mercoledì 3 novembre 2004
Danno biologico nel mobbing come perdita di chances
del Prof. Sergio Sabetta
Una delle conseguenze del mobbing o del demansionamento (Cass. Sez. Lavoro n. 10157/04) in particolare, ma in generale lo si può riferire a qualsiasi atto amministrativo illegittimo che venga a incidere su un diritto della persona è il danno biologico, in particolare quando il soggetto è costretto a un comportamento non voluto o a rinunciare ad una condotta.
Come già affermato dalla Corte di Cassazione (Sez. III, 15/12/2000, n. 15859) nella nozione di danno biologico rientrano tutte le ipotesi di danno “non reddituale”, ossia i danni estetici, alla vita di relazione e da riduzione della capacità lavorativa; tuttavia recentemente è intervenuta una interessante sentenza del T.A.R. per la Campania n. 8235 del 4/3/2004 che partendo dalla definizione sopra descritta ha esteso attraverso una più ampia nozione dell’art. 32 Cost. e dell’art. 2043 c.c. il concetto di danno biologico fino a ricomprendere tutti i danni che ostacolano le attività realizzatrici della persona umana secondo il dettato della Corte Costituzionale n. 184/86. In tale ambito rientra senz’altro anche “la temporanea impossibilità o diminuzione delle normali occasioni di vita”, intesa come diminuzione o privazione di un valore della persona umana, questa anche in mancanza di qualche danno economico (Cass., Sez. III, 27/11/2001, n. 15034).
Come il Tribunale ha modo di chiarire, la giurisprudenza ha sempre inteso il danno biologico quale menomazione dell’integrità psico-fisica della persona nell’ambiente in cui vive e perciò non solo economica ma bensì anche biologica, sociale, culturale ed estetica, in altre parole sul “valore uomo”in toto. (Cass., 11/2/85, n. 1130).
L’art. 2043 c.c. parla esclusivamente di “danno ingiusto” per la risarcibilità senza altra qualificazione, perciò molto più estesa delle tradizionali categorie del danno patrimoniale e del danno non patrimoniale inteso quale somma delle sofferenze psichiche e morali ricevute dal torto subito e risarcite nel limite dell’art. 2059 c.c. quale tutela dell’autonomo diritto primario del bene della salute. In altre parole il danno biologico deve essere considerato risarcibile indipendentemente dalla capacità di produrre reddito, bensì con la sola menomazione dell’integrità psico-fisica del soggetto. (Cass., 3/3/87, n. 1228 e 6/4/83, n. 2396).
La circostanza che l’atto illegittimo comprima la libertà del singolo genera per se stesso un danno da usura psico-fisica tale da fare sorgere il diritto del cittadino al risarcimento del danno biologico quale “senso di frustrazione “ e “impotenza psicologica” nei confronti della P.A. Ritiene il T.A.R. che il diritto al risarcimento sorge a prescindere dalla colpa della P.A. ed è assistito da una presunzione assoluta per cui non vi è necessità di prova. (Cass. n. 1808/85, n. 5015/92 e n. 12334/97).
La figura presenta delle analogie con il danno da disturbo che interviene in caso di adozione di atti amministrativi che comprimano diritti dominicali, si deve tenere presente che anche in questa ipotesi non vi è solo un danno per mancato attuale uso del bene ma bensì anche dei possibili mancati investimenti su tale bene. In entrambi i casi, inoltre, viene a mancare il danno se i vizi dell’atto riguardino aspetti puramente formali si che questi possa essere semplicemente reiterato (Consiglio di Stato, 24/2/2004 n. 1261).
Occorre tuttavia distinguere l’ipotesi in cui i vizi formali vengano ad incidere sull’esito del procedimento, ossia inducano l’Amministrazione a scelte diverse.
La valutazione quantitativa del danno è rimessa in via transattiva alle parti, previa proposta dell’Amministrazione intimata (art. 35, c. 2°, D.L.vo n. 80/98, come novellato dall’art. 7 L. n. 205/00).
Il T.A.R. valuta per la prima volta la perdita di chances, questa può economicamente intendersi come probabilità in funzione del fattore tempo quale valore economico che crea nuovo reddito ossia interesse. Dobbiamo considerare l’interesse come una grandezza che rende comparabili valori posti in diversi punti del tempo ( J. R. Hicks), in altre parole la probabilità di rendita dell’investimento del capitale umano nel tempo.
Si deve tenere presente che il fattore tempo legato ad un ciclo di vita è un bene che si degrada sottoposto ad entropia, in termini non fisici ma economici è sottoposto a “trasformazione irreversibile” (N. Georgescu – Roegen).
La giurisprudenza considera l’aspetto psicologico costituito dalla frustrazione derivante dalla violazione della propria libertà di agire che economicamente si può definire come perdita di conoscenza e aspettative di un soggetto economico in “equilibrio intertemporale”, essendo le aspettative in divenire.
Nella determinazione del valore del risarcimento, se si supera la soluzione transattiva, occorre approfondire il concetto di probabilità.
Questi non ha un’interpretazione universalmente accettata, tuttavia nel caso in esame possiamo avvicinarci alla definizione soggettivista (F.P. Ramsey e B. de Finetti), anche se contrapposta alla definizione classica (Laplace) e alla definizione frequentista (R. von Mises), pertanto criticata da molti per l’elemento soggettivo. Per la definizione soggettivista la probabilità di un evento è il grado di fiducia che un individuo, sulla base delle conoscenze possedute in un determinato momento, nutre nel verificarsi dell’evento in questione. L’elemento portante diviene l’esperienza, influenzata dagli aspetti sociali, che comporta l’affidarsi ad una forma intuitiva, “euristica”.
Da quanto detto si può dedurre la complessità della valutazione che il giudice dovrà effettuare se vorrà superare il risarcimento del danno biologico, come perdita di chances, in termini puramente equitativi ex art. 1226 c.c.
NOTA BIBLIOGRAFICA
Interessanti analisi delle linee evolutive del danno biologico anche in rapporto con il danno esistenziale sono nei documenti della Rivista “Nuova Giurisprudenza Ligure” – Gennaio/Aprile 2002 – anno IV:
- Ugo Carassale, “Danno biologico: concetto, contenuti problemi”, pag. 104;
- Raffaele De Matteis, “Il danno esistenziale”, pag. 116.
Relazioni tenute in occasione dell’incontro di studio organizzato dal C.S.M. (Ufficio per la formazione decentrata) a Genova il 9/2/2002 sul tema “Responsabilità civile: problemi e prospettive”.