martedì 2 novembre 2004
Tfr: ora i fondi pensione fanno meno paura
dal sito Miaeconomia
Lo smobilizzo del tfr ed il suo conferimento ad una forma di previdenza complementare o come scelta esplicita del lavoratore o come conseguenza di una procedura di silenzio-assenso è uno dei “pezzi forti” della legge delega n.243/2004 in materia previdenziale. E’ noto che i lavoratori saranno chiamati ad optare (anche l’inattività determinerà degli effetti) entro sei mesi dall’entrata in vigore del decreto legislativo attuativo. Realisticamente è lecito presumere che nel migliore dei casi si arriverà, nel complesso, al primo semestre dell’anno prossimo. Tra i tanti motivi che condizioneranno la scelta degli eventuali aderenti alle forme pensionistiche a capitalizzazione ci sarà certamente la messa a confronto delle garanzie legate al trattamento di fine rapporto con le maggiori incertezze dei mercati finanziari (soprattutto dopo anni di influenza negativa dell’ “orso”). In sostanza, può essere che il rendimento ope legis del tfr (il 75% dell’inflazione più un punto e mezzo) sembri e risulti – tutto sommato – più conveniente e soprattutto meno rischioso degli investimenti finanziari. Del resto, questo ragionevole dubbio non sarebbe campato per aria, ma risponderebbe a precise circostanze di fatto: negli anni scorsi, il tfr (a tavolino) ha reso spesso di più dei rendimenti dei mercati. Ora la situazione è cambiata, per certi versi le performance si sono invertite. Ma facciamo parlare, Luigi Scimia, il neo presidente della Covip. Nessuno più di lui può parlare con la necessaria autorevolezza. “Nel contesto di mercati finanziari complessivamente ancora caratterizzati dall’incertezza – ha affermato Scimia - i fondi pensione hanno comunque conseguito rendimenti positivi nei primi otto mesi del 2004. Il rendimento generale netto è stato infatti pari al 2,3 per cento per i fondi negoziali e all’1,8 per cento per i fondi aperti; nell’ambito di questi ultimi, i comparti obbligazionari misti, prevalentemente investiti in obbligazioni e con una quota residuale di azioni, hanno ottenuto il rendimento più alto pari al 2,3 per cento, mentre i comparti azionari hanno conseguito il rendimento più basso pari all’1,4 per cento. Nei primi otto mesi del 2004 – ha proseguito Scimia – i rendimenti dei fondi pensione negoziali sono stati in media superiori alla rivalutazione lorda del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) che si è attestata al 2,1 per cento. Estendendo l’orizzonte temporale all’ultimo quinquennio – ecco che viene il bello - il confronto con il TFR è tuttavia abbastanza critico anche per le gravi turbolenze che hanno accompagnato i mercati finanziari negli ultimi anni e per i conseguenti rendimenti nel complesso penalizzanti. Ciò è particolarmente evidente – ha concluso il presidente della Covip - per le linee di investimento a più alto contenuto azionario, mentre le linee caratterizzate da una quota maggiore di investimenti obbligazionari hanno conseguito rendimenti nell’insieme allineati alla rivalutazione del TFR”. La tavola 1 è estremamente puntuale nel rappresentare la situazione. Eppure, dal punto di vista strutturale, l’apporto del tfr al finanziamento dei fondi pensione è assolutamente necessario se si vuole dare un peso specifico effettivo al secondo pilastro. Infatti, se la previdenza complementare deve consentire, nell’arco di alcuni decenni, un tasso di sostituzione in grado di compensare, almeno in parte, il taglio al sistema obbligatorio, il suo finanziamento nel tempo deve essere abbastanza robusto (il 9-10 per cento): un ammontare siffatto sarebbe indisponibile, in termini di massa, se non includesse pure l’aliquota del trattamento di fine rapporto. In ogni caso, avremo tempo e modo di valutare la situazione, quando si conosceranno le linee dei decreti attuativi.