mercoledì 1 settembre 2004
Il tempo per raggiungere il posto di lavoro: dottrina e giurisprudenza
dell Avv. Rocchina Staiano (dottore di ricerca-Università di Salerno)
Pubblichiamo un recentissimo lavoro dottrinale dell Avv. Rocchina Staiano in materia giuslavoristica e cogliamo l occasione per ringraziarla di pubblicare i suoi studi su questa rivista giuridico-telematica.
1. Orario di lavoro e tempo impiegato per recarsi al posto di lavoro: tra passato e presente.
L’art. 5 del r.d. 1955/1923 non considera lavoro effettivo: i riposi intermedi che siano presi sia all’interno che all’esterno dell’azienda; il tempo impiegato per recarsi al posto di lavoro ed, infine, le soste di lavoro di durata non inferiore a dieci minuti e complessivamente non superiore a due ore, comprese tra l’inizio e la fine di ogni periodo della giornata di lavoro, durante le quali non sia richiesta alcuna prestazione all operaio o all impiegato. Tuttavia saranno considerate nel computo del lavoro effettivo quelle soste, anche se di durata superiore ai quindici minuti, che sono concesse all’operaio nei lavori molto faticosi allo scopo di rimetterlo in condizioni fisiche di riprendere il lavoro ed, inoltre, é ammesso il ricupero dei periodi di sosta dovuti a cause impreviste indipendenti dalla volontà dell’operaio e del datore di lavoro e che derivino da causa di forza maggiore e dalle interruzioni dell’orario normale concordate fra i datori di lavoro e i loro dipendenti, purché i conseguenti prolungamenti d’orario non eccedano il limite massimo di un’ora al giorno e le norme per tali prolungamenti risultino dai patti di lavoro.
Per ciò che concerne il tempo impiegato dal lavoratore per recarsi al posto di lavoro, la giurisprudenza ha sostenuto che il tempo impiegato per raggiungere il luogo di effettuazione della prestazione resta estraneo all’attività lavorativa vera e propria e non si somma al normale orario di lavoro, così da essere considerato come lavoro straordinario, tranne che nell’ipotesi in cui il tempo di viaggio sia connaturato alla prestazione di lavoro; restano irrilevanti a tal fine sia la predeterminazione del luogo di lavoro e la sua identificazione o meno con l’azienda, sia la distinzione tra i casi di spostamento occasionale o temporaneo all’esterno dell’azienda e quelli in cui la prestazione di lavoro debba essere normalmente eseguita in località diversa dalla sede dell’azienda.
Oggi, le ipotesi contenute nella precedente normativa succitata sono espressamente richiamate dall’art. 8, 3° comma, del d.lgs. 66/2003, il quale stabilisce che, salvo diverse disposizioni dei contratti collettivi, non rientrano tali periodi nel computo del tempo di lavoro.
2. Mini rassegna giurisprudenziale.
I. Il tempo impiegato per raggiungere il luogo di svolgimento della prestazione lavorativa resta estraneo all’attività lavorativa vera e propria e non si somma quindi al normale orario di lavoro -così da essere qualificato come lavoro straordinario- a meno che il tempo del viaggio sia connaturato alla prestazione lavorativa; resta comunque salva una diversa previsione della contrattazione collettiva (Cass. Civ., sez. lav., 7 giugno 1996, n. 5323, in Not. Giur. Lav., 1996, p. 543).
II. Il tempo impiegato per raggiungere il luogo di effettuazione della prestazione resta estraneo all’attività lavorativa vera e propria e non si somma quindi al normale orario di lavoro (così da essere qualificato come lavoro straordinario), tranne che nell ipotesi in cui il tempo di viaggio sia connaturato alla prestazione di lavoro; restano irrilevanti a tal fine sia la predeterminazione del luogo di lavoro e la sua identificazione o meno con l’azienda, sia la distinzione tra i casi di spostamento occasionale o temporaneo all’esterno dell’azienda e quelli in cui la prestazione di lavoro debba essere normalmente eseguita in località diversa dalla sede dell’azienda (Cass. Civ., sez. lav., 1 settembre 1997, n. 8275, in Not. Giur. Lav., 1997, p. 753).
III. Il tempo impiegato per raggiungere il luogo di lavoro rientra nell’attività lavorativa vera e propria (e va quindi sommato al normale orario di lavoro come straordinario), allorchè sia funzionale rispetto alla prestazione. In particolare, sussiste il carattere di funzionalità nel caso in cui il dipendente, obbligato a presentarsi presso la sede aziendale, sia poi di volta in volta inviato in diverse località per svolgervi la sua prestazione lavorativa (Cass. Civ., sez. lav., 9 dicembre 1999, n. 13804, in Not. Giur. Lav., 2000, p. 184).