lavoroprevidenza

lunedì 20 settembre 2004

“ATTIVITA’ FORMATIVA E MODALITA’ DI ADDESTRAMENTO NEL CONTRATTO DI FORMAZIONE E LAVORO” commento alla sentenza 1066/2003 della Cassazione sezione lavoro

della dott.ssa Roberta Caragnano



La Cassazione con sentenza del 23 gennaio 2003 n. 1066 si è espressa statuendo che “nel contratto di formazione e lavoro l attività formativa, che è compresa nella causa del contratto, è modulabile in relazione alla natura e alle caratteristiche delle mansioni che il lavoratore è chiamato a svolgere, potendo assumere maggiore o minore rilievo, a seconda che si tratti di lavoro di elevata professionalità o di semplici prestazioni di mera esecuzione, e potendo atteggiarsi con anticipazione della fase teorica rispetto a quella pratica, o viceversa”.



Premesso che L.D. aveva lavorato presso l’azienda Y con contratto di formazione e lavoro della durata di 24 mesi dal 16 novembre 1994 al 16 novembre 1996 e che l’azienda alla data del 16 novembre 1996 gli aveva comunicato la cessazione del rapporto di lavoro, il lavoratore, con ricordo depositato il 28 aprile 1997, chiedeva al Pretore di Latina di dichiarare:

1. la conversione del rapporto di lavoro in contratto a tempo indeterminato;

2. l’illegittimità del recesso con condanna della società alla reintegra e al risarcimento danni.

Il ricorrente assumeva che sin dall’inizio del rapporto di lavoro non gli era stato consegnato né il progetto di formazione (sulla cui base era stato stipulato il contratto) né era stata attuata nei suoi confronti alcuna attività di formazione.

La società convenuta si era costituita ed aveva chiesto la prova per testimoni.

Il Pretore, con sentenza del 22 gennaio 1999 aveva rigettato il ricorso del lavoratore.

In sede di Appello il Tribunale di Latina, con sentenza del 27 settembre 1999, aveva dichiarato la conversione del rapporto e l’illegittimità del recesso ed aveva condannato la società convenuta alla reintegra e al risarcimento.

I giudici dell’Appello avevano posto a sostegno della decisione vari elementi:

· in primis la mancata consegna del progetto formativo era stata rilevante non tanto quanto autonoma causa di invalidità, quanto come elemento che aveva impedito il controllo sul concreto esercizio dell’attività formativa finalizzata a preparare il lavoratore, con un inquadramento iniziale di sesto livello, a raggiungere come risultato finale il quinto livello;

· l’inserimento del lavoratore nel contesto lavorativo era stato immediato e non graduale;

· la formazione era stata impartita da un operaio di pari livello professionale e svolgente le medesime mansioni, piuttosto che dal titolare o dai suoi diretti collaboratori così come previsto dal contratto;

· non vi era stata alcuna formazione teorica e tutte le volte in cui il lavoratore sbagliava veniva ripreso verbalmente senza tener presente alcun programma formativo;

· il lavoratore aveva svolto costantemente lavoro straordinario sebbene il contatto prevedesse un orario di 40 ore settimanali;

· il controllo gerarchico e i richiami effettuati nei confronti del lavoratore erano espressione di un rapporto di lavoro di natura subordinata e non già di un CFL.

La società datrice di lavoro era ricorsa in Cassazione adducendo due motivi di impugnazione:

1. violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della L. 863/84;

2. mancanza, insufficienza e contraddittorietà della motivazione.

Con riferimento al primo motivo, la società ricorrente sosteneva che i giudici di appello avevano escluso erroneamente la formazione teorica non tenendo presente che in relazione alle caratteristiche e alla natura dell’attività assegnata la formazione può concretizzarsi in un apprendistato da effettuarsi sul posto di lavoro a cura dei dipendenti incaricati della direzione e del controllo dell’attività formativa del lavoratore.

In relazione al secondo motivo, la società lamentava che il Tribunale aveva trascurato di considerare che la formazione si era realizzata sotto la guida e il controllo di soggetti esperti sebbene di pari livello e mansioni rispetto al lavoratore. Il Tribunale, inoltre, aveva escluso (in maniera contraddittoria) l’esistenza di una preparazione teorica pur riconoscendo che la stessa era da identificarsi con l’espletamento delle mansioni.

Da ultimo il Tribunale erroneamente aveva ritenuto impossibile effettuare la verifica dell’adempimento dell’obbligo formativo.

La Corte di Cassazione ha ritenuto infondati i due motivi di ricorso, li ha rigettati condannando la società ricorrente al rimborso delle spese di giudizio, ai sensi dell’art. 385, 1 comma c.p.c. , nella misura indicata in dispositivo e con distrazione in favore del procuratore antistatario.

I giudici della Cassazione pur senza escludere che la formazione possa avvenire durante lo svolgimento delle mansioni, ha escluso che la società avesse dato prova di una effettiva formazione. La suprema Corte di Cassazione, come citato in precedenza nella massima, ha stabilito che “nel contratto di formazione e lavoro l attività formativa, che è compresa nella causa del contratto, è modulabile in relazione alla natura e alle caratteristiche delle mansioni che il lavoratore è chiamato a svolgere, potendo assumere maggiore o minore rilievo, a seconda che si tratti di lavoro di elevata professionalità o di semplici prestazioni di mera esecuzione, e potendo atteggiarsi con anticipazione della fase teorica rispetto a quella pratica, o viceversa”.

La Corte, richiamandosi ad un suo precedente orientamento, ha inoltre precisato che “é necessario, peraltro, in ogni caso, e cioè comunque la formazione venga modulata, che lo svolgimento dell attività formativa sia adeguata ed effettivamente idonea a raggiungere lo scopo del contratto, che è quello di attuare una sorta di ingresso guidato del giovane nel mondo del lavoro (cfr. Cass. 4632 del 2000); e la valutazione di tale adeguatezza e idoneità è rimessa al giudice di merito e non è censurabile in sede di legittimità, se congruamente motivata”(Cass. n. 4524 del 2000).

Nel caso de quo in relazione ai fatti provati, si escuteva che le modalità di svolgimento delle mansioni - da parte del lavoratore - potessero configurare l’adempimento dell’obbligazione, assunta dalla società datrice di lavoro, di impartire la formazione professionale relativa al conseguimento della qualifica prevista.

La Cassazione ribadiva che il riferimento alla mancata formazione teorico-pratica non era contraddittoria dal momento che si palesava la volontà dei giudici di appello di evidenziare l’insufficienza della formazione ricevuta dal lavoratore in azienda, sulla base degli accertamenti effettuati in corso di causa.







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