domenica 31 ottobre 2004
Sport professionistico e tutela previdenziale
del Dr. Massimiliano Giua e dell Avv. Luca Sanzi coordinatori della sezione Lavoro Sportivo di LavoroPrevidenza.com
Nel corso dell’estate 2003 tutti noi abbiamo letto sui giornali – sportivi e non – che le maggiori società calcistiche avevano esposto in bilancio enormi debiti previdenziali.
Tutti noi, nel leggere queste notizie, ci siamo posti domande del tipo: i calciatori, e in generale gli sportivi professionisti hanno una tutela previdenziale? Qual è il loro regime previdenziale? Quale Ente se ne occupa? Come funziona la contribuzione? Ma, soprattutto, quali soggetti rientrano nella categoria degli sportivi professionisti?
Scopo del presente studio, quindi, è quello di rispondere a queste domande e di delineare il regime previdenziale applicabile ad una categoria particolare di lavoratori che, con il loro impegno, tanto allietano il nostro tempo libero: gli sportivi professionisti.
La nozione di sportiva professionista.
Prima fase è, ovviamente, quella di individuare la categoria di lavoratori oggetto del nostro studio. Fonte normativa è costituita dalla legge 23 marzo 1981, n. 91, disciplinante le norme in tema di rapporti tra la società e gli sportivi professionisti ed, in particolare, dall’art. 2, nel quale vengono definiti sportivi professionisti gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi ed i preparatori atletici, che esercitano l’attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell’ambito delle discipline regolamentate dal CONI e che conseguono la qualificazione dalle federazioni sportive nazionali, secondo le norme emanate dalle federazioni stesse, con l’osservanza delle direttive stabilite dal CONI per la distinzione dell’attività dilettantistica da quella professionistica.
Con riguardo all’attività sportiva a titolo oneroso, la stessa costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato, regolato dalle norme contenute nella legge n.91/81, a condizione che non ricorra uno dei seguenti requisiti, nel qual caso si tratterà di contratto di lavoro autonomo:
a) l’attività viene svolta nell’ambito di una singola manifestazione sportiva o di più manifestazioni tra loro collegate in un breve periodo di tempo;
b) l’atleta non viene contrattualmente vincolato per ciò che riguarda la frequenza a sedute di preparazione od allenamento;
c) la prestazione che è oggetto del contratto, pur avendo carattere continuativo, non supera otto ore settimanali oppure cinque giorni ogni mese ovvero trenta giorni ogni anno.
In linea con la ragione ispiratrice della legge, e superando la mera analisi letterale, si ritiene che l’intera categoria degli sportivi professionisti sia stata inserita nell’elenco dei lavoratori subordinati. Secondo autorevole dottrina, infatti, la norma deve essere interpretata nel senso di stabilire una specie di presunzione di lavoro subordinato solo per l’atleta; di contro, per le restanti figure di lavoratori subordinati, la qualificazione del rapporto di lavoro dipenderà da un accertamento che andrà fatto, di volta in volta, in relazione al caso concreto .
Per tali altre tipologie di sportivi professionisti la legge infatti non esclude la natura subordinata della prestazione lavorativa, in presenza ovviamente degli altri requisiti previsti per gli atleti, risultando tale valutazione del resto riscontrata dalla presenza dei suddetti lavoratori nell’ambito delle strutture organizzative e tecniche delle Federazioni sportive nazionali o delle società sportive ad esse affiliate.
E’ però altrettanto evidente che con riguardo a tali soggetti forse ancora meno è possibile ipotizzare una presunzione assoluta della esistenza di un rapporto di lavoro subordinato sportivo, anche in presenza degli elementi della onerosità e continuità di cui all’art. 2 della legge: il nostro ordinamento e la nostra realtà giuridica comprendono infatti casi di lavoro autonomo prestato in modo coordinato e continuativo .
Nel tentativo di darne una definizione schematica, si ritiene che ai fini della qualificazione di sportivo professionista devono ricorrere:
1) un requisito “oggettivo”, rappresentato dall’esplicito riconoscimento ai fini sportivi di una disciplina tra quelle sportive nazionali e poi il successivo inserimento della stessa tra quelle tassativamente indicate dal C.O.N.I. come professionistiche ;
2) un requisito “soggettivo”, rappresentato dalla titolarità di un contratto di lavoro subordinato , al quale deve essere necessariamente accompagnato il tesseramento, in qualità di atleta, allenatore, direttore tecnico-sportivo o preparatore atletico, con Società sportive affiliate alle predette Federazioni sportive , e che militino nelle categorie da queste ultime dichiarate professionistiche .
Dalla legge 366/1973 al decreto legislativo 166/1997.
La tutela agli sportivi viene riconosciuta per la prima volta con l’emanazione della legge 14 giugno 14 giugno 1973, n. 366, che stabilisce l’estensione dell’assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti e l’assicurazione contro le malattie gestite dall’E.N.P.A.L.S., istituito con D. lgs. n. 708/1947, ratificato con modifiche dalla legge n. 2388/1952 , alle seguenti categorie:
- ai giocatori di calcio vincolati da contratto con società sportive affiliate alla F.I.G.C. e che svolgono la loro attività in campionati di serie A, B e C;
- agli allenatori di calcio vincolati con società sportive affiliate alla medesima Federazione e che svolgono professionalmente la loro attività in campionati di divisione nazionale;
- agli allenatori federali che operano direttamente alle dipendenze della F.I.G.C..
Ai sensi dell’articolo 9, comma 1, della legge 91/81, l’assicurazione di invalidità, vecchiaia e superstiti (IVS) è stata estesa, poi, a tutti gli altri sportivi professionisti indicati dall’art. 2 della legge 91/81. Le assicurazioni pensionistiche nei confronti degli sportivi professionisti sono gestite dall’ENPALS come “fondo speciale” autonomo, con un proprio bilancio che costituisce allegato al bilancio generale dell’ente medesimo (art. 2 l. 366/73). Per la gestione ed il controllo di tale fondo, viene disposto che, ferme restando le attribuzioni del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo dell’ENPALS, è costituito un comitato di vigilanza di cui fanno parte, due rappresentanti delle società sportive, due rappresentanti dei giocatori di calcio ed un rappresentante degli allenatori di calcio.
E’ poi appena il caso di ricordare che, che in base al combinato disposto dell’art. 9 l. 91/81 e dell’art. 1 l. 366/73, i soggetti suindicati (tra cui: giocatori di calcio, allenatori di calcio, allenatori federali, sportivi professionisti nonché gli addetti agli impianti sportivi) devono essere obbligatoriamente iscritti all’Enpals, chegestisce le assicurazioni di tali categorie per mezzo del suddetto “fondo speciale”.
La riforma generale delle pensioni, attuata nell’ordinamento statuale mediante la legge n. 335/1995, ha poi riguardato anche quelle degli sportivi professionisti, giacchè in attuazione della delega conferita dalla predetta legge, è stato emanato il D. Lgs. N.166/197, recante nuove norme in materia di regime pensionistico per gli iscritti al Fondo pensioni per gli sportivi professionisti istituito presso l’Enpals.
Motivo ispiratore di tale normativa, che ha coinvolto la previdenza degli sportivi professionisti nella più generale riforma pensionistica prevista dall’ordinamento statuale, è stato quello di:
1) rendere le prestazioni previdenziali gestite dall’Enpals più omogenee rispetto a quelle previste dal regime Inps per invalidità, vecchiaia e superstiti (IVS) nel rispetto, è ovvio, della pluralità e della peculiarità degli organismi assicurativi;
2) garantire agli iscritti al fondo pensioni per gli sportivi professionisti - istituito presso l’Enpals - la tutela prevista dall’art. 38, 2° comma, Cost., il quale, nell’attribuire ai lavoratori il diritto acchè siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria, non opera alcuna distinzione tra lavoratori dipendenti e lavoratori autonomi, atteso il medesimo fondamento giuridico, e soprattutto morale, cui sottende il riconoscimento costituzionale di tale tutela.
La norma del 1997 ha lasciate inalterate le norme relative ai soggetti beneficiari delle prestazioni, nonché quelle relative ai rischi sociali cui è subordinata la tutela previdenziale, posto che gli stessi rimangono:
- l’età biologica o lavorativa, cui corrisponde la previsione della pensione di vecchiaia e quella di anzianità;
- l’invalidità e l’inabilità, cui è legata la pensione per invalidità;
- la morte, cui è legata la previsione della pensione ai superstiti.
La contribuzione.
Il finanziamento del sistema previdenziale a favore dei soggetti beneficiari è garantito dalla contribuzione, il cui onere ricade, seppur in maniera quantitativamente diversa, sulle società sportive professionistiche e sugli assicurati: l’art. 9, comma 4, l. 91/81 prevede infatti che i contributi sono ripartiti tra società sportive e assicurati nella proporzione di due terzi e un terzo: sono interamente a carico degli assicurati i contributi riguardanti gli sportivi titolari di contratto di lavoro autonomo.
Quanto alla aliquota contributiva, profondi mutamenti sono stati introdotti dal d. lgs. n.166/97, dal momento che è stato previsto che:
- per il periodo 3 luglio– 31 dicembre 1997, la parte a carico dei datori di lavoro, dovuta per il personale iscritto al fondo pensioni per gli sportivi professionisti, era stabilita nella misura del 9,11%, mentre l’aliquota a carico dei lavoratori era stabilita nella misura in vigore nel fondo pensioni lavoratori dipendenti dell’assicurazione generale obbligatoria (art. 1, comma 1, d. lgs. 166/1997);
- dal 1° gennaio 1998 l’aliquota contributiva a carico dei datori di lavoro dovuta per il personale iscritto al fondo è incrementata annualmente di due punti percentuali fino a concorrenza dell’aliquota in vigore nell’assicurazione generale obbligatoria (art. 1, comma 2, d.lgs. 166/97);
Per gli sportivi professionisti è altresì previsto, secondo la circolare Enpals n. 5 del 3 febbraio 2003:
1) un massimale annuo della base contributiva e pensionabile.
Per gli sportivi professionisti iscritti all’Enpals dopo il 31.12.1995, e privi di anzianità contributiva, è previsto un massimale annuo della base contributiva e pensionabile, rivalutato in base all’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati calcolato dall’Istat nella misura del 2,4 % e pari, per l’anno 2003, a 80.391,00 euro;
2) un massimale di retribuzione giornaliera imponibile.
Per gli sportivi professionisti già iscritti all’Enpals al 31.12.1995 e per quelli iscritti successivamente a tale data, ma con precedente anzianità contributiva in altre gestioni previdenziali obbligatorie, si prevede anche un massimale di retribuzione giornaliera imponibile, pari a 257,66 euro;
3) contributo di solidarietà.
E’ dovuto:
- sulla parte di retribuzione annua eccedente l’importo di 80.391,00 euro e fino all’importo annuo di 586.157,69 euro per gli sportivi professionisti iscritti all’Enpals dopo il 31.12.1995 e privi di anzianità contributiva;
- sulla parte di retribuzione giornaliera eccedente l’importo di 257,66 euro e fino all’importo giornaliero di 1.878,71 per gli sportivi professionisti già iscritti all’Enpals al 31.12.1995 e per quelli iscritti successivamente a tale data ma con precedente anzianità contributiva in altre gestioni previdenziali obbligatorie;
4) un’aliquota aggiuntiva dell’1 %.
Per gli sportivi professionisti iscritti all’Enpals dopo il 31.12.1995 e privi di anzianità contributiva l’aliquota aggiuntiva (1%) si applica sulla parte di retribuzione annua eccedente, per l’anno 2003, l’importo di 36.959,00 euro sino al massimale annuo di retribuzione imponibile di 80.391,00 euro.
Per gli sportivi professionisti già iscritti all’Enpals alla data del 31.12.1995 e per quelli iscritti successivamente a tale data ma con precedente anzianità contributiva in altre gestioni previdenziali obbligatorie l’aliquota aggiuntiva (1 %) si applica sulla parte di retribuzione giornaliera eccedente, per l’anno 2003, l’importo di 118,46 euro e sino al massimale di retribuzione giornaliera imponibile pari a 257,66 euro.
Le sanzioni e la prescrizione.
I soggetti che non provvedono entro il termine stabilito al pagamento dei contributi o premi dovuti, ovvero vi provvedono in misura inferiore a quella dovuta, sono tenuti ( secondo il dettato dell’art. 116, commi da 8 a 14, l. 23 dicembre 2000, n. 388), in caso di:
a) mancato o ritardato pagamento di contributi, il cui ammontare è rilevabile dalle denunce e/o registrazioni obbligatorie, al pagamento di una sanzione, in ragione d’anno, pari al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di 5,5 punti (la sanzione non può comunque essere superiore al 40 % dell’importo dei contributi non corrisposti);
b) evasione connessa a registrazioni o denunce obbligatorie omesse o non conformi al vero, (che si realizza qualora il datore di lavoro, con l’intenzione specifica di non versare i contributi o premi, occulti rapporti di lavoro in essere ovvero le retribuzioni erogate), è dovuta una sanzione, in ragione d’anno, pari al 30 % (la sanzione civile non può comunque essere superiore al 60 % dell’importo dei contributi o premi evasi) ;
c) raggiungimento del tetto massimo delle sanzioni nelle misure previste alle suddette ipotesi senza che si sia provveduto all’integrale pagamento del debito contributivo maturano interessi nella misura degli interessi di mora;
d) mancato o ritardato pagamento di contributi o premi derivanti da oggettive incertezze connesse a contrastanti orientamenti giurisprudenziali o amministrativi sulla ricorrenza dell’obbligo contributivo, successivamente riconosciuto in sede giudiziale o amministrativa, semprechè il versamento dei contributi o premi sia effettuato entro il termine fissato dagli enti impositori, si applica una sanzione, in ragione d’anno, pari al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di 5,5 punti; la sanzione non può essere superiore al 40 % dell’importo dei contributi o premi non corrisposti entro la scadenza di legge;
e) ferme restando le sanzioni penali, sono abrogate tutte le sanzioni amministrative relative a violazioni in materia previdenziale connesse al versamento dei contributi previdenziali.
Per quanto concerne, infine, la prescrizione dei contributi previdenziali, l’art. 3, commi 9 e 10, della legge 8 agosto 1995, n. 335 prevede che le contribuzioni di previdenza obbligatoria si prescrivono e non possono essere versate con il decorso del termine di prescrizione (fissato, a partire dal 1° gennaio 1996, in cinque anni, salvi i casi di denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti, nel qual caso si parla di termine decennale).
Una volta intervenuta la prescrizione quinquennale dei contributi, il datore di lavoro non può più versare la contribuzione all’Enpals ( e l’Ente, in caso di versamento, non può considerare la contribuzione eventualmente versata valida ai fini pensionistici).
note a piè di pagina
In giurisprudenza, per la necessità di tale indagine, da svolgersi avvalendosi dei criteri forniti dal diritto comune del lavoro, si rinvia a Cass. Civile, sez. lavoro, 28 dicembre 1996, n. 11540; Cass., sez. lav.., 11 aprile 1998, n. 4207. Per le modalità di svolgimento di tale indagine, si veda Pretura Napoli, 14 febbraio 1995, secondo cui “al fine di accertare se un rapporto di lavoro possa ricondursi al genus della subordinazione ovvero a quello del lavoro autonomo deve compiersi un’indagine, circa, sia la volontà negoziale manifestata dalle parti, sia le modalità concretamente assunte nel corso del suo svolgimento.
Così, per quanto riguarda invece un direttore sportivo, cfr. Trib. Venezia, 14 settembre 1993, secondo cui tale lavoratore, “ingaggiato da una società calcistica nell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato, può essere licenziato per giusta causa a seguito dei deludenti risultati sportivi conseguiti dalla squadra affidata alla sua conduzione tecnica”.
Quanto invece agli allenatori, da segnalare invece Cass. Sez. lav., 17 gennaio 1996, n. 354, secondo cui anche ai sensi della l. 23 marzo 1981, n. 91, è configurabile un rapporto di lavoro autonomo tra un allenatore sportivo professionista ed una società sportiva, come confermato dall’art. 3, comma 2, che, in relazione alla posizione degli atleti professionisti, prevede ipotesi di lavoro autonomo. Ne può escludersi la coesistenza di un rapporto di lavoro subordinato e di uno di lavoro autonomo, se sono ben distinte le prestazioni e i compensi relativi ai due diversi rapporti contrattuali, con la conseguenza che, in caso di recesso della società sportiva da ambedue i rapporti, la stessa per il rapporto di lavoro autonomo è tenuta, a norma dell’art. 2237 c.c., solo al compenso per l’opera prestata dal collaboratore, indipendentemente dalla causa del recesso.
Sulla base dei poteri conferiti dalla legge, il C.O.N.I., con propria deliberazione n. 469 del 2 marzo 1988, ha stabilito essere professionistiche le seguenti discipline sportive: calcio, pallacanestro, ciclismo, motociclismo, boxe e golf.
Che, ai sensi dell’art. 4, comma 1, deve essere stipulato, a pena di nullità (in deroga quindi al diritto comune laddove prevale il principio della libertà di forma), in forma scritta tra lo sportivo e la società destinataria delle prestazioni sportive, secondo il contratto tipo predisposto, conformemente all’accordo stipulato, ogni tre anni, dalla federazioni sportiva nazionale e dai rappresentanti delle categorie interessate.
L’art. 10, comma 1, L. 91/81, prevede che possono stipulare contratti con atleti professionisti (la suddetta ratio ispiratrice della legge consente però di estendere tale norma anche alle altre categorie di sportivi professionisti) solo società sportive costituite nella forma di società per azioni o di società a responsabilità limitata.
Con la legge 18 novembre 1996, n. 586, che ha riformato l’articolo in questione, è stato introdotto anche lo scopo di lucro (prima inesistente dato che vi era l’obbligo di investire gli eventuali utili per l’attività sportiva), mediante l’introduzione, nel secondo comma, dell’obbligo di inserire nell’atto costitutivo la clausola che preveda la possibilità per la società di svolgere anche attività connesse e strumentali a quella sportiva
Le Federazioni sportive professionistiche hanno individuato le seguenti categorie come professionistiche:
1) Calcio:serie A, B, C1 e C2 maschile;
2) Pallacanestro: serie A1 e A2 maschile;
3) Ciclismo: gare su strada e su pista approvate dalla Lega ciclismo;
4) Motociclismo: velocità e motocross;
5) Boxe: I, II, III, serie nelle 15 categorie di peso;
6) Golf
Per effetto di tale intervento legislativo, la categoria dei calciatori professionisti e degli allenatori di calcio è stata inserita al numero 22 dell’elenco di cui all’art. 3 della legge istitutiva dell’E.N.P.A.L.S. Da segnalare che, nel suddetto elenco di cui all’art. 3, la legge n. 2388/1952 aveva inserito, al numero 20, anche gli addetti agli impianti sportivi, unitamente alla categoria degli impiegati amministrativi e dei tecnici dipendenti. Con circolare n. 57/85, il Ministero del lavoro considera addetti agli impianti sportivi i soggetti che sono dipendenti della società o dell’organismo sportivo che gestisce gli impianti e che sono addetti specificamente e continuativamente a questi ultimi.