sabato 15 maggio 2004
Brevi riflessioni sul conferimento di mansioni superiori nell impiego pubblico del dott. Luca Busico
La materia delle mansioni superiori nel pubblico impiego è regolata dall’art.52 del D.lgs. n. 165/2001, che ha riprodotto l’art.56 del D.lgs. n. 29/1993, come sostituito dall’art.25 del D.lgs. n. 80/1998 e successivamente modificato dall’art.15 del D.lgs. n. 387/1998.
Nel presente scritto non si intende procedere all’analisi completa ed esaustiva della materia (1), ma soltanto ad alcune riflessioni, anche alla luce di quanto avviene nella prassi concreta.
L’art.52 del D.lgs. n. 165/2001 al comma 2 indica le ipotesi in cui è consentita l’adibizione a mansioni superiori, ma prima di delinearle provvede a due importanti precisazioni. Anzitutto è imprescindibile la sussistenza di obiettive esigenze di servizio, che devono essere esplicitamente indicate nell’atto di assegnazione. Inoltre il conferimento può avvenire solo per le mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore.
Premessi tali requisiti comuni, vengono quindi individuati e descritti analiticamente i due casi in cui è consentito lo svolgimento di mansioni superiori.
Il primo è quello della vacanza del posto in organico, che consente l’assegnazione di mansioni superiori per un periodo non superiore a sei mesi prorogabili a dodici, qualora sia stata avviata la procedura per la copertura dei posti vacanti entro il termine massimo di novanta giorni dalla data di adibizione alle predette mansioni. La dottrina (2), pur sottolineando l’opportunità della previsione di tale termine, evidenzia come la stessa sia in parte inficiata dall’assenza di uno specifico meccanismo sanzionatorio in caso di inosservanza. E’ ovvio che la suddetta procedura è aperta a tutti gli altri dipendenti di pari qualifica e che non sussiste (o non dovrebbe sussistere) alcun automatismo per il quale il vincitore debba necessariamente essere il soggetto che ha ricoperto con mansioni superiori il posto vacante.
Il secondo è quello della sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto per la durata dell’assenza, con l’eccezione dell’assenza per ferie.
Le due ipotesi sopra descritte sono tassative e non interpretabili estensivamente, come si ricava dal comma 5, che dispone che l’assegnazione di mansioni superiori al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2 è nulla. Il comma 5, inoltre, al fine di rafforzare tale carattere di tassatività, prevede la responsabilità erariale del dirigente che ha disposto l’assegnazione al di fuori dei casi consentiti per i conseguenti maggiori oneri.
La sommaria analisi della disciplina normativa evidenzia in modo chiaro ed inequivocabile come l’assegnazione di mansioni superiori debba avere il carattere dell’eccezionalità, nonché della temporaneità e della provvisorietà, ma nella prassi concreta i rigorosi limiti fissati dalla legge spesso vengono allegramente elusi ed aggirati.
In molti casi il conferimento di mansioni superiori avviene a seguito di un’intesa tra il responsabile di una struttura ed un dipendente, pur difettando le obiettive esigenze di servizio, nonché la vacanza del posto. L’intesa tra responsabile e dipendente contiene anche l’impegno da parte del primo a far superare al secondo la successiva procedura selettiva per la copertura del posto, nella quale gli altri candidati partono in posizione di svantaggio, non potendo servirsi del titolo di aver già ricoperto il posto messo a concorso. L’assegnazione di mansioni superiori diventa quindi la scorciatoia per ottenere la progressione in carriera a danno dei colleghi meno avvezzi a concludere accordi con i responsabili delle strutture.
Tale modo di procedere è veramente grave e contrario ai principi enunciati dall’art.97 della Costituzione Repubblicana di buon andamento e d’imparzialità dell’amministrazione pubblica, poiché il maggior esborso di danaro a favore del dipendente assegnatario di mansioni superiori in assenza dei requisiti previsti dalla legge grava sull’intera collettività. Chi paga non è un capitalista con il proprio danaro, ma un’amministrazione pubblica, il patrimonio della quale noi tutti miriamo a costituire attraverso il pagamento dei tributi che ci vengono imposti. Ne consegue che ogni eccesso ed ogni abuso nel conferimento di mansioni superiori costituisce un’indebita spoliazione perpetrata a carico dei contribuenti.
per la quale cfr. P. CAMPANELLA, Mansioni e jus variandi nel lavoro pubblico, in Il lavoro nelle P.A. 1999,49; V. GHERGHI, L’attribuzione di mansioni superiori nel pubblico impiego. La recente disciplina legislativa, in Nuova rassegna di legislazione, dottrina e giurisprudenza 1999,78; S. LIEBMAN, La disciplina delle mansioni nel lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, in Argomenti di diritto del lavoro 1999,627; L. FIORILLO, Riforma dei rapporti di lavoro e del processo nelle amministrazioni pubbliche, in Nuove leggi civili commentate 1999,1389; P. ALLEVA, Lo jus variandi, in CARINCI-D’ANTONA (a cura di), Il lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, II ed., Giuffrè 2000, tomo II, pag. 1527; F. NISTICO’, Appunti in tema di mansioni superiori del lavoratore pubblico, in D&L Rivista critica di diritto del lavoro 2000,597; P. CURZIO, Pubblico impiego. Le vicende del rapporto di lavoro: aspettative, congedi, sospensioni, trasferimenti, mutamenti di mansioni, promozioni, ivi 2002,247.
cfr. P. CAMPANELLA, cit.,61.