martedì 9 novembre 2004
Lavoro, la lite «esce» dal tribunale
dal Sole 24 Ore
CONTENZIOSO Obbligatorio il tentativo di risolvere le controversie attraverso la conciliazione davanti alla Dpl
Lavoro, la lite «esce» dal tribunale
Accordi, su iniziativa delle parti, efficaci sulle retribuzioni
A CURA DI PASQUALE DUI STEFANO VERCESI sul Sole 24Ore
Quella delle controversie di lavoro, individuali e collettive, è una materia in cui tradizionalmente il legislatore ha favorito strumenti di risoluzione alternativi rispetto al processo.
Molti i motivi: la particolare tecnicità della materia; la storica presenza di soggetti istituzionalmente intermediari, come le associazioni di categoria, caratterizzate dal metodo negoziale di composizione dei conflitti; non ultima, l ingente capillarità del contenzioso, che, se non adeguatamente "filtrato", finirebbe inevitabilmente per intasare le aule di giustizia, tanto più dopo la devoluzione della giurisdizione sul pubblico impiego alla giustizia ordinaria.
Il rapporto di lavoro, peraltro, è caratterizzato da un innegabile squilibrio di forze — in termini di risorse economiche, tecniche e organizzative — tra dipendente e datore di lavoro. Di qui l esigenza di garantire comunque, anche quando non si compare davanti a un giudice, una situazione di parità tra le parti e di assicurare, in particolare, adeguata assistenza al lavoratore. Le norme ora in vigore hanno predisposto un sistema articolato di strumenti conciliativi tali da soddisfare questa duplice necessità.
Le procedure di conciliazione. I contratti collettivi spesso individuano speciali commissioni paritetiche per la risoluzione di controversie, plurime o individuali, tra azienda e dipendenti. Questi organismi sono composti da rappresentanti della parte datoriale e delle associazioni sindacali stipulanti. L attivazione della procedura non spetta, in genere, alle parti coinvolte nel conflitto, ma alle rispettive organizzazioni di appartenenza, o cui si sia conferito specifico mandato in proposito.
Oltre a queste sedi bilaterali e, come detto, in certo modo "riservate" agli aderenti alle associazioni di categoria, l ordinamento prevede un apposito organismo statale, cui le parti possono rivolgersi direttamente. Presso ogni Direzione provinciale del lavoro (diramazione territoriale del ministero del Welfare), è infatti istituita una commissione di conciliazione, composta da un funzionario ministeriale, che la presiede, da quattro rappresentanti dei datori di lavoro e da altrettanti rappresentanti dei lavoratori, di designazione sindacale (ma le sedute sono valide con la partecipazione di anche un solo rappresentante di categoria, per parte).
Per i dipendenti pubblici, il Testo unico sul pubblico impiego (articolo 66, Dlgs 165/2001) prevede la costituzione (sempre presso la Dpl) di un collegio di conciliazione con analoghe funzioni, in cui tuttavia la nomina dei due componenti «di parte» spetta, in misura di uno per ciascuno, al lavoratore e all amministrazione in contenzioso.
L intesa. Il modo di operare delle commissioni (o del collegio) consiste nel ricercare un intesa, ascoltando le richieste di ciascuno dei contendenti e proponendo una soluzione che, senza affermare ragioni o torti, proponga una soluzione che possa rappresentare un equo punto d incontro.
Sovente, del resto, le parti giungono alla conciliazione avendo già raggiunto un intesa, con l aiuto dei sindacalisti o dei professionisti che eventualmente li assistono. In questo caso, alla commissione spetta il compito di certificare la stipulazione dell accordo che — nel caso in cui contenesse rinunce da parte del lavoratore — sarebbe altrimenti da questi annullabile nei sei mesi successivi, ai sensi dell articolo 2113 Codice civile. L efficacia esecutiva. Che sia raggiunto in sede sindacale, o in sede di Dpl, l accordo conciliativo è dotato di particolare forza, tale da garantire l adempimento degli impegni e, in particolare, dei pagamenti lì previsti. Il verbale sottoscritto da azienda e lavoratore, infatti, depositato a cura della parte interessata nella cancelleria del tribunale, acquista efficacia esecutiva, sicché può valere come titolo per procedere a esecuzione forzata contro la parte inadempiente.