lavoroprevidenza

lunedì 6 giugno 2005

LO STATO ATTUALE DELLE RELAZIONI SINDACALI NEI COMPARTI DEL PUBBLICO IMPIEGO ALLA LUCE DEI RECENTI INTERVENTI DELLA CASSAZIONE

a cura dell’Avv. Maurizio Danza - Arbitro pubblico impiego Lazio


LO STATO ATTUALE DELLE RELAZIONI SINDACALI NEI COMPARTI DEL PUBBLICO IMPIEGO ALLA LUCE DEI RECENTI INTERVENTI DELLA CASSAZIONE.


a cura dell’Avv. Maurizio Danza - Arbitro pubblico impiego Lazio


E’ noto come il sistema delle relazioni sindacali nel pubblico impiego privatizzato abbia ricevuto una prima regolamentazione organica nel D. Lgs. n°29/93 e, a seguito degli interventi normativi dovuti rispettivamente alle leggi n° 59/97, n° 127/97 e ai D. Lgs. n° 396/97 e D. Lgs. n°80/98, sia stato non a caso definito dagli studiosi come “seconda privatizzazione del pubblico impiego". Dal 1998 in poi si sono succeduti numerosi interventi del legislatore, della contrattazione collettiva nonché giurisprudenziale, intervenendo in parte sui poteri dei soggetti delle relazioni sindacali, a volte potenziandone il ruolo o trasformando le funzioni di altri. Non a caso l’analisi degli effetti delle contrattazioni collettive, sia nazionali che integrative relative ai comparti del pubblico impiego, ha evidenziato, in riferimento al quadriennio normativo 1998-2001, la diversa importanza, forza ed effettività degli strumenti di relazione sindacale. Basti pensare al fenomeno del c.d. “slittamento” ben delineato in uno studio dell’ARAN sulla contrattazione integrativa 1998-2001 , riferito in particolare alla “invasione di campo” della concertazione sulle materie di competenza della contrattazione collettiva; si pensi ancora a tutta la problematica delle delegazioni trattanti emersa soprattutto in riferimento al Comparto degli Enti Locali e alla presa d’atto della esistenza di varie forme tipologiche di contratti integrativi (cfr. nota ARAN n° 4260 del 27 maggio 2004): ebbene tutte queste osservazioni appaiono indici inequivocabili della dinamicità e dell’evoluzione del sistema delle relazioni sindacali che, esprimendo interessi reali e concreti rappresentati dalle parti in conflitto, giocoforza si sforza nella ricerca di nuove e diverse tipologie di meccanismi di risoluzione delle problematiche delle relazioni sindacali. A ben vedere anche la tornata contrattuale 2002 -2005 conferma il processo di privatizzazione già disposto nella precedente tornata contrattuale 1998-01, evidenziando in particolare il ruolo di centralità della contrattazione in genere, fornendo allo studioso strumenti utili onde pervenire ad una valutazione rebus sic stantibus, circa il rafforzamento dell’intero sistema delle relazioni sindacali. Proprio la tornata contrattuale 2002- 2005, nel confermare la funzionalità degli strumenti delle relazioni sindacali dei precedenti CCNL, si caratterizza per l’ampliamento delle materie oggetto di contrattazione, dell’informativa ed in generale degli strumenti di partecipazione sindacale. Basti pensare come tutti i CCNL abbiano previsto un maggior numero di organi di partecipazione sindacale a livello centrale (es. comitato paritetico per il mobbing), il che appare senza dubbio come un indice di rafforzamento del sistema di legislazione contrattata. Ebbene anche taluni recenti sentenze della Suprema Corte di Cassazione, sezione Lavoro, rispettivamente la n°4714 del 3 marzo 2005 e la n°5892 del 17 marzo 2005, testimoniano del processo evolutivo delle relazioni sindacali tuttora in fieri , incidendo esse stesse su taluni aspetti dell’intero sistema delle relazioni sindacali ed offrendo occasione di riflessione, sia sugli effetti relativi ai poteri reali dei soggetti titolari delle relazioni, che sull’intero sistema di legislazione contrattata in termini di misurazione del reale funzionamento della “scatola degli attrezzi” delle relazioni industriali. Tale analisi è finalizzata poi a comprendere se allo stato attuale ci si trovi di fronte ad una nuova fase di evoluzione dello stesso sistema delle relazioni sindacali e, nel caso affermativo, a studiare le caratteristiche di distinzione della nuova fase da quella precedente. Ebbene in sostanza le due recenti sentenze della Corte, pur intervenendo sulla problematica interpretativa di norma dei contratti collettivi nazionali, rispettivamente della Sanità e dei Ministeri, analizzate sotto quest’ottica evidenziano il problema delle questioni pregiudiziali interpretative relative ai rapporti di lavoro del pubblico impiego previste all’art. 64 del D. Lgs. n°165/01 e giocoforza della loro incidenza sullo stato attuale delle relazioni sindacali. Al di là degli aspetti di natura sostanziale del diritto controverso (nel caso della Sanità riguardava il diritto a computare nella retribuzione delle ferie la indennità per lavoro notturno continuativo in turni avvicendati, mentre nel caso dei Ministeri l’accertamento tra le mansioni della posizione economica C3 delle funzioni di reggenza della superiore posizione lavorativa dirigenziale per vacanza del relativo posto) oggetto della sentenze, la questione più problematica desumibile dalla medesima è quella del diverso ruolo delle relazioni sindacali come conseguenza dell’applicazione analogica dell’art. 384 c. p. c. al caso in questione. Non a caso sia i recenti provvedimenti normativi che quelli giudiziari intervengono sulla disposizione dell’art. 64 del D. Lgs. n°165/01, strumento dell’effettività e del funzionamento delle relazioni sindacali, che prevede numerosi meccanismi di intervento dei soggetti titolari, sia durante le varie fasi processuali che in quelle extraprocessuali. La stessa sentenza della Corte, nel porre in tutta la sua attualità il problema della rilevabilità della questione pregiudiziale interpretativa, che approda alla sede di legittimità per non aver utilizzato il giudice di primo grado la speciale procedura prevista dall’art. 64, comporta conseguenze anche se indirette sulla efficacia delle relazioni sindacali. L’analisi delle sentenze conduce altresì alla disamina degli strumenti di relazione sindacale e alle implicazioni sia sull’intero sistema di legislazione contrattata che sui poteri reali dei soggetti titolari delle relazioni stesse, tenuto conto anche del ruolo non sempre negoziale dei medesimi nelle forme di partecipazione previste dalla legge. Ebbene nelle sentenze commentate la Suprema Corte pone nella sua attualità il problema della questione pregiudiziale interpretativa riferito ad una norma di contratto collettivo nazionale, essendosi espressa con l’opzione dello strumento del ricorso per Cassazione ex. art. 63 D. Lgs. n°165/01 sulla stessa questione pregiudiziale relativa alla norma del contratto collettivo nazionale, che il giudice di primo grado avrebbe dovuto rilevare avvalendosi del meccanismo processuale di cui all’art. 64 del D. Lgs. n°165/01. Appare evidente però che la scelta operata dalla Corte alla luce dello stesso principio ha condotto a soluzioni diverse, con effetti differenti sul complesso sistema delle relazioni sindacali. Ed infatti nel primo caso il non aver operato il rinvio al giudice del merito da parte della Cassazione, con l’ applicazione analogica dell’art.384 c. p. c., ha in un certo qual modo compromesso le garanzie di più ampia partecipazione sindacale previste invece nella norma dell’art. 64 del D. Lgs. n°165/01. Diversamente il meccanismo processuale di cui all’art. 63 non consente in alcun modo alle O. O. S. S. firmatarie del CCNL e teoricamente neanche all’ARAN (che però vanta diverso potere di intervento ex. art. 63 bis introdotto dalla Legge finanziaria n°311/2005) alcun intervento nel giudizio, invece previsto espressamente in merito alla questione pregiudiziale sull’interpretazione autentica, come si ricava dai c. 1 e 2 dell’art.64 del D. Lgs. n°165/01. La disposizione di cui all’art. 64, rappresentando indubbiamente uno strumento di particolare rafforzamento e garanzia dell’intervento dei soggetti delle relazioni sindacali e del sistema di legislazione contrattata, ben può essere definita quale strumento per la “misura della effettività e del funzionamento delle relazioni sindacali”, attribuendo agli strumenti di relazione sindacale, e nel caso di specie all’interpretazione autentica “species della contrattazione collettiva”, un particolare forza normativa tra gli strumenti medesimi. La disposizione prevede infatti numerosi meccanismi di intervento dei soggetti delle relazioni, taluni consentiti durante ogni fase processuale, altri attraverso momenti di natura extragiudiziale e cioè a seguito della sospensione del giudizio del lavoro. Conferma della particolare forma normativa della disposizione suindicata è certamente la previsione della sospensione del processo da parte del Giudice del Lavoro, onde consentire alle parti firmatarie in via pregiudiziale di riunirsi al fine dell’interpretazione autentica della norma del contratto collettivo. A questo punto non può che osservarsi come i soggetti coinvolti nel processo di Cassazione riguardante l’interpretazione pregiudiziale di una norma di un contratto collettivo siano, a ben vedere, oltre al lavoratore ricorrente e all’amministrazione resistente, anche i soggetti sindacali firmatari e l’ARAN. Ebbene lo strumento previsto dall’art.64 consente l’intervento delle O. O. S. S. firmatarie del CCNL e dell’ARAN, sia davanti al giudice del merito che a seguito di cassazione, con rinvio innanzi al giudice di legittimità nel caso appunto di gravame avverso la sentenza del giudice di merito sulla sola questione pregiudiziale (cfr. c. 4 art. 64) ed anche oltre il termine dell’art. 419 c. p. c., con possibilità di proposizione dei mezzi di impugnazione delle sentenze che decidono una questione pregiudiziale (cfr. c. 5 art. 64). La stessa disposizione prevede poi una diversa forma di intervento nel processo per Cassazione a seguito di ricorso immediato avverso la sentenza che ha deciso sulla sola questione pregiudiziale, a condizione però che i soggetti suindicati siano intervenuti nel processo. E’ prevista altresì un’ulteriore forma di intervento indiretto nei procedimenti sia di merito che di cassazione nel caso in cui non siano intervenute le parti sociali precedentemente (cfr. c. 3 art. 64), potendo presentare delle memorie sia nel giudizio di merito che in quello per Cassazione. Differenti invece le conseguenze in termini di partecipazione sindacale prospettabili all’indomani della sentenza della Corte ed effetto dell’applicazione analogica dell’art. 384 c. p. c. (cassazione senza rinvio). Ebbene detta opzione interpretativa non consente alcun intervento né dei soggetti sindacali né dell’ARAN che restano fuori dal processo, pur vertendosi su una situazione identica e cioè relativa ad una questione pregiudiziale di interpretazione autentica della norma. Appare però evidente come la sentenza della Suprema Corte, che a ragione si è preoccupata di garantire principalmente il rispetto dei principi di ragionevolezza ma soprattutto di economicità processuale di fronte a casi di decisioni interamente determinate da interpretazioni di merito di clausole dei contratti collettivi nazionali, comporti, seppure indirettamente, un indebolimento del quadro di garanzie: dei soggetti firmatari della contrattazione collettiva de quo.Ed infatti secondo l’opzione interpretativa della Corte in ordine alla applicazione analogica dell’art. 384 c. p. c., sia i soggetti sindacali che l’ARAN resterebbero fuori da ogni fase processuale, attesa la mancanza di rinvio al giudice del merito nel Giudizio di cassazione, culminato con l’accoglimento del ricorso previa equiparazione delle norme contrattuali a norme di diritto e successiva decisione di merito in assenza di ulteriori incombenti istruttori come previsto dall’art. 384 c. p. c., non prevedendo tale opzione ulteriore possibilità di intervento da parte di qualsivoglia soggetto. La sentenza della Suprema Corte dunque evidenzia un ulteriore indebolimento degli strumenti delle relazioni sindacali, la cui ratio è essenzialmente quella di garantire ai soggetti sindacali artefici delle norme della contrattazione collettiva, una partecipazione “qualificata”, relativamente ai momenti interpretativi delle norme medesime, grazie al meccanismo legislativamente previsto del loro grado di rappresentanza e rappresentatività in nome e per conto dei dipendenti dei comparti del pubblico impiego. Tale ridotta partecipazione dei soggetti è una conseguenza non trascurabile sul piano delle relazioni sindacali, atteso che essa consegue ad una decisione giudiziale di non sussistenza della questione pregiudiziale medesima da parte del giudice di merito (contrariamente invece alla statuizione della Corte) che, come detto, ha l’effetto poi nella soluzione analogica della Corte in riferimento all’art.384.c.p.c.di non consentire più la presenza dei soggetti delle relazioni medesime. Tutto ciò induce a concludere che l’intero sistema delle relazioni sindacali nel pubblico impiego privatizzato, già modificato rispetto al quadro originario negli anni 1997/98 e dalla recente legge finanziaria n°311/2005 (cfr. Maurizio Danza su www.lavoroprevidenza.com/index.php?iddoc=335 del 26/2/2005 e www.altalex.com del 7/4/2005, La legge finanziaria 2005 e l’intervento in giudizio dell’ARAN nelle controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione) si sta avviando verso una “nuova fase” evolutiva, destinata a mutare sensibilmente il quadro di coerenza e il principio di pari dignità tra i soggetti negoziali ,desumibile altresì anche in altre decisioni recenti della stessa Corte di Cassazione .




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