lavoroprevidenza

sabato 21 maggio 2005

LA SOSPENSIONE DELLA ESPULSIONE DEL CITTADINO STRANIERO

dell Avv. Mario Pavone (Avvocato del Foro di Brindisi - Patrocinante in Cassazione - Presidente ANIMI - Responsabile della sezione "Lavoro & Immigrazione" della Rivista telematica giuslavoristica LavoroPrevidenza.com)

LA SOSPENSIONE DELLA ESPULSIONE DEL CITTADINO STRANIERO



**di Mario Pavone





La Corte di cassazione,Sezione I civile,con sentenza del 1 aprile 2004, n. 6370, è intervenuta a chiarire la vexata quaestio della sospensione del decreto di espulsione del cittadino straniero in presenza di ricorso avverso la revoca del permesso di soggiorno.


La Corte,in sintesi, ha ritenuto che non sussista la possibilità di ottenere dal Giudice Ordinario, adito in sede di impugnazione del provvedimento di espulsione prefettizio,la sospensione della espulsione in attesa della decisione del provvedimento di revoca del permesso di soggiorno da


parte del competente Tribunale Amministrativo Regionale.


In conseguenza,afferma la Corte che “ la decisione del giudice amministrativo sul permesso non è quindi antecedente logico di quella del giudice ordinario sul decreto d espulsione, che legittima mente fu emesso per l esistenza della revoca, dell annullamento e del diniego del permesso di soggiorno successivamente annullati dal TAR; pertanto, a seguito della decisione definitiva dei giudici amministrativi di accoglimento del ricorso, lo straniero potrà chiedere al Prefetto la revoca dell espulsione”(già eseguita-ndr).


Tale convincimento della Suprema Corte scaturisce dalla considerazione che il controllo esercitato dall’A.G.O. sul provvedimento prefettizio è quello del riscontro dell esistenza, al momento dell espulsione, dei requisiti di legge che lo impongono.


Pertanto deve ritenersi legittimo l atto del Prefetto,ogni volta che vi sia stata revoca o annullamento del permesso di rimanere in Italia, anche se contro detti atti del Questore penda processo dinanzi ai giudici amministrativi, perché la mera carenza del permesso di soggiorno, anche temporanea, fa venir meno il diritto dell immigrato di rimanere in Italia (1)


Alcuni autori,tra cui il Di Muro (2),avevano affrontato in passato la questione delle interferenze fra il giudizio di impugnazione del decreto di espulsione e quello di annullamento del provvedimento reiettivo del permesso di soggiorno, dal quale il decreto di espulsione è spesso preceduto ed in particolare quella della sospensione “necessaria” del giudizio ai sensi dell’art. 295 C.P.C.


Era stato sostenuto,infatti,che prima della recente riforma della Legge sulla immigrazione, sia i provvedimenti amministrativi inerenti l’ingresso o il soggiorno dello straniero nello Stato, sia quelli concernenti la sua espulsione dal territorio nazionale, erano unitariamente sottoposti alla giurisdizione del giudice amministrativo.


Tanto comportava, in caso di provvedimento di espulsione di uno straniero conseguente a diniego di rilascio (o a diniego di rinnovo, oppure a revoca) del permesso di soggiorno, la possibilità di impugnazione di entrambi i provvedimenti amministrativi innanzi alla medesima autorità giudiziaria, e dunque (ab origine, a mezzo di motivi aggiunti o a seguito di riunione) la loro, assai opportuna, trattazione congiunta.


A seguito delle modifiche introdotte con la Legge Bossi Fini, mentre i ricorsi avverso provvedimenti concernenti il soggiorno continuano ad essere affidati alla cognizione dei Tribunali Amministrativi Regionali (art. 6 comma 10 D.lgs. 286/1998), i ricorsi avverso i provvedimenti di espulsione debbono essere proposti innanzi al Tribunale ordinario (art. 13 comma 8 ) con la conseguenza che,stante la trattazione separata dei provvedimenti da parte di Giudici diversi,si rendeva necessario risolvere la questione della pregiudizialità della decisione del provvedimento di revoca del permesso di soggiorno rispetto a quello di espulsione ricorrendo alla sospensione necessaria del procedimento ai sensi dell’art.295 CPC.


Il ricorso a tale norma appariva oltremodo necessario non avendo previsto la Legge Bossi Fini una autonoma possibilità di richiedere la sospensione del provvedimento di espulsione al Giudice Ordinario,stante la esplicita dizione del comma 3 dell’art.13 che sancisce che “l’espulsione è disposta in ogni caso con decreto motivato immediatamente esecutivo anche se sottoposto a gravame o impugnativa da parte dell’interessato”.


La proposizione del ricorso,pertanto,non determina mai la sospensione automatica del provvedimento di espulsione.


Anche per la impugnazione del provvedimento con cui il Giudice disponga la convalida del provvedimento di trattenimento in un centro di permanenza è previsto unicamente ricorso per Cassazione(art.14,comma 6 ) ma tale impugnazione non ha comunque effetto sospensivo della misura della espulsione.


A sostegno della inammissibilità della sospensione ex art.295 CPC era intervenuto il Tribunale di Vercelli concludendo per l’inapplicabilità al caso di specie dell’istituto della sospensione necessaria del processo.


Il Tribunale piemontese,dopo aver correttamente premesso che la funzione dell’istituto della sospensione necessaria del processo per pregiudizialità di cause di cui all’art. 295 C.P.C. è esclusivamente quella di evitare la formazione di giudicati confliggenti, riteneva detto pericolo radicalmente escluso nella fattispecie sottoposta al suo esame, in quanto il sindacato del giudice ordinario avrebbe quale suo oggetto esclusivo l’esame dei vizi propri del decreto di espulsione e non anche quello dei vizi inerenti il (presupposto) provvedimento concernente il soggiorno. Sicché, il formarsi di un eventuale giudicato confermativo della legittimità del decreto di espulsione non osterebbe alla automatica caducazione del decreto medesimo in caso di successivo annullamento del diniego di permesso di soggiorno.


Con tale decisione il Tribunale veniva a porsi in consapevole e motivato contrasto con quanto precedentemente affermato,sia pure in via meramente incidentale, dalla Corte di Cassazione(3).


Nel caso esaminato dalla Corte,lo straniero interessato era stato attinto da decreto di espulsione, per ingresso clandestino nello Stato, prima ancora della definizione del procedimento amministrativo conseguente alla sua domanda di concessione “in sanatoria” del permesso di soggiorno. Pertanto, la difesa dello straniero non aveva invocato la pregiudizialità necessaria di un ancora inesistente processo amministrativo, bensì dello stesso procedimento amministrativo concernente il permesso di soggiorno.


La Cassazione,nel rigettare le doglianze dello straniero sull’assunto della insussistenza di pregiudizialità fra i due procedimenti amministrativi, affermava (in modo, evidentemente, del tutto ipotetico e non assertorio ) che l’art. 295 CPC sarebbe stato correttamente invocabile ove il procedimento amministrativo concernente la domanda di permesso di soggiorno fosse stato definito in modo sfavorevole all’interessato, e questi avesse presentato tempestivo ricorso innanzi al giudice amministrativo.


La Suprema Corte,con la innovativa sentenza in commento, perviene ad escludere radicalmente tale pregiudizialità e la necessità di procedere alla sospensione del provvedimento di espulsione in attesa della decisione del Giudice amministrativo.


Tale decisione non può,invero,non suscitare alcune perplessità poiché se appare pacifico che l’invalidità di un singolo atto amministrativo rende indirettamente invalidi anche gli eventuali atti successivi dei quali il primo costituisca il presupposto,e l’eventuale accoglimento da parte del giudice amministrativo del ricorso avverso il diniego del permesso di soggiorno determinerebbe l’automatica caducazione del decreto di espulsione, va pure rilevato che tale ipotetica caducazione si verificherebbe per lo più ad espulsione già eseguita con tutti i comprensibili disagi per lo straniero espulso.


Sul punto la Suprema Corte afferma,del tutto lapidariamente,che Il provvedimento espulsivo ha l effetto istantaneo di imporre l allontanamento dello straniero dall Italia e quello, perdurante nel tempo, di divieto di rientro: in quanto l atto di espulsione produce effetti che durano nel tempo(4),su tali effetti soltanto e non sul provvedi mento avrà efficacia la decisione dei giudici amministrativi in ordine al permesso, consentendo all espulso, in caso di esito positivo del suo ricorso, di domandare di nuovo il permesso stesso e chiedere la revoca dell espulsione e comunque di rientrare in Italia prima del termine finale del divieto di rientro posto dalla legge o dall atto di espulsione, senza commettere i reati di cui ai commi 13 e 13-bis dell art. 13 d.lgs. 286/1998(!!).


La decisione del giudice amministrativo sul permesso,sostiene la Corte, non sarebbe, quindi,antecedente logico di quella del giudice ordinario sul decreto d espulsione, che legittimamente fu emesso per l esistenza della revoca, dell annullamento e del diniego del permesso di soggiorno successivamente annullati dal TAR poichè a seguito della decisione definitiva dei giudici amministrativi di accoglimento del ricorso, lo straniero potrà chiedere al Prefetto la revoca dell espulsione, sempre che il Questore abbia concesso altro permesso, non rigettando la relativa richiesta e non abbia disposto altri annulla menti o revoche del permesso stesso o che questo non sia scaduto e non sia stato rinnovato.


La revoca dell espulsione,secondo la Corte,conseguirebbe alla esistenza d un valido permesso di soggiorno la cui esistenza comporta la cessazione della materia del contendere del processo civile sull opposizione e non l accoglimento di essa,essendo stato comunque all origine legittimo l atto oggetto di sindacato giurisdizionale(5).


La decisione in commento,in definitiva,esclude ogni possibilità di ricorrere alla sospensione necessaria ex art.295 CPC per evitare gli effetti della espulsione esecutiva nei confronti dello straniero cui è stato revocato il permesso di soggiorno,sebbene lo stesso possa ottenere a posteriori dal Giudice amministrativo un provvedimento favorevole.


Unica ipotesi di sospensione del provvedimento di espulsione sino ad oggi contemplata dalla normativa in vigore rimarrebbe unicamente quella prevista dall’art. 2 del D.L.195/2002 che prevede che “fino alla data di conclusione della procedura di cui all articolo 1, non possono essere adottati provvedimenti di allontanamento dal territorio nazionale nei confronti dei lavoratori compresi nella dichiarazione di cui allo stesso articolo, salvo che risultino pericolosi per la sicurezza dello Stato.
Il rilascio del permesso di soggiorno ai sensi dell articolo 1, comma 5, comporta la contestuale revoca degli eventuali provvedimenti di espulsione già adottati nei confronti dello straniero che ha stipulato il contratto di soggiorno”.


Conclude la Corte che la carenza di permesso di soggiorno è solo presupposto dell espulsione e in ordine a detto permesso lo straniero ha un mero interesse legittimo, rispetto al quale l atto del Questore di concessione, diniego, annullamento o revoca resta discrezionale, con la conseguenza che il giudizio amministrativo non fa stato in altri processi, potendo l interesse dello straniero essere sacrificato ancora in rapporto a esigenze da tenere presenti al momento dell emissione del provvedimento amministrativo, di tipo nuovo rispetto a quelle valutate dal giudice amministrativo.
Ostuni, Aprile 2003


**Avvocato In Brindisi


Patrocinante in Cassazione



NOTE


1- v. Cass. sentenza 5127/2003


2-v. Di Muro,Giudizio di impugnazione del decreto di espulsione e quello di annullamento del provvedimento recettivo del permesso di soggiorno


3-v. Cass. Civ., 20/6/2001, n. 8381, per esteso in Diritto, Immigrazione e Cittadinanza, n.1/2001, p. 105


4-v- Cassazione 2746/2002


5- v, in riferimento alla sanatoria dell immigrazione clandestina e alla revoca ex lege delle espulsioni, di cui all art. 2 del d.l. 195/2002, Cassazione 8191/2003.













ALLEGATO


Corte di cassazione


Sezione I civile


Sentenza 1° aprile 2004, n. 6370



SVOLGIMENTO DEL PROCESSO



Al cittadino tunisino Riahi Ridha Ben Amara veniva revocato il permesso di soggiorno per motivi di lavoro valido fino al 2003, con atto del Questore di Pesaro del 6 settembre 2001, per non avere mai lavorato e non essere reperibile al domicilio dichiarato e per essere stato arrestato per spaccio di stupefacenti, potendosi ritenere persona pericolosa per la sicurezza pubblica, ex art. 1, n. 2, della l. 1423/1956, modificato dall art. 2 della l. 327/1988.

Il Prefetto di Pesaro e Urbino rigettava l impugnazione di detta revoca, con atto del 24 ottobre 2001 contro il quale era preposto ricorso al TAR delle Marche, che fissava l udienza per l eventuale sospensione dell atto il 7 maggio 2002.

In data 24 aprile 2002 il Prefetto di Pesaro e Urbino emetteva decreto di espulsione di Riahi Ridha Ben Amara ex art. 13, comma 2, lett. b), d.lgs. 286/1998 per avere revocato il permesso di soggiorno il Questore di Pesaro, e contro questo atto l espulso presentava ricorso al Tribunale di Pesaro, domandando di sospendere il provvedimento e il giudizio civile sino all esito del citato ricorso al TAR delle Marche.

L adito Tribunale, con decreto del 9 maggio 2002, negava la chiesta sospensione del processo, dovendosi la revoca del permesso necessariamente impugnare dinanzi al TAR, e rigettava il ri- corso avverso l espulsione con compensazione delle spese di causa.

Per la cassazione di detto decreto, Riahi Ridha Ben Amara ha proposto ricorso con due motivi, notificato al ministero dell Interno e al Prefetto di Pesaro; il solo Ministero ha resistito con contro ricorso, mentre il Prefetto di Pesaro non ha svolto attività difensiva.



MOTIVI DELLA DECISIONE



1.Preliminarmente deve dichiararsi il difetto di legittimazione passiva del ministro dell Interno (Cassazione 5268/2003, 4847/2002, 2036/2002 e 9084/2000), perché l art. 13-bis del d.lgs. 286/1998, di cui al d.lgs. 113/1999, chiarisce che, nel giudizio contro l atto d espulsione amministrativa, il contraddittorio si instaura tra l espulso e l autorità che ha emesso il provvedimento che è il Prefetto e nel caso quello di Pesaro-Urbino, preposto all Ufficio territoriale del Governo (d.l. 300/1999).



Il ricorso per cassazione proposto contro il ministro dell Interno e il controricorso di quest ultimo, sono quindi inammissibili.



2. I motivi di ricorso lamentano entrambi l omessa sospensione del processo civile, necessaria per la pendenza del ricorso al TAR delle Marche contro la revoca del permesso di soggiorno.


Il primo motivo deduce violazione dell art. 295 in relazione all art. 360, n. 3, c.p.c., per la pregiudizia lità del processo dinanzi al TAR rispetto a questo in corso e rileva che questa Corte ha ritenuto si debba cassare «il decreto con cui il Tribunale abbia rigettato il ricorso proposto dallo straniero, a norma dell art. 13 del d.lgs. 286/1998 contro il provvedimento d espulsione del prefetto, se il giudi ce di merito non abbia motivato sulla richiesta di sospensione del procedimento ex art. 295 c.p.c., per la pendenza dinanzi al giudice amministrativo dell impugnativa del rifiuto di concessione del permesso di soggiorno» (Cassazione 7867/2000 e 8381/2000).

L accoglimento del ricorso al TAR comporta annullamento dell atto di revoca presupposto della espulsione, non avendo il Tribunale ordinario poteri cognitivi sui vizi di legittimità di detto atto.


Il secondo motivo di ricorso denuncia insufficiente e contraddittoria motivazione della decisione impugnata, ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., perché, dopo la riserva del 6 maggio 2002, il Tribunale ha rigettato l opposizione all espulsione, pure perché il ricorrente non aveva dato prova della sospensiva della revoca dal TAR, dopo che il ricorrente aveva comunicato che i giudici amministrativi avevano fissato alla successiva data del 7 maggio 2002 l udienza sulla sospensione cautelare della revoca del permesso di soggiorno.

3. Il ricorso è infondato, perché esattamente il Tribunale di Pesaro non ha sospeso il processo, non ricorrendo i presupposti della sospensione necessaria di cui al primo motivo d impugnazione e mancando ogni decisività del punto rispetto a cui si deduce la motivazione illogica o contraddittoria del decreto.

Non vi è infatti pregiudizialità, logica e giuridica, del processo amministrativo pendente in ordine alla revoca del permesso di soggiorno, rispetto alla presente causa relativa al decreto di espulsio ne.

Si sarebbe dovuto applicare l art. 295 c.p.c., sospendendo necessariamente il presente giudizio, solo se la soluzione di quest ultimo non fosse stata logicamente possibile senza risoluzione pre ventiva del ricorso al TAR, e sempre che la decisione del giudice amministrativo potesse, sul piano giuridico, dare luogo a conflitti tra giudicati.

L esame dei provvedimenti e delle posizioni oggetto di questa causa e del processo amministrativo sugli atti relativi al permesso di soggiorno, esclude la pregiudizialità logico-giuridica di questo alla altra.

Oggetto di questa causa è il provvedimento del Prefetto, che dispone l espulsione dello straniero, per essere stato revocato il permesso di soggiorno dal Questore, ex art. 5, comma 5, d.lgs. 286/1998, con atto contro il quale v è stato prima ricorso gerarchico al Prefetto e poi l impugnazio ne al TAR delle Marche, ex art. 6, comma 10, dello stesso d.lgs.

La situazione soggettiva per la quale lo straniero può soggiornare in Italia, a differenza di quella del cittadino (art. 16 Cost.), non è diritto soggettivo ma ha carattere affievolito e natura di interesse legittimo, sul quale naturalmente ha giurisdizione il solo giudice amministrativo.

Il decreto d espulsione, «immediatamente esecutivo, anche se sottoposto a gravame o impugnativa dell interessato» (art. 13, comma 3, d.lgs. 286/1998, come modificato dalla l. 189/2002), comporta accompagnamento coattivo alla frontiera o eventuale trattenimento a cura del Questore (art. 14), con il divieto di reingresso in Italia, per un periodo oggi di dieci anni e comunque non minore di cinque anni (in passato da tre a cinque anni) e determina quindi restrizioni alla libertà personale, incidendo su un diritto fondamentale della persona riconosciuto dalla Costituzione (artt. 2 e 13) a tutti, cittadini e stranieri: esso è quindi soggetto al controllo giurisdizionale dell A.G.O. (sulla giurisdizione in materia di espulsione, S.U. 2513/2002).

Proprio perché incide su "diritti", il provvedimento di espulsione ha carattere obbligatorio e vin colato e si deve emettere per il solo fatto del verificarsi delle circostanze indicate nell art. 13, comma 2, lett. b) e c), del d.lgs. 286/1998 (Cassazione 66963/2003, 5127/2003, 11725/2002, 9499/2002, 5050/2002, 16030/2001, tra molte); il Prefetto deve motivare l atto con l indicazione delle ragioni che l impongono, per consentire al destinatario di esso di difendersi (così Cassazione 6535/2002).

Il controllo dell A.G.O. sul provvedimento prefettizio è quello del riscontro dell esistenza, al momento dell espulsione, dei requisiti di legge che lo impongono: legittimo è quindi l atto del Prefetto, ogni volta che vi sia stata revoca o annullamento del permesso di rimanere in Italia, anche se contro detti atti del Questore penda processo dinanzi ai giudici amministrativi, perché la mera carenza del permesso di soggiorno, anche temporanea, fa venir meno il diritto dell immigrato di rimanere in Italia (così la cit. sent. 5127/2003).


Il provvedimento espulsivo ha l effetto istantaneo di imporre l allontanamento dello straniero dall Italia e quello, perdurante nel tempo, di divieto di rientro: in quanto l atto di espulsione produce effetti che durano nel tempo (Cassazione 2746/2002), su tali effetti soltanto e non sul provvedi mento avrà efficacia la decisione dei giudici amministrativi in ordine al permesso, consentendo all espulso, in caso di esito positivo del suo ricorso, di domandare di nuovo il permesso stesso e chiedere la revoca dell espulsione e comunque di rientrare in Italia prima del termine finale del divieto di rientro posto dalla legge o dall atto di espulsione, senza commettere i reati di cui ai commi 13 e 13-bis dell art. 13 d.lgs. 286/1998.

La decisione del giudice amministrativo sul permesso non è quindi antecedente logico di quella del giudice ordinario sul decreto d espulsione, che legittimamente fu emesso per l esistenza della revoca, dell annullamento e del diniego del permesso di soggiorno successivamente annullati dal TAR; a seguito della decisione definitiva dei giudici amministrativi di accoglimento del ricorso, lo straniero potrà chiedere al Prefetto la revoca dell espulsione, sempre che il Questore abbia concesso altro permesso, non rigettando la relativa richiesta e non abbia disposto altri annulla menti o revoche del permesso stesso o che questo non sia scaduto e non sia stato rinnovato.

La revoca dell espulsione consegue alla esistenza d un valido permesso di soggiorno la cui esistenza comporta la cessazione della materia del contendere del processo civile sull opposizione e non l accoglimento di essa, essendo stato comunque all origine legittimo l atto oggetto di sindacato giurisdizionale (così, pur se in riferimento alla sanatoria dell immigrazione clandestina e alla revoca ex lege delle espulsioni, di cui all art. 2 del d.l. 195/2002, Cassazione 8191/2003).

Esclusa la consequenzialità logica del giudizio civile a quello amministrativo, perché in realtà hanno rilievo sul provvedimento oggetto di causa davanti a giudice ordinario solo gli effetti pratici della pronuncia del TAR e non il processo svoltosi davanti a questo (su questo collegamento, cfr. Cassazione 14795/2000), deve negarsi che vi sia pregiudizialità giuridica del processo ammini strativo a quello civile.

Nel presente giudizio è infatti parte, come già rilevato, il Prefetto, mentre nel processo ammini strativo è resistente il ministero dell Interno e, quindi, non possono aversi neppure gli effetti del giudicato per i limiti soggettivi di questo, ex art. 2909 c.c., né lo stesso conflitto potenziale a base della sospensione necessaria, ex art. 295 c.p.c.

Anche a non volere seguire la giurisprudenza che nega la configurabilità astratta della pregiudi zialità del giudizio amministrativo rispetto a quello civile, almeno nell azione risarcitoria (Cassazione 7193/2002), la carenza di permesso di soggiorno è solo presupposto dell espulsione e in ordine a detto permesso lo straniero ha un mero interesse legittimo, rispetto al quale l atto del Questore di concessione, diniego, annullamento o revoca resta discrezionale, con la conseguenza che il giudizio amministrativo non fa stato in altri processi, potendo l interesse dello straniero essere sacrificato ancora in rapporto a esigenze da tenere presenti al momento dell emissione del provvedimento amministrativo, di tipo nuovo rispetto a quelle valutate dal giudice amministrativo.

Deve quindi negarsi che il permesso di soggiorno sia elemento costitutivo del diritto dello straniero a non essere allontanato dall Italia e alla libertà di rientrarvi, di cui è mero presupposto e, pertanto, pure per tale profilo, non v è pregiudizialità e necessità di sospensione (Cassazione 2738/2003).


Non essendovi i presupposti della sospensione necessaria ambedue i motivi di ricorso devono rigettarsi, per non essersi violato l art. 295 c.p.c. e non potersi ritenere decisiva per la motivazione l eventuale pronuncia sulla sospensiva anche positiva del TAR.

In conclusione il ricorso, inammissibile nei confronti del ministro dell Interno, deve rigettarsi rispetto al Prefetto di Pesaro-Urbino e, per l inammissibilità del controricorso del ministro, le spese del presente giudizio tra questo e il ricorrente devono compensarsi, mentre nulla deve disporsi per le spese nei confronti del Prefetto che non si è difeso.



P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso nei confronti del Prefetto di Pesaro - Urbino; compensa le spese tra il ricorrente e il ministro dell Interno.







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