I RISCHI CULTURALI IN UNA ORGANIZZAZIONE EFFICIENTE
Prof Sergio Sabetta
I recenti contrasti ai vertici dell’INAIL, riportati dalla stampa, che hanno condotto a notevoli difficoltà nella gestione dell’Ente nonostante le ristrutturazioni realizzate, si ripetono frequentemente presso altre organizzazioni pubbliche o private con risultati sempre disastrosi per la funzionalità.
Dobbiamo considerare che le organizzazioni sono delle “microsocietà” ciascuna con una sua specifica cultura e sottoculture, tale che a fronte di gruppi molto compatti vi può essere una frammentazione culturale con la creazione di gruppi forniti di proprie visioni contrapposte, rinforzate da una serie di norme e rituali specifici.
Queste differenti visioni emergono dall’osservazione dell’interattività quotidiana degli individui componenti l’organizzazione.
La cultura organizzativa può evolversi in una vera e propria etica con propri simboli e rituali inseriti nei procedessi organizzativi, in cui assumono un ruolo essenziale nella formazione dei valori guida dell’organizzazione i titolari dell’autorità aziendale.
E’ tuttavia da tenersi presente che la cultura rappresenta il risultato dell’interagire sociale in cui intervengono anche i leader informali, l’organizzazione si presenta pertanto come un mosaico culturale con diverse rappresentazioni della realtà dovute ai vari gruppi che interagiscono tra loro. Se queste sottoculture professionali sono eccessivamente marcate sorgono difficoltà di comunicazione, in realtà occorre una forte unità di intenti sugli obiettivi chiaramente individuati a cui affiancare una comunicazione a due vie fra le varie culture, il dialogo deve sussistere su una matrice comune.
Possono crearsi delle specie di “guerre culturali” quando gruppi caratterizzati da status professionali molto elevati interagiscono con gruppi aventi uno status troppo differente per qualità o tipologia, ma anche nelle ipotesi in cui si formino tipi diversi di fedeltà verso gruppi particolari interni all’organizzazione che possono dare luogo a vere e proprie coalizioni con propri valori specifici di riferimento. Queste divisioni dei vertici gerarchici o dell’organizzazione nel suo insieme finiscono per sfociare in lotte dirette al controllo dell’organizzazione che vengono spesso coperte da controversie di natura ideologica, si tratta in realtà di lotte dirette al controllo dell’insieme delle risorse e della cultura aziendale.
Gli aspetti culturali e simbolici delle organizzazioni sono fattori determinanti per la gestione organizzativa, tanto è vero che l’organizzazione si identifica con la sua cultura e su essa si agisce per orientare strategicamente la stessa organizzazione (Smircich).
Acquistano pertanto importanza le modalità di apprendimento, trasmissione e modifica della cultura organizzativa intesa come modo di affrontare e risolvere i problemi di adattamento esterno e di integrazione interna (Modello dinamico – Schein).
L’indiscussa valenza emozionale dei simboli spingono l’uomo all’azione e costituiscono il perno per conformare un’organizzazione, essa attraverso i simboli fornisce una rappresentazione di se stessa all’interno e all’esterno, fornendo valori, creando riti e distribuendo privilegi (Cohen). Ma se all’inizio attraverso i simboli si crea una determinata cultura organizzativa, successivamente la stessa cultura in forma dinamica viene a modificare i comportamenti ed il pensiero di chi agisce all’interno dell’organizzazione.
Il solo modo per modificare in forma duratura l’organizzazione è pertanto influenzare i termini dell’interpretazione dei fatti e la regolazione delle idee (Normann), aspetto culturale che va ad affiancarsi al modello sistemico dello studio delle organizzazioni.
La cooperazione consapevole dei membri di un’organizzazione in realtà viene ad interferire con processi organizzativi latenti, determinati dagli spetti emotivi ed intimi delle persone, e più una organizzazione è elastica ed informale e più questi processi emergono. Anche i modelli culturali esterni influiscono sui valori ed i comportamenti organizzativi e questo sia a livello di leadership che ai vari livelli sottostanti, basti pensare all’etica dell’individualismo basato sulla competizione che viene attualmente proposto dai mass-media i quali inducono i soggetti ad una scarsa cooperazione e spingono ad usare tutti quei meccanismi che possano fare risultare vincitori.
I conflitti organizzativi sono ormai considerati inevitabili in qualsiasi organizzazione moderna ed aumentano anche in rapporto al venire meno di strutture rigidamente gerarchiche di controllo diretto ed ai modelli sociali proposti, pertanto non possono essere eliminati ma vanno gestiti e la capacità di gestione rappresenta una delle caratteristiche del successo organizzativo. Occorre considerare che una certa conflittualità culturale regolata è utile alla crescita organizzativa evidenziando possibilità e limiti dell’organizzazione stessa, ma questi scambi informativi non devono trasformarsi in attriti strutturali che finiscono per bruciare la struttura.
Acquista importanza il sistema di comunicazione ed in particolare il linguaggio quale elemento per la trasmissione all’interno dell’organizzazione delle informazioni con il loro valore simbolico (Feldmann e March). In realtà la raccolta di informazioni oltre che strumento può diventare un segnale più o meno coerente con il modello culturale prevalente, infatti una parte delle informazioni raccolte viene utilizzata per sorvegliare, altre per deformare a fini strategici la realtà, altre ancora a fini di prestigio e potere per legittimare le decisioni dimostrando l’accuratezza e la ponderatezza delle stesse indipendentemente dal loro effettivo utilizzo.
La dinamica simbolica una volta creata dà senso alla realtà fittizia che lei stessa ha creato e realizza un legame strategico tra informazione come simbologia e cultura/ideologia dell’organizzazione.
Se la cultura si manifesta mediante artefatti, ossia simboli visibili, di cui il linguaggio è l’artefatto per eccellenza è evidente che l’acquisizione del linguaggio proposto costituisce un’assimilazione dei valori culturali proposti ed elaborati di cui il linguaggio ne è espressione. Nel momento stesso in cui si assimila il modello culturale si procede all’ulteriore elaborazione dello stesso anche in termini linguistici e di comunicazione a seguito delle esperienze vissute, in altre parole attraverso l’aspetto linguistico si crea un gruppo culturale e le premesse di una serie di azioni collettive (Mills).
Ma la comunicazione può essere diretta al gruppo stesso come “autocomunicazione” al fine di rafforzare l’immagine del gruppo e l’ego dei singoli componenti, a questo fine il linguaggio usato nasconde un secondo codice inespresso nella comunicazione ufficiale, questo può accadere inoltre nella comunicazione che il gruppo invia agli altri gruppi o ai vertici dell’organizzazione ( Lotman).
I vertici organizzativi acquisiscono una reale leadership, anche sugli altri gruppi informali, non tanto distribuendo risorse e posizioni ma soprattutto creando significati e linguaggi nuovi per situazioni nuove, dando una lettura coerente alla evoluzione della realtà e un senso all’azione dei collaboratori facendoli partecipi dell’evoluzione in atto. Il linguaggio come rappresentazione della cultura aziendale e creazione della stessa ( Wittgenstein).
Sorge la necessità all’interno dell’organizzazione di ascoltare e non semplicemente di udire, con tutte le difficoltà e gli sforzi che una reale capacità di ascolto comporta, ma una difficoltà di comunicazione manifesta un chiaro disagio organizzativo ed il dare ordini non assicura una reale e soddisfacente esecuzione.
D altronde la sola capacità di ascolto da sola non è sufficiente senza reali occasioni e tenendo presente la difficoltà per i collaboratori di comunicare ai vertici cose da loro non gradite.
Da quanto finora descritto appare evidente il rischio di collassi organizzativi per scollamenti culturali interni, che diano luogo a confusione di obiettivi e a scontri di potere economico e culturale. Pericoli tanto più evidenti nel momento attuale di mancanza di modelli culturali omogenei di riferimento, in cui vi è un forte individualismo connesso ad una frantumazione culturale con leadership non chiaramente definite. Necessita pertanto, di fronte a questi problemi ambientali, creare forti culture aziendali di riferimento, soprattutto in organizzazioni ampie sparse su territori culturalmente già originariamente molto differenziati al fine di tenere in omeostasi le strutture.
BIBLIOGRAFIA
· M. Alvesson – P. O. Berg, L’organizzazione e i suoi simboli, Cortina editore 1993;
· P. Gagliardi, Le imprese come culture, Isedi 1986;
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· P. Muti, Comunicare nell’impresa, Angeli 1990;
· K. Weick, Organizzare, Isedi 1993.