale, non solo come mezzo di sussistenza per sopperire ai bisogni materiali, ma anche come strumento necessario per affermare le proprie capacità e quindi la propria personalità. In tal modo, da un lato si consente all individuo la piena esplicazione delle sue libertà e il pieno godimento dei suoi diritti, dall altro, si proietta il singolo nella sua dimensione sociale , puntando sul bisogno di condivide con gli altri le proprie esperienze attraverso la partecipazione attiva al progresso materiale e spirituale della società.

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