giovedì 1 luglio 2004
E’ possibile il licenziamento per giusta causa durante il periodo di malattia?
dell Avv. Rocchina Staiano (dottore di ricerca-Università di Salerno)
1.
Il trattamento spettante al lavoratore in caso di malattia è disciplinato dall’art. 2110 c.c.; il quale riconosce al lavoratore:
a) la conservazione del posto di lavoro;
b) la corresponsione della retribuzione o di una indennità nella misura e per il tempo determinati dalle leggi speciali, dalle norme contrattuali, dagli usi o secondo equità, salvo che non siano previste forme equivalenti di previdenza e di assistenza.
Il diritto alla conservazione del posto di lavoro comporta che il licenziamento intimato durante il periodo di comporto per malattia è inefficace; di conseguenza, soltanto dopo il decorso del periodo massimo di conservazione del posto o la cessazione della malattia, cessa tale inefficacia e comincia a decorrere il periodo di preavviso. Tale principio, però, subisce un’eccezione nell’ipotesi in cui siamo in presenza di licenziamento per giusta causa. Infatti, in tale ipotesi ciò è sempre possibile, in quanto lo stato di malattia del lavoratore non preclude il licenziamento per giusta causa, non avendo ragione d’essere la conservazione del posto di lavoro -in periodo di malattia- di fronte alla riscontrata esistenza di una causa che non consente la prosecuzione, neppure in via temporanea del rapporto di lavoro.
I. Anche durante il periodo di comporto il lavoratore assente per malattia può essere licenziato per giusta causa (Tribunale Torino, 11 agosto 2000, in Giur. Piem., 2000, 505 con nota di Gianino).
II. La giusta causa di recesso dal rapporto di lavoro importa l immediata estinzione del rapporto pur in costanza del periodo di comporto per malattia, e ciò anche quando la cognizione dei fatti da parte del datore di lavoro sia anteriore all inizio della malattia e la contestazione sia successiva a questa (Cass. Civ., sez. lav., 20 ottobre 2000 n. 13903, in Orient. Giur. Lav., 2000, I, 1060).
III. In costanza di malattia il lavoratore può essere legittimamente licenziato per giusta causa, con effetto immediato (Cass. Civ., sez. lav., 29 luglio 1998, n. 7467, in Riv. It. Dir. Lav., 1999, II, 715 con nota di Scognamiglio).
IV. Lo stato di malattia del lavoratore preclude al datore di lavoro l esercizio del potere di recesso solo quando si tratta di licenziamento con preavviso per giustificato motivo; esso non impedisce, invece, l’intimazione del licenziamento per giusta causa, non avendo ragion d essere la conservazione del posto di lavoro in periodo di malattia di fronte alla riscontrata esistenza di una causa che non consente la prosecuzione neppure in via temporanea del rapporto (Cass. Civ., sez. lav., 27 febbraio 1998, n. 2209, in Not. Giur. Lav., 1998, 446).
V. Lo stato di malattia del lavoratore - ancorchè non impedisca l intimazione del licenziamento per giusta causa, non avendo ragione d essere la conservazione del posto di lavoro in periodo di malattia di fronte alla riscontrata esistenza di una causa che non consenta la prosecuzione, neppure in via temporanea, del rapporto di lavoro - preclude, invece, al datore di lavoro l esercizio del potere di recesso quando si tratta di licenziamento con preavviso per giustificato motivo; sicchè legittimamente il datore di lavoro - che abbia contestato l addebito e ricevuto, nel termine di cui all art. 7 st. lav., le giustificazioni del lavoratore, subito dopo assentatosi dal lavoro per malattia - attende la cessazione del periodo di malattia prima di intimare il licenziamento disciplinare, senza che in tal caso il decorso del tempo possa ingenerare nel lavoratore l affidamento in ordine all accoglimento delle giustificazioni precedentemente comunicate, nè comportare la tardività del recesso (Cass. Civ., sez. lav., 20 dicembre 1997, n. 12915, in Not. Giur. Lav., 1998, 46).
VI. Lo stato di malattia del lavoratore preclude al datore di lavoro l esercizio del potere di recesso solo quando si tratta di licenziamento con preavviso per giustificato motivo; esso non impedisce, invece, l intimazione del licenziamento per giusta causa, non avendo ragione d essere la conservazione del posto di lavoro in periodo di malattia di fronte alla riscontrata esistenza di una causa che non consente la prosecuzione, neppure in via temporanea, del rapporto di lavoro (Cass. Civ., sez. lav., 22 febbraio 1995, n. 2019, in Giur. It., 1995, I, 1, 2040).
VII. Lo stato di malattia del lavoratore, mentre preclude al datore di lavoro l esercizio del potere di recesso per giustificato motivo, non gli impedisce l intimazione del licenziamento per giusta causa, eventualmente preceduta da una sospensione cautelare, non avendo ragione d essere la conservazione del posto in periodo di malattia di fronte alla riscontrata esistenza di una causa che non consente la prosecuzione neppure in via temporanea del rapporto di lavoro (Cass. Civ., sez. lav., 17 marzo 1987 n. 2707, in Orient. Giur. Lav., 1987, 483).
VIII. Lo stato di malattia del lavoratore, mentre preclude al datore di lavoro l esercizio del potere di recesso per giustificato motivo, non gli impedisce l intimazione del licenziamento per giusta causa, eventualmente preceduta da una sospensione cautelare, non avendo ragione d essere la conservazione del posto in periodo di malattia di fronte alla riscontrata esistenza di una causa che non consente la prosecuzione neppure in via temporanea del rapporto di lavoro (Cass. Civ., sez. lav., 7 maggio 1983, n. 3142, in Giust. civ. Mass., 1983, fasc. 5).
2. Rassegna giurisprudenziale sulla nozione di malattia.
I. In tema di assenze del lavoratore l art. 2110 c.c. prevede un’ampia e generica nozione di infortunio e malattia, comprensiva anche degli impedimenti determinati da cause di lavoro; tale nozione tuttavia non è vincolante per l autodeterminazione sindacale, ben potendo la disciplina collettiva prevedere una autonoma (e diversificata) maturazione del periodo di comporto per l infortunio sul lavoro e la malattia professionale. In tali ipotesi, pertanto, le assenze del lavoratore andranno distinte in relazione all impedimento che le ha determinate e sottoposte alla relativa disciplina contrattuale, non potendo esse unitariamente concorrere alla consumazione del comporto per malattia “generica”. Principio affermato in relazione al c.c.n.l. dei lavoratori edili che prevede un diverso periodo di comporto per la malattia "generica" e la malattia professionale (Cass. Civile, sez. lav., 28 gennaio 1997, n. 860, in Giust. civ. Mass., 1997, 147).
II. Le assenze del lavoratore dovute ad infortunio sul lavoro o a malattia professionale sono riconducibili, in linea di principio, all ampia e generale nozione di infortunio o malattia contenuta nell art. 2110 c.c., comprensiva anche di dette specifiche categorie di impedimenti dovuti a cause di lavoro, e sono pertanto normalmente computabili nel periodo di conservazione del posto di lavoro previsto nello stesso art. 2110, la cui determinazione è da questa norma rimessa alla legge, alle norme collettive, all uso o all equità (Cass. Civ., sez. lav., 10 aprile 1996, n. 3351, in Giust. civ. Mass., 1996, 539).
III. La circostanza che una determinata sindrome (caratterizzata da cefalee, nausea e vomito) che renda la lavoratrice temporaneamente e periodicamente incapace al lavoro sia collegata ad un fatto fisiologico ricorrente (c.d. sindrome premestruale) non esclude che la stessa sindrome sia da considerare quale vera e propria malattia rientrante nella previsione di cui all art. 2110 c.c. (Cass. Civ., sez. lav., 27 marzo 1991, n. 3332, in Not. Giur. Lav., 1991, 141).
IV. Dalla nozione di malattia tutelata dall art. 2110 c.c. non può escludersi, sotto il profilo letterale e logico, la malattia cronica che presenta fasi acute e fasi di quiescenza nè può essere negato al malato cronico che abbia effettive esigenze terapeutiche, il diritto al trattamento economico di malattia entro i limiti compatibili con le esigenze del rapporto di lavoro, così come avviene per tutti gli altri malati (Trib. Milano 1 dicembre 1990, in Orient. Giur. Lav., 1991, 195).
V. La malattia del lavoratore e l inidoneità al lavoro sono cause d’impossibilità della prestazione lavorativa che hanno natura e disciplina giuridica diverse: la prima ha carattere temporaneo, implica la totale impossibilità della prestazione e determina, ai sensi dell art. 2110 c.c., la legittimità del licenziamento quando ha causato l astensione dal lavoro per un tempo superiore al periodo di comporto; la seconda ha carattere permanente, o, quanto meno, durata indeterminata o indeterminabile, non implica necessariamente l impossibilità totale della prestazione e consente la risoluzione del contratto ai sensi degli art. 1256 e 1463 c.c., previo accertamento di essa con la procedura stabilita dall art. 5 della legge n. 300 del 1970, indipendentemente dal superamento di un periodo di comporto (Cass. Civ., sez. lav., 14 agosto 1991, n. 8855, in Giust. civ. Mass., 1991, fasc. 8).