lavoroprevidenza

venerdì 2 luglio 2004

IL LAVORO A PROGETTO

della dott.ssa Roberta Caragnano

IL LAVORO A PROGETTO.



La riforma del mercato del lavoro, cd. Riforma Biagi ha introdotto nuove tipologie contrattuali certamente più flessibili e adatte ad una mercato dinamico sempre in continua evoluzione.

La circolare n.1/2004 emanata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha dato attuazione a quanto previsto dagli artt. 61- 69 del D.Lgs. 276/03, dedicati alla tipologia contrattuale del lavoro a progetto e del lavoro occasionale.

In base all’articolo 60, comma 1, “i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, prevalentemente personale e senza vincolo di subordinazione, disciplinati dall’art. 409, comma 3 del c.p.c. devono essere riconducibili ad uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa”.

L’articolo 61 non sostituisce e/o modifica l’art. 409, n. 3 del c.p.c. ma, nell’ambito del decreto, individua in maniera più dettagliata le modalità di svolgimento della prestazione di lavoro del collaboratore, utili per la qualificazione della fattispecie nel senso dell’autonomia e della subordinazione.

Dalla data del 24 ottobre 2003 non è più possibile stipulare rapporti contrattuali ascrivibili alla collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.) che non siano più riconducibili alla modalità del lavoro a progetto, fatte salve le ipotesi disciplinate dall’art. 61 del D.Lgs. 276/03 per le quali trova ancora applicazione la disciplina previgente.

Il Governo ha emanato un disciplina che regola il regime transitorio, per cui tutte le collaborazioni coordinate e continuative stipulate ai sensi della disciplina vigente al momento di entrata in vigore del D.Lgs. 276/03 e che non possono essere ricondotte ad un progetto, programma o fase di esso, mantengono efficacia sino alla loro scadenza, in ogni caso, non oltre un anno dall’entrata in vigore del decreto legislativo 276/03, ossia non oltre il 24 ottobre 2004.

Per le collaborazioni che non possono essere ricondotte ad un progetto o fase di esso, vi è la possibilità di stabilire dei termini di efficaci a transitoria più lunghi, purché ciò avvenga nell’ambito di un accordo aziendale, tra il datore di lavoro e i sindacati interni, che preveda la transizione dei lavoratori verso un contratto a progetto o verso un rapporto di lavoro subordinato individuabile tra quelli previsti dalla “riforma” quali job on call, job sharing, distacco, somministrazione, appalto o già disciplinate (contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, a tempo parziale, a termine …)

Sono escluse dalla tipologia del contratto a progetto:

§ le prestazioni occasionali, intendendosi per tali i rapporti di durata complessiva non superiore a trenta giorni nel corso dell’anno solare con lo stesso committente, salvo che il compenso percepito nel medesimo anno solare sia superiore a 5 mila euro;

§ le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali, esistenti alla data di entrata del 24 ottobre 2003;

§ i rapporti e le attività di collaborazione coordinata e continuativa comunque rese o utilizzate a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I. , come individuate e disciplinate dall’articolo 90 della L. 289/02;

§ gli agenti e i rappresentanti di commercio, la cui situazione contrattuale continua ad essere regolata dalle discipline speciali;

§ i componenti di organi di amministrazione e controllo di società;

§ i partecipanti ai collegi e commissioni;

§ i collaboratori che percepiscono la pensione di vecchiaia;

Le disposizioni suddette, non pregiudicano l’applicazione di clausole di contratto individuale o di accordo collettivo più favorevoli per il collaboratore a progetto, né le fattispecie dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa nella modalità a progetto, né la previsione di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa a carattere occasionale, così come previsti dall’art. 61, comma 2 del D.Lgs. 276/03 comportano l’abrogazione delle disposizioni del contratto d’opera di cui all’art. 2222 e ss. del c.c.

Nel caso in cui tra prestatore d’opera e stesso committente si superino i limiti dei trenta giorni nel corso dell’anno solare e il compenso superiore a 5 mila euro, il rapporto non necessariamente viene qualificato come collaborazione a progetto o a programma, dal momento che è ben figurabile il caso che il prestatore d’opera abbia reso una o più prestazioni ai sensi dell’art. 2222 c.c.



I REQUISITI FONDAMENTALI DELLA FATTISPECIE.



L’elemento fondamentale che qualifica la tipologia del contratto di collaborazione a progetto è rappresentato dall’autonomia del collaboratore nello svolgimento dell’attività lavorativa dedotta nel contratto e funzionale alla realizzazione del progetto, programma o fase di esso. E proprio dal principio dell’autonomia deriva la definizione in capo al collaboratore dei tempi e delle relative modalità di esplicazione dell’attività lavorativa. Ciò è conseguenza, anche del fatto che l’interesse del committente/creditore è relativo al perfezionamento del risultato finale e non, come nel rapporto di subordinazione, alla disponibilità dei una prestazione eterodiretta.

La durate del termine è funzionale ad un avvenimento futuro, certo nell’an ma non necessariamente nel quando. La durata del contratto è determinata o determinabile in funzione delle durata e delle caratteristiche del progetto, programma di lavoro o fase di esso.

Il progetto, così come definito dalla Circolare n.1/2004 emanata dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, consiste in una attività produttiva identificabile e funzionalmente collegata ad un determinato risultato finale in cui il collaboratore partecipa direttamente con la sua prestazione.

Il progetto può essere connesso all’attività principale o accessoria dell’impresa, l’individuazione del progetto da dedurre nel contratto compete al committente e tutte le valutazioni e scelte tecniche, organizzative, produttive sottese al progetto sono insindacabili.

Il programma di lavoro, invece, consiste in un tipo di attività cui non è direttamente riconducibile un risultato finale.

Il programma di lavoro o la fase di esso si caratterizzano, invece, per la produzione di un risultato solo parziale destinato ad essere integrato, in vista di un risultato finale, ad altre lavorazioni e risultati parziali.

I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa instaurati senza l’individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro, fase di esso, sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto. Qualora in giudizio si accerti che il rapporto instaurato si sia configurato come rapporto subordinato, esso si trasforma in rapporto di lavoro subordinato corrispondente alla tipologia negoziale realizzatasi, di fatto, tra le parti.

Nell’ambito di un giudizio, in conformità ai principi generali dell’ordinamento, il controllo giudiziale è limitato all’accertamento dell’esistenza del progetto, programma di lavoro o fase di esso e non può essere esteso sino al punto di sindacare, nel merito, valutazioni e scelte tecniche, organizzative, produttive che competono al committente.

Un altro aspetto importante da sottolineare e che l’articolo 61, comma1, ribadisce è che il rapporto che tra collaboratore e committente avviene “nel rispetto del coordinamento con il committente”, pertanto nell’ambito di tale definizione il collaboratore a progetto può operare all’interno del ciclo produttivo e per tale motivo, deve necessariamente coordinare la propria prestazione con le esigenze dell’organizzazione del committente.

Il coordinamento deve essere tale sia con riferimento ai tempi di lavoro che alle modalità di esecuzione del progetto, programma di lavoro, fermo restando, l’impossibilità del committente di richiedere una prestazione o un’attività che esuli da quanto previsto dal contratto a progetto.







LA FORMA DEL CONTRATTO



Nel contratto di lavoro a progetto, è richiesta la forma scritta ad probationem e non ad substantiam e deve contenere i seguenti elementi.

a) indicazione della durata, determinata o determinabile;

b) indicazione del progetto o programma di lavoro, o fasi di esso, individuato nel suo contenuto caratterizzante, che è dedotto in contratto;

c) il corrispettivo e i criteri per la sua determinazione, nonché i tempi e le modalità di pagamento e la disciplina dei rimborsi di spese;

d) le forme di coordinamento del lavoratore a progetto al committente sull’esecuzione, anche temporale, della prestazione lavorativa, che in ogni caso non possono essere tali da pregiudicarne l’autonomia nella esecuzione dell’obbligazione lavorativa;

e) le eventuali misure per la tutela della salute e sicurezza del collaboratore a progetto, fermo restando quanto disposto oltre.

Il fatto che sia richiesta la forma scritta ad probationem assume carattere fondamentale perché in assenza, non sarà agevole per le parti contrattuali dimostrare la riconducibilità della prestazione lavorativa ad un progetto, programma di lavoro o fase di esso.

Un aspetto importante della disciplina del contratto di lavoro a progetto, merita una ulteriore puntualizzazione: è possibile rinnovare il contratto tra committente e collaboratore per analogo progetto o programma di lavoro, purché i rinnovi non costituiscano strumenti elusivi della normativa.

Ogni contratto, autonomamente presentato deve contenere tutti i requisiti previsti dalla legge.







OBBLIGHI DEL COLLABORATORE E IL CORRISPETTIVO.



Il collaboratore ai sensi dell’art. 64 del D.Lgs. 276/03, può svolgere la sua attività a favore di più committenti ma la sua attività non deve svolgersi in concorrenza con i committenti, né può diffondere notizie e apprezzamenti (obbligo di riservatezza, art. 64 D.Lgs.27/03) attinenti ai programmi e alla organizzazione di essi, né compiere atti che possano arrecare pregiudizio della attività dei committenti medesimi.

Nel caso in cui il lavoratore a progetto, nell’esecuzione della prestazione lavorativa, dovesse fare delle invenzioni, ha diritto di essere riconosciuto autore dell’invenzione fatta nello svolgimento del rapporto. I diritti e gli obblighi delle parti sono regolati dalle leggi speciali, compreso quanto previsto dall’articolo 12-bis della legge 22 aprile 1941, n. 633 e successive modificazioni.

IL compenso corrisposto al lavoratore a progetto deve essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro eseguito e deve tener conto dei compenso normalmente corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo nel luogo di esecuzione de rapporto ( Art. 63 D.Lgs. 276/03). In tal senso trova attuazione l’art.36 della costituzione italiana per cui “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo. lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un esistenza libera e dignitosa”. Al lavoratore a progetto non potranno essere applicate le disposizioni in materia di retribuzione stabilite dalla contrattazione collettiva per i lavoratori subordinati. Dal momento che la quantificazione del compenso deve essere effettuata in considerazione della natura e della durata del progetto, programma, o fase di esso, in funzione del raggiungimento del risultato finale, le parti, possono, nel contratto, escludere o ridurre il compenso pattuito nel caso in cui il risultato non sia raggiunto o la qualità di esso sia tale da comprometterne l’utilità.







LE TUTELE

L’art.66 del D.lgs. 276/03 enuclea una serie di tutele con particolare riferimento alla gravidanza, alla malattia e all’infortunio che “non comportano l’estinzione del rapporto di lavoro, che rimane sospesa, senza erogazione del corrispettivo”.

Salva diversa previsione del contratto individuale, in caso di malattia e infortunio la sospensione del rapporto non comporta una proroga della durata del contratto, che si estingue alla scadenza. Il committente può comunque recedere dal contratto se la sospensione si protrae per un periodo superiore a 30 giorni per i contratti di durata determinabile. Nel caso di malattia e di infortunio, ferma restando l’invio della certificazione ai fini della prova, il committente può recedere dal contratto se la sospensione si protrae per un periodo superiore ad un sesto della durata stabilità dal contratto, quando essa sia determinata, ovvero superiore a 30 giorni per i contratti di durata determinabile.

Nel caso della gravidanza, la durata del rapporto è prorogata per un periodo di 180 giorni, salva più favorevole disposizione del contratto individuale.

Al collaboratore, si applicano inoltre, le disposizioni della L. 533/73 sul processo del lavoro, l’art. 64 del D.Lgs. 151/01, le norme in materiale di sicurezza sul lavoro L. 626/94 quando la prestazione si svolge nei luoghi di lavoro del committente., nonché le norme di tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui all’art. 51, comma 1, della legge delega 23 dicembre 1999, n. 488 e del D.M. del 12 gennaio 2001.

Di fondamentale rilievo è la previsione contenuta nell’art. 66, comma 4, che estende ai rapporti di lavoro a progetto “le norme sulla sicurezza e igiene del lavoro di cui al decreto legislativo 626/94” e che apparentemente potrebbe sembrare di problematica applicazione dal momento che, stando alla ratio della legge, dovrebbe essere applicabile solo ai lavoratori subordinati ma nel caso di specie è possibile anche se si è in presenza di figure fortemente connotate da un grado di autonomia nello svolgimento della prestazione in funzione del risultato e nel rispetto del coordinamento con l’organizzazione del committente.

In tal modo si pone fine ad una situazione paradossale secondo la quale, la normativa in materia di prevenzione trovava applicazione anche per gli stagisti esposti a rischi particolari, (in quanto espressamente equiparati ai lavoratori dipendenti (art. 2,comam 1 lett. a), secondo periodo , D.Lgs. 626/90), ma non operava nei confronti dei collaboratori coordinati e continuativi, in quanto collocati nella sfera del lavoro autonomo.



LA RISOLUZIONE DEL RAPPORTO



L’art. 66 D.Lgs. 276/03 prevede che il contratto si risolve al momento della realizzazione del progetto, programma o della fase di esso che ne costituisce l’oggetto.

Le parti, prima della scadenza del termine, possono recedere per giusta causa, o per altre causali e modalità stabilite dalle parti nel contratto di lavoro individuale, dandone preavviso. Se il progetto sia ultimato prima della scadenza del termine il contratto si intende risolto e il corrispettivo sarà dovuto per intero dal momento che l’elemento caratterizzante della collaborazione è il risultato finale.

I diritti derivanti dalle parti dal lavoro a progetto possono essere oggetto di rinunzie e/o transazioni tra le parti in sede di certificazione del rapporto di lavoro.

Dott.ssa Roberta Caragnano

Abstract

Il contratto di lavoro a progetto, introdotto nel nostro ordinamento dall’art. 61 del D.Lgs 276/03, è destinato a sostituire in gran parte il panorama delle “vecchie” collaborazioni coordinate e continuative che, però non scompariranno del tutto, in quanto potranno essere previste e stipulate solo nei casi espressamente previsti dalla legge. Dal 24 ottobre 2003 le collaborazioni coordinate e continuative dovevano essere ricondotte a “uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso, determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con l’organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa”.









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