domenica 31 ottobre 2004
Sport dilettantistico: trattamento previdenziale per i lavoratori subordinati
del Dr. Massimiliano Giua e dell Avv.Luca Sanzi coordinatori della sezione Lavoro Sportivo di LavoroPrevidenza.com
Introduzione.
Gli sportivi dilettanti sono tutelati sul piano previdenziale? E su quello anti-infortunistico?
Sono queste le domande cui gli Autori vogliono rispondere con il presente studio (nel quale non ci si occuperà del lavoro “parasubordinato”), consapevoli delle difficoltà esistenti dovute alla non sempre chiara (in dottrina) distinzione operata tra sport dilettantistico e professionistico, cui consegue una non facile applicazione della norma che riconosce, tra l’altro, ai soli professionisti (salvo poche eccezioni di cui parleremo) il trattamento previdenziale. Proprio con riguardo a ciò, infatti, si è spesso assistito, specie da una certa parte del settore dilettantistico, ad iniziative volte ad ottenere, mediante la proposizione di ricorsi agli organi di giustizia ordinaria, la detta tutela previdenziale.
Anche nel settore dilettantistico, di conseguenza, si sono riscontrate quelle difficoltà, già note in quello professionistico, legate all’effettivo riconoscimento di una autonomia dell’ordinamento sportivo, come ordinamento cioè avente la potestà di emanare norme atte a regolamentare lo sport nazionale, e di imporne il rispetto agli associati1.
Definizione di sportivo dilettante
La nozione di “sportivo dilettante”, così come quella di attività sportiva dilettantistica, non trova nel nostro ordinamento alcuna definizione in positivo, dal momento che gli unici interventi legislativi rivolti a tale settore (legge 25 marzo 1986 n. 80, legge 16 dicembre 1991 n. 398, e, da ultimo, legge 27 dicembre 2002 n. 289) hanno cercato di individuare lo sport dilettantistico in “negativo”, come cioè tutto ciò che non è professionistico. Fornendo, quindi, una definizione di quest’ultimo, riusciremo, a contrario, a risalire al primo.
La legge 23 marzo 1981, n. 91, all’art. 2, definisce la categoria degli sportivi professionisti come gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi ed i preparatori atletici, che esercitano l’attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell’ambito delle discipline regolamentate dal CONI e che conseguono la qualificazione dalle federazioni sportive nazionali, secondo le norme emanate dalle federazioni stesse, con l’osservanza delle direttive stabilite dal CONI per la distinzione dell’attività dilettantistica da quella professionistica.
Utile, poi, è anche riportare quanto previsto dall’art. 3 secondo cui la suddetta attività sportiva a titolo oneroso costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato, regolato dalle norme contenute nella legge 91/81.
Dalla lettura di queste due norme, si può quindi concludere che rientrano nella categoria di sportivo dilettante i soggetti che:
- pur facendo parte dell’elenco previsto dall’art. 2 L. 91/81, ed anche se titolari di contratti di lavoro subordinato, svolgono attività sportive con associazioni sportive aderenti a Federazioni sportive, o anche dipendenti diretti di quest’ultime, non riconosciute dal C.O.N.I.3;
- in possesso dei requisiti di cui sopra, esercitano discipline sportive, pur organizzate da Federazioni sportive provviste di riconoscimento, escluse però dal novero di quelle espressamente definite “professionistiche” dal C.O.N.I.4;
- praticano discipline sportive rientranti in quelle professionistiche, possiedono i requisiti soggettivi previsti dalla legge summenzionata, pur se in possesso di contratto di lavoro subordinato, ma militano però in categorie espressamente definite dalle rispettive Federazioni come dilettantistiche5.
Le conseguenze previdenziali e antinfortunistiche della distinzione tra professionismo e dilettantismo.
Di conseguenza, stabilire chi è sportivo professionista e chi è dilettante comporta notevoli conseguenze.
Con riguardo al presente studio, infatti, solo gli sportivi professionisti sono destinatari delle disposizioni della richiamata legge 91/81 , nell’ambito delle quali, in particolare, è previsto l’obbligo per le società sportive professionistiche di contrarre in favore dei soli sportivi professionisti l’assicurazione contro il rischio della morte e degli infortuni, nonché il riconoscimento ai detti lavoratori della tutela previdenziale, estendendosi infatti ad essi l’assicurazione obbligatoria per la invalidità, vecchiaia e superstiti e l’assicurazione contro le malattie già prevista dalla legge 14 giugno 1973 n. 366 per i soli giocatori ed allenatori di calcio, e gestita dall’E.N.P.A.L.S.6.1.
Mentre con la Finanziaria 2003 la tutela antinfortunistica è stata di recente estesa anche allo sport dilettantistico, quella previdenziale risulta invece ancora una prerogativa esclusiva dei professionisti, con due eccezioni: allenatori di calcio professionisti ed addetti agli impianti sportivi.
Gli allenatori di calcio professionisti e gli addetti agli impianti sportivi.
Esaminiamo ora nel dettaglio tali categorie.
a) gli allenatori di calcio professionisti.
Chi sono gli allenatori di calcio professionisti?
Ai sensi del Regolamento del settore tecnico F.I.G.C. rientrano in tale categoria:
- allenatori professionisti, di 1° e 2° categoria;
- allenatori dilettanti di 3° categoria7;
- allenatori di base.
Quanto ai professionisti, quelli di prima categoria7.1 sono abilitati alla conduzione tecnica di squadre di ogni tipo e categoria, mentre quelli di seconda categoria7.2 possono guidare squadre di società della Lega Professionisti Serie C, della Lega Nazionale Dilettanti, del Settore per l’Attività Giovanile e Scolastica, nonché squadre giovanili di società della Lega Nazionale Professionisti.
Sulla base di quanto fin qui detto, dovremmo concludere che solo gli allenatori che guidano squadre militanti in categorie professionistiche di calcio (Serie A,B,C1 e C2) dovrebbero essere considerati professionisti ex legge 91/81, e, quindi, beneficiari della tutela previdenziale. L’ E.N.P.A.L.S., invece, con la circolare n. 20 del 4 giugno 20028, stabilisce8.1 che ““devono essere iscritti all’Enpals, nel Fondo speciale sportivi professionisti””, ““gli allenatori (per il calcio gli allenatori di prima e seconda categoria che allenano squadre professionistiche e non professionistiche)””.
In sostanza, nel caso in cui un allenatore professionista di calcio svolga le sue mansioni presso una squadra partecipante a competizioni calcistiche dilettantistiche, lo stesso ha diritto, se sprovvisto, all’iscrizione all’Enpals o, se già iscritto, comunque al versamento, da parte della società per la quale lavora, dei contributi previdenziali nella misura prevista dalla legge. Quanto detto, infatti, trova puntuale applicazione nell’articolo 15 del Contratto Tipo allegato all’Accordo Collettivo stipulato tra la Lega Nazionale Dilettanti della F.I.G.C. e l’A.I.A.C. (Associazione Italiana Allenatori di Calcio)9.
Con tale disposizione è stata, quindi, prevista un’eccezione per i soli allenatori calcistici professionisti, a favore dei quali è stata estesa la tutela previdenziale prevista per i soli sportivi professionisti così come definiti dall’art. 2 L 91/81. Si ricorderà, infatti, che nella definizione fornita dal citato art.2 non possono rientrare gli allenatori di calcio professionisti che militano presso squadre dilettantistiche, e questo perché sprovvisti di uno dei requisiti tassativamente previsti ex lege: prestare la propria attività in categorie espressamente definite dalla Federazione di appartenenza come “professionistiche”.
Né tanto meno deve trarre in inganno la considerazione che tale rapporto di lavoro presenti molte delle caratteristiche previste, per gli sportivi professionisti, dall’art. 4 L. 91/81, quali l’obbligo di forma scritta (si veda, sul punto, l’art. 2 dell’Accordo Collettivo), la subordinazione intesa come eterodeterminazione della prestazione10 e dovere di fedeltà (art. 7 Contratto Tipo allegato all’Accordo Collettivo)11, la non gratuità della prestazione sportiva resa12. Soltanto riguardo a quest’ultima, infatti, l’articolo 37 della L. 342/00, modificando l’articolo 67 (già art.81) lett. m) del TUIR, ha previsto proprio la possibilità di erogare compensi per l’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche13.
Tutto ciò consente, pertanto, di concludere che la disposizione della richiamata circolare Enpals n.20/2002 ha solamente previsto l’estensione del regime previdenziale Enpals anche agli allenatori professionisti di calcio militanti in categorie dilettantistiche, senza tuttavia mutare la natura della prestazione lavorativa, che non può in alcun modo essere considerata di natura professionistica così come intesa ex art. 2 L. 91/81.
In conclusione merita di essere precisato che quanto previsto dalla suddetta circolare Enpals non ha fatto che confermare quanto già previsto dall’art.1, comma secondo, della legge 366/1973 circa l’estensione dell’obbligo previdenziale anche agli “allenatori di calcio vincolati con società sportive affiliate alla Federazione italiana gioco calcio e che svolgono professionalmente la loro attività in campionati di divisione nazionale”. Ricordiamo, infatti, che oltre ai campionati professionistici di serie A, B e C, anche la serie D è considerato un campionato di divisione nazionale.
b) gli addetti agli impianti sportivi.
Quanto detto finora riguarda il mondo dilettantistico visto dal lato degli sportivi14.
Tale categoria, però, non esaurisce la vasta gamma delle figure professionali di cui si avvalgono le associazioni e società sportive dilettantistiche per svolgere la loro attività. Importante ruolo, è, difatti, quello riservato agli “addetti agli impianti sportivi”, il cui operato è stato ritenuto talmente utile da indurre il legislatore, mediante l’articolo 3 del D. Lgs. n. 708/1947 istitutivo dell’E.N.P.A.L.S., a prevederne l’obbligatoria iscrizione all’Istituto (non però nel “Fondo speciale Sportivi professionisti”), e ciò indipendentemente dall’ambito, professionistico o meno, nel quale svolgono le loro mansioni. La circolare n. 20 del 4 giugno 200214.1 è intervenuta per chiarire quali siano, a titolo esemplificativo, le figure professionali da ricomprendere in tale categoria. Tale circolare si riferisce espressamente al mondo del calcio ma si ritiene che, attesa la genericità delle prestazione lavorative, tutti i sodalizi sportivi indipendentemente dallo sport praticato possano avvalersi di tali lavoratori:
1. contabili e cassieri;
2. magazzinieri;
3. conducenti di automezzi;
4. addetti agli ingressi;
5. hostess;
6. addetti al marketing;
7. accompagnatore ufficiale;
8. allenatori non iscrivibili nel “Fondo speciale sportivi professionisti”.
Ciò detto è necessario fare alcune precisazioni. Anzitutto, con la richiamata circolare, l’Enpals precisa che le suddette figure devono essere iscritte ai fini previdenziali solo “se lavoratori dipendenti dalle società di calcio, sia a tempo indeterminato che a tempo determinato”15.
Si ricorda poi che tali figure professionali sono iscrivibili all’Enpals (sempre che ricorra la subordinazione15.1), a condizione che siano addetti specificatamente e continuativamente agli impianti sportivi, nel senso che la loro prestazione è direttamente legata a questi ultimi, tanto che la stessa sarebbe impossibile o priva di interesse per il datore di lavoro, se gli impianti venissero meno16.
Sulla scorta di quanto detto, si può quindi affermare che anche nello sport dilettantistico (il discorso riguarda, a ben vedere, tutte le discipline sportive, stante la generica dizione di cui alla legge 2388/1952) gli addetti agli impianti sportivi, se lavoratori subordinati, avranno diritto all’iscrizione all’Enpals o – comunque - al versamento dei contributi previdenziali da parte dei propri datori di lavoro.
La subordinazione, poi, ricorrerà in concreto anche a prescindere dall’esistenza del relativo contratto di lavoro, o dall’eventuale diverso nomen juris adottato convenzionalmente dalle parti. Anche in tale ambito lavorativo, infatti, non può che richiamarsi il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale la prestazione lavorativa potrà definirsi di lavoro dipendente quando si potrà dimostrare l’esistenza del requisito della subordinazione, “intesa quale disponibilità del prestatore nei confronti del datore di lavoro, con assoggettamento alle direttive da questo impartite circa le modalità di esecuzione dell’attività lavorativa, mentre altri elementi come l’osservanza di un orario, l’assenza di rischio economico, la forma della retribuzione e la stessa collaborazione, possono avere valore indicativo ma mai determinante“17. Le associazioni e società sportive dilettantistiche dovranno, quindi, fare estrema attenzione alla gestione del personale lavorativo di cui si avvalgono, potendo altresì ricorrere, al fine di escludere la subordinazione, al lavoro gratuito.
La più volte richiamata circolare Enpals n. 20 del 4 giugno 2002., alla lettera C, definisce infatti i prestatori di lavoro gratuito come coloro i quali svolgono la propria prestazione sulla base di uno specifico interesse, quale ad es. uno stage aziendale, ragioni di carattere affettivo o spirituale (ad es. il lavoro dei religiosi a favore dell’ordine di appartenenza) o ancora l’attività di volontariato ex legge 266/1991, e cioè l’attività prestata in modo personale, spontanea e gratuita tramite l’organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà.
Tale lavoro gratuito, però, dovrà essere oggetto di separata pattuizione scritta, in mancanza della quale, infatti, opererà la presunzione di lavoro subordinato tipico18, a carattere quindi oneroso e con l’applicazione della relativa disciplina. Essendo la prova della gratuità a carico di chi la invoca (di norma il datore di lavoro), in mancanza di idonea documentazione probatoria la prestazione dei lavoratori adibiti alle mansioni in esame sarà da considerare di lavoro subordinato, con conseguente assoggettamento di essa a contribuzione, applicando il minimale di legge o, se più favorevole, il minimo previsto dal contratto collettivo di lavoro19. (Si ricorda che anche i dipendenti pubblici potranno, poi, svolgere tale prestazione di lavoro gratuito in favore delle società e associazioni sportive dilettantistiche. L’art. 90, comma 23, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Finanziaria 2003), prevede infatti tale possibilità purchè la prestazione di lavoro sia resa fuori dall’orario di lavoro, fatti salvi gli obblighi di servizio e previa comunicazione all’amministrazione di appartenenza. I dipendenti pubblici per tali prestazioni potranno esclusivamente ricevere le indennità di trasferta ed i rimborsi previsti dall’articolo 81, comma 1, lettera m), del Tuir.)
In conclusione, è da chiarire il significato dell’inserimento, nella categoria degli addetti agli impianti sportivi, anche degli allenatori non iscrivibili nel “Fondo speciale sportivi professionisti”.
In tale Fondo, infatti, secondo quanto sin qui esaminato, devono essere obbligatoriamente iscritti tutti gli allenatori professionisti secondo la definizione dell’art. 2 L. 91/81, nonché, con la sola eccezione del calcio, gli allenatori professionisti, dilettanti e gli allenatori di base, in qualunque categoria essi allenino.
Viene, quindi, da chiedersi quale sia il criterio da adottare per distinguere l’allenatore professionista dipendente di una squadra di calcio dilettantistica (che deve essere iscritto nel Fondo speciale sportivi professionisti), rispetto al medesimo prestatore di lavoro che, invece, deve essere considerato addetto agli impianti sportivi e, quindi, iscritto nell’Elenco ordinario. Sul punto gli Autori ritengono quanto mai necessario un successivo intervento chiarificatore da parte dell’Enpals.
La tutela anti-infortunistica.
A fronte di tale frammentaria tutela previdenziale, allo sport dilettantistico è stato invece, come anticipato, riconosciuta di recente una piena tutela anti-infortunistica19.1.
L’art. 51, comma 1, della legge n. 289/2002 (Finanziaria 2003), prevede infatti che “dal 1° luglio 2003, sono soggetti all’obbligo assicurativo gli sportivi dilettanti tesserati in qualità di atleti, dirigenti e tecnici alle Federazioni sportive nazionali, alle Discipline sportive associate e agli Enti di promozione sportiva”20.
Quanto agli eventi oggetto di assicurazione, l’art. 51, secondo comma, della L. 289/2002 stabilisce che l’obbligatorietà dell’assicurazione “comprende i casi di infortunio avvenuti in occasione e a causa dello svolgimento delle attività sportive, dai quali sia derivata la morte o una inabilità permanente”21.
Su tale obbligo assicurativo, è di recente intervenuta anche la L. 24 dicembre 2003 n. 350 (Finanziaria 2004), il cui articolo 205 ha aggiunto al predetto art. 51 L. 289/2002 il comma 2 bis, con cui si dispone che “con decreto del ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il ministro dell’economia e delle finanze, sono stabiliti le modalità tecniche per l’iscrizione all’assicurazione obbligatoria presso l’ente pubblico di cui al decreto del presidente della repubblica 1° aprile 1978, n. 250, nonché i termini, la natura, l’entità delle prestazioni e i relativi premi assicurativi”. Tale decreto dovrà essere emanato entro un anno dalla data di entrata in vigore della suddetta disposizione (in sostanza cioè entro il 31 dicembre 2004).
L’obbligo dell’ assicurazione anti-infortuni, sebbene introdotto, viene quindi concretamente “slittato” all’emanazione del suddetto decreto, che dovrà indicare le modalità con cui gli sportivi dilettanti dovranno assicurarsi presso la Sportass, Cassa per l’Assistenza degli sportivi, indicato come unico Ente a ciò deputato, nonché l’entità delle prestazioni ed ogni altra disposizione pertinente.
Considerazioni conclusive.
Illustrata la normativa in vigore, è d’uopo però effettuare alcune riflessioni, la prima delle quali tesa ad evidenziare il vero tratto distintivo tra lo sport professionistico e quello dilettantistico. Esso, invero, è rappresentato da un requisito meramente formale: il riconoscimento, ad opera del C.O.N.I., di alcune discipline sportive come “professionistiche” e la successiva previsione, da parte delle Federazioni che organizzano tali sport, di categorie professionistiche e dilettantistiche al loro interno.
In sostanza, la prestazione sportiva di un pallavolista (che esercita uno sport non professionistico), o di un calciatore che milita nelle categorie dilettantistiche, può di fatto benissimo presentare gli stessi connotati sostanziali (onerosità21.1 e continuità) di quella resa, ad esempio, da un calciatore che milita in serie A, B o C. Solo quest’ultimo, però, a cagione delle scelte operate dal C.O.N.I. e dalla F.I.G.C., sarà considerato professionista e quindi prestatore di lavoro subordinato ex lege 91/81.
Il riconoscimento di tale subordinazione, quindi, (per lo meno riguardo agli atleti, stante il disposto dell’art. 3 L. 91/81), avviene ex lege mediante una presunzione juris et de jure e non necessita di quella rigorosa indagine invece richiesta, nel diritto comune del lavoro, dal citato orientamento della Suprema Corte di Cassazione, da applicarsi invece con riguardo alla prestazione resa dallo sportivo dilettante.
La legge n. 91/81, infatti, è legge speciale, dal momento che fornisce una nozione di lavoro subordinato in parziale deroga di quella prevista dall’art. 2094 c.c. 21.2. In conseguenza di tale natura speciale, le sue norme, ex art. 14 delle disposizioni preliminari al codice civile, non sono quindi suscettibili di applicazione analogica al lavoro dilettantistico, la cui prestazione sarà, pertanto, valutabile solo alla stregua della normativa di diritto comune, nel rispetto però delle scelte operate dalla legge 91/81 (riconoscimento della subordinazione solo ai professionisti), così come successivamente applicate dall’ordinamento sportivo, ordinamento autonomo.
Aderendo a certa dottrina22, si può pertanto concludere che, mediante la concessione di tale potere di scelta alle istituzioni sportive, il legislatore italiano abbia solo inteso predisporre una normativa pressoché interamente applicabile al mondo professionistico, ma non abbia però inteso entrare nel merito della distinzione tra l’attività professionistica e quella dilettantistica, lasciata appunto all’autonomia dell’ordinamento sportivo.
Tale impostazione, e soprattutto le scelte in seguito operate dal C.O.N.I., prestano però il fianco ad alcune critiche.
Se è vero, infatti, che ci sono molte discipline sportive dilettantistiche, oppure categorie dilettantistiche di sport professionistici, dove non si ravvisa l’esigenza di tutelare la prestazione resa dagli sportivi perché essa non viene svolta con rilevante continuità e intensità, e soprattutto chi la rende svolge altra attività lavorativa da cui trae prevalente sostentamento economico, si verifica, però, il caso di alcune discipline (come ad es. la pallavolo), dove ci sono interi settori, invece, dove si pratica quell’”agonismo a programma illimitato” 23 che implica estrema applicazione e dedizione da parte degli sportivi, che infatti ad essa dedicano esclusivamente la loro capacità lavorativa. Trattasi, in sostanza, di rapporti di lavoro non “formalmente” professionistici eppure non riconducibili al mero dilettantismo24.
Sempre con riguardo al volley, infatti, l’applicazione delle norme sportive porta a concludere, paradossalmente, che quei celeberrimi atleti che si sono distinti per altissimi meriti sportivi negli anni’90 (consentendo anche alla nazionale italiana di raggiungere numerosi successi internazionali), che si allenavano ogni giorno al servizio e sotto la direzione dei loro clubs partecipanti ai campionati di divisione nazionali in serie A, percependo un compenso anche di rilevante contenuto economico, sono stati considerati sportivi dilettanti, e, quindi, non lavoratori subordinati secondo la legge 91/81.
Proprio tali problematiche hanno, in passato, determinato un intenso ricorso degli sportivi dilettanti alla magistratura ordinaria allo scopo di ivi ottenere un riconoscimento di quelle garanzie giuslavoristiche invece loro negate.
note a piè di pagina
1 Ci si riferisce alla norma conosciuta come “clausola compromissoria”, che impone, in primis, il rispetto delle norme previste dai singoli Statuti delle federazioni sportive nazionali, e, successivamente, l’esecuzione delle decisioni emanate dagli organi di giustizia sportiva, o comunque il previo esaurimento dei gradi di quest’ultima, come condicio sine qua non per la successiva possibilità di adire gli organi di giustizia ordinaria.
3 Le Federazioni Sportive Nazionali sono soggette ad un doppio riconoscimento: quello ai fini sportivi, previsto e disciplinato dall’art. 21 dello Statuto C.O.N.I., di competenza di tale Ente, e quello ai fini civilistici ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 36 e segg. codice civile, di cui il primo costituisce condizione essenziale.
4 Sulla base della legge 91/81, infatti, il C.O.N.I. con propria deliberazione n. 469 del 2 marzo 1988 ha stabilito essere professionistiche le seguenti discipline sportive: calcio, ciclismo, motociclismo, boxe, golf. Successivamente, a partire dalla stagione agonistica 1994-95, anche la pallacanestro è stata inserita in tale elenco.
Sulla scorta di quanto sopra, si veda Cass. Civ., sez. lav., 25 luglio 2001 n. 10159, in Foro it, 2002, I, 118, secondo la quale i maestri della Federazione Italiana Tennis, in quanto appartenenti ad una Federazione non ricompresa nel novero di quelle professionistiche, non sono sportivi professionisti.
5 Le Federazioni sportive professionistiche, infatti, hanno individuato le seguenti categorie come professionistiche:
1) Calcio: serie A, B, C1 e C2 maschile;
2) Pallacanestro: serie A1 e A2 maschile;
3) Ciclismo: gare su strada e su pista approvate dalla Lega ciclismo;
4) Motociclismo: velocità e motocross;
5) Boxe: I, II, III serie nelle 15 categorie di peso;
6) Golf.
Per un approfondimento gli Autori rimandano al loro studio Sport professionistico e tutela previdenziale, pubblicato in questo sito
6.1 Ente istituito con D. Lgs. C.P.S. 16 luglio 1947, n. 708, successivamente ratificato con modifiche dalla legge n. 2388/1952. Ricordiamo che per effetto dell’intervento legislativo del 1973, i calciatori professionisti e gli allenatori di calcio sono stati inseriti al numero 22 dell’elenco di cui all’art. 3 della suddetta legge istitutiva dell’Ente.
7 Ruolo ad esaurimento dal 1.1.1998.
7.1 Art.18 del Regolamento
7.2 Art.19 del Regolamento
8 “Chiarimenti in merito alla iscrivibilità al Fondo speciale sportivi professionisti relativamente alle squadre di calcio – Addetti agli impianti sportivi – Gratuità delle prestazioni”, pubblicata sul sito www.enpals.it. Peraltro, la predetta Circolare prevede, sempre con riguardo al mondo del calcio, l’obbligo di assicurare ai fini previdenziali presso l’Enpals, nel Fondo speciale sportivi professionisti, gli allenatori di base o quelli di terza categoria che allenano squadre professionistiche, con apposita deroga della F.I.G.C..
8.1 al punto A) (“Sportivi professionisti)”, n. 2, lett. d)
9 “La società effettuerà all’ENPALS e all’INPS i versamenti contributivi per legge previsti (per l’assicurazione contro la invalidità, vecchiaia e superstiti e quella contro le malattie) anche per la parte a carico dell’allenatore, i cui relativi importi saranno trattenuti in rivalsa dai compensi e dagli emolumenti versati allo stesso”. Da segnalare che tale disposizione ricalca sostanzialmente quella analoga prevista per gli sportivi professionisti dall’art. 9 (“Tutela previdenziale”) della L. 91/81.
10 Nel senso di soggezione dell’allenatore ai poteri di direzione della società, nella cui struttura societaria esso è stabilmente inserito, ed a cui compete anche il potere disciplinare. Quanto al primo potere, esso è previsto dall’art. 7 del Contratto Tipo allegato all’Accordo Collettivo, “Egli si impegna…al rispetto delle istruzioni impartite dalla società”, da combinarsi necessariamente con il disposto di cui all’art. 6, secondo cui l’allenatore “si impegna a tutelare e valorizzare il potenziale atletico, a predisporre ed attuare l’indirizzo tecnico, l’allenamento e ad assicurare l’assistenza nelle gare della o delle squadre a lui affidate di cui assume la responsabilità. Egli inoltre collabora con la società nel promuovere fra i calciatori la conoscenza delle necessarie norme igieniche, regolamentari e tecniche, nel sorvegliare la condotta morale e sportiva dei calciatori, nel favorire e sviluppare lo spirito di corpo e l’affiatamento umano dei calciatori della società stessa.”
Quanto al potere disciplinare, l’art. 11 del predetto Contratto Tipo prevede la facoltà per la società di irrogare all’allenatore, a seconda dell’infrazione ai vari doveri cui è tenuto, le seguenti sanzioni disciplinari: ammonizione, multa (queste due possono essere comminate direttamente dalla Società), riduzione dei compensi e risoluzione del contratto (quest’ultime invece sono comminate dal Collegio Arbitrale, su istanza della società). Da segnalare, infine, che i tratti caratterizzanti tale subordinazione corrispondono a quelli previsti e disciplinati dal diritto comune del lavoro, anche nella sua elaborazione giurisprudenziale.
11 Quest’ultimo obbligo (“Egli si impegna altresì […] a rispettare il dovere di fedeltà nei confronti della stessa società”) deve ovviamente contemperarsi con la necessaria non ingerenza della società nella gestione tecnica della squadra (“La società si impegna […] a non effettuare alcuna ingerenza nel campo delle competenze tecniche dello stesso allenatore”), che anzi la stessa promuove (“La società si impegna...a dare attuazione alle disposizioni dell’allenatore nella conduzione delle squadre”).
12 Il trattamento retributivo tiene conto (art. 2 Acc. Coll.) del compenso, dell’indennità di fine contratto (pari ad un dodicesimo del compenso globale annuo), nonché di eventuali premi.
13 Sulla scorta di ciò, infatti, tanto per citare l’esempio del calcio, la F.I.G.C. a partire dalla stagione 2002-2003 ha varato una riforma integrale del dilettantismo introducendo nelle N.O.I.F. l’art. 94 ter, che, in pratica, fissa limiti ai rimborsi entro i quali non è configurabile alcuna forma di compenso: in sintesi, si prevede un rimborso forfetario per spese e indennità di trasferta di € 61,97 al giorno, per non più di cinque giorni alla settimana; una somma fino a € 77,47 a titolo di premio per ogni prestazione agonistica a gare di Campionato e Coppa Italia; una somma quotidiana di € 61,97, per un massimo di 45 giorni, per la partecipazione alla fase preparativa dell’attività stagionale dei Campionati nazionali della LND (Lega Nazionale Dilettanti). In caso di pattuizione, infine, di una somma lorda annuale, questa non potrà superare quella complessiva di € 25.822.
14 nel senso, lo ricordiamo, di atleti, tecnici, dirigenti
14.1 alla lettera B
15 Quanto ai lavoratori a tempo determinato, viene poi richiamato quanto previsto dal D.. Lgs. 368/2001, in base al quale: l’apposizione del termine è priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto nel quale sono specificate le ragioni per cui tale termine viene apposto; copia dell’atto scritto deve essere consegnata dal datore di lavoro al lavoratore entro cinque giorni lavorativi dall’inizio della prestazione; la scrittura non è tuttavia necessaria quando la durata del rapporto di lavoro, puramente occasionale, non sia superiore a dodici giorni.
15.1 la circolare Enpals n.20/2002 così recita: “”se lavoratori dipendenti dalle società di calcio, sia a tempo indeterminato che a tempo determinato””
16 Sul punto si richiama la circolare Enpals n.20/2002, lettera B, terzo capoverso, che richiama espressamente, ai fini della nozione di addetto agli impianti sportivi, la Circolare Ministero del Lavoro e della previdenza sociale n. 108/84, successivamente confermata dalla circolare n. 57/85 dello stesso Dicastero. In giurisprudenza, si veda Trib. Firenze 8 giugno 1994, in Giust. Civ. 1995, I, 1385, con nota di M. CINELLI, Sull’inquadramento ai fini previdenziali del lavoro sportivo
17 Si vedano Cass., sez. lav., 8.11.1983 n. 6611; Cass., sez. lav., 11.11.1983 n. 6701; Cass., sez. lav., 18.06.1998 n. 6114; Cass., sez. lav., 17.12.1999 n. 14248, nonchè, da ultima, Cass., sez. lav., 20.07.2003 n. 9900.
18 Per tale affermazione si veda, in giurisprudenza, Cass. 20-2-1990, n. 1236 e Cass. 30-10-1991, n. 11559.
19 Cfr. Circolare E.N.P.A.L.S. n. 20 del 4 giugno 2002, lett. C, quarto capoverso.
19.1 Si ricorda, per completezza, che nel periodo 1.1.2001-30.6.2003 gli sportivi dilettanti non avevano alcuna copertura anti-infortunistica, alla luce di quanto previsto dalla L. n.342/2000.
20 Da segnalare che, nella versione originaria, tale articolo indicava l’Inail come unico organo assicurativo, mentre, successivamente, era stato fatto riferimento alla Sportass. In sede di conversione, invece, si è eliminato ogni riferimento a tali Enti.
21 Autorevole dottrina, tra cui E. DE FUSCO, ritiene che con la dizione “a causa dello svolgimento delle attività sportive” si ricomprendano anche, ad esempio, gli infortuni occorsi durante gli allenamenti preparatori a gare dilettantistiche. Tale opinione non può che essere condivisa dagli Autori.
21.1 Ci si riferisce a coloro i quali percepiscono somme superiori a quelle previste come “rimborsi” o “indennità” dalle singole Federazioni. Per il calcio, si veda quanto la nota 13.
21.2 recita l’art. 2095 “”e’ prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore””
22 G.MARTINELLI, Lavoro autonomo e subordinato nell’attività dilettantistica, in Rivista diritto sportivo, 1993, 19; R.ZANNOTTI, nota a Tribunale di Roma, ordinanza 7 febbraio 1995 – G.D. Scaldaferri – Kea c. Associazione Pallacanestro Firenze, in Riv. dir. sport., 1995, 636.
23 Sul punto INGO e ALBERTO MARANI TORO, Gli ordinamenti sportivi, Milano, 1977, 411 e segg..
24 In senso conforme, anche, E. SCODITTI, nota a Pret. Bari, sentenza 26 maggio 1993 – Giud. Curzio – Ina Yareci c. Polisportiva Amatori Volley, in Riv. dir. sport., 1993, 143.