mercoledì 20 ottobre 2004
La privatizzazione del pubblico impiego ed il rispetto delle regole
del Prof. Sergio Sabetta
La nota vicenda della crisi dell’Alitalia induce ad alcune rapide riflessioni per analogia sul travaglio che ha investito il pubblico impiego dalla riforma introdotta con il D.Lgs. 3/2/93, n. 29 fino alla recente legge 15/7/2002, n.145. Si è passati da una struttura rigidamente gerarchica, attenuata dall’introduzione delle qualifiche funzionali nel corso degli anni ’80 ad opera della L. 312/80, ad una privatizzazione parziale in cui l’introduzione del modello contrattuale allargato alla dirigenza, con esclusione di alcuni settori quali le forze armate, la magistratura, il personale della carriera prefettizia e diplomatica ed altri come elencati nell’art. 3 del D. Lgs. n.165/01, ha comportato un ibrido avente notevoli difficoltà di gestione.
Come in Alitalia la mancanza del rigore gestionale e la coltivazione di clientele ha portato al malumore e disimpegno del personale, affiancato da una continua richiesta di vantaggi fino ad un accumulo di costi insostenibili, altrettanto sta avvenendo nel pubblico impiego in cui il costo del federalismo è aggravato da una gestione contrattuale non equilibrata in termini di dirigenza e di riflesso del personale, oltre ad un esplodere di più o meno giustificate consulenze che ottengono il risultato di aumentare la tensione interna con il personale.
Occorre d altronde depurare il mare magno delle consulenze dai famosi co.co.co. e dagli attuali progetti finalizzati della legge Biagi che nascondono in realtà una sorta di precariato dalle varie finalità quali il contenimento dei costi e l’aggirare il blocco delle assunzioni.
Quello che preme in realtà sottolineare è che la sicurezza del reddito deve essere affiancata ad un principio di equità del reddito al fine di evitare potenziali conflitti e riduzioni in termini di sicurezza economica, come del resto già evidenziato seppure in altro ambito nel secondo rapporto “Economic security for a better world” dell’Ufficio internazionale del lavoro (ILO).
La tendenza attuale degli enti pubblici in generale di stipulare contratti che per certe posizioni tendono a moltiplicare per 10 volte il reddito medio delle fasce di vertice “C” o “D”, a seconda delle amministrazioni, ha strane assonanze con quanto già accaduto negli anni scorsi con i CEO di alcune imprese private. Sarebbe, infatti, opportuno evitare il ripetersi nel pubblico di alcune circostanze negative già abbondantemente descritte per l’impresa privata e di cui sono state ampie casse di risonanza la cronaca economica e giudiziaria dei giornali.
Un concetto di privatizzazione non molto attento alle necessità organizzative si è sviluppato anche nei contratti collettivi stipulati tra OO.SS. ed ARAN e singole amministrazioni come previsto dall’art.2 del D.Lgs. n. 165/01. Il venire meno delle carriere con la sostituzione prima delle qualifiche e poi delle fasce, in una struttura in cui manca la definizione di un interesse chiaro e facilmente rilevabile nonché misurabile,con il tentativo di sostituire tale necessità con l’uso improprio dei controlli i quali a loro volta faticano non poco a decollare, ha portato talvolta a comportamenti organizzativi che eufemisticamente possiamo definire non sempre lineari.
Lo stesso venire meno di un corpo intermedio, chiamiamolo direttivi, quadri o altro, dotato di una forte professionalità e autostima ha messo le strutture al vento, con una forte competizione interna sfornita di regole in cui molte volte l’elasticità organizzativa si è trasformata in rissa ed arbitrio tra cordate.
Si deve tenere presente che, come in tutte le organizzazioni, il rispetto di regole predeterminate comporta una tutela delle parti ed una facilità di relazioni, logicamente in un clima non esasperato e attentamente guidato dal vertice.
In altre parole viene a crearsi un clima di fiducia in cui le variabili individuali e sociali vengono soddisfatte maggiormente e con ordine, integrandole fra loro. Si ha un progressivo riconoscimento del proprio status sociale ed economico: contenuto motivante intrinseco del compito, avanzamento sociale, responsabilità, riconoscimento e raggiungimento dei risultati ( teoria di Herzberg ), con parallela riduzione dei bisogni inespressi e delle frustrazioni derivanti da aspettative sollecitate e non appagate. Si deve tenere presente che se una frustrazione viene prolungata oltre certi limiti può provocare un effetto di degradazione della personalità, la quale moltiplicata per una serie di soggetti ha effetto di destrutturazione dell’organizzazione a seguito dell’operare di “meccanismi di difesa”.
Le recenti ricerche condotte dal Great Place to Work Institute ha definito la qualità dell’ambiente di lavoro e la conseguente riduzione dei costi quale risultato della relazione fra fiducia reciproca fra management e dipendenti, cameratismo fra colleghi ed orgoglio per il proprio lavoro. La fiducia è a sua volta il risultato di tre fattori: la credibilità del management, il rispetto del management nei confronti dei dipendenti e l’equità intesa come assenza di discriminazione ed effettivo riconoscimento dei meriti e dell’impegno.
In altre parole si può affermare che il rispetto di regole chiare, predeterminate e condivise permette il crearsi di un rapporto di “fiducia” che facilitando la suddivisione del lavoro permette, come afferma Seabright, una “tunnel vision”, ossia la capacità per ciascun membro dell’organizzazione di svolgere il proprio compito senza eccessive domande e preoccupazioni. Questo ancor più con l’introduzione dell’euro in cui le difficoltà di sviluppo economico creano sfiducia e scetticismo con un evidente depauperamento dei redditi fissi a favore di altre categorie. Si è ottenuto una riduzione dei costi di finanziamento del debito pubblico con un appiattimento economico in cui l’inefficienza della P.A. graverà sempre più in termini di costi sulla produttività, è chiaro che non si può aumentare l’efficienza dell’apparato pubblico mediante politiche gestionali del pubblico impiego non prudenti se non addirittura clientelari in spregio al rispetto delle regole.
BIBLIOGRAFIA
- G. Galli, “Chi comanda in Europa? L’euro nelle mani del Nord”, Vita e Pensiero – 1/2002;
- P. Seabright, “The Company of Strangers”, Princeton University Press – 2004;
- G. Morgan, “Images”, F. Angeli – 1993;
- P. Calegari, “Azioni e bisogni umani“, Cortina – 1982.