Corte d’Appello di Genova
Sentenza 21 gennaio 2005
Presidente Russo, Consigliere Ghinoy, Consigliere Relatore Ravera
Lavoratore marittimo – Visita medica – Errata valutazione di idoneità alla navigazione – Peggioramento condizioni di salute – Danno biologico e morale – Sussistenza
Breve nota di commento a cura del dott. Mario Tocci
La visita medica finalizzata e prodromica alla valutazione dell’idoneità di un lavoratore marittimo alla navigazione – contemplata dall’articolo 4 della legge 28 ottobre 1962 numero 1602 – ha una duplice finalità: quella di garantire che non sia avviato al servizio un lavoratore non efficiente dal punto di vista psico-fisico e l’altra di assicurare che eventuali imperfezioni psico-fisiche del lavoratore medesimo non abbiano a ricadere sulla sicurezza della navigazione e sulla salute degli altri lavoratori.
A tale assunto è pervenuta la sezione lavoro della Corte Suprema di Cassazione con la sentenza numero 5082 del 10 maggio 1995 (Presidente Micali, Relatore Evangelista).
In relazione alla prima delle due individuate finalità, il collegio medico competente che ometta di considerare lo stato patologico del lavoratore e ne permetta l’avviamento al servizio così determinando un aggravamento della malattia cagiona al lavoratore medesimo danno biologico e danno morale (da riconoscersi – come chiarito dai giudici di legittimità con l’ormai celeberrima pronuncia numero 8827 del 2003 – in tutte le ipotesi di lesione di interessi costituzionalmente tutelati), al cui risarcimento sono tenuti i Ministeri di derivazione (Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti, subentrato anche al Ministero della Marina Mercantile, e Ministero della Salute).
Sulla base di questa motivazione, la sezione lavoro della Corte d’Appello di Genova ha accolto – diversamente dall’organo giurisdizionale di grado inferiore – la domanda risarcitoria di un lavoratore marittimo avviato al lavoro sebbene affetto da una particolare forma di epatite e aggravatosi proprio per effetto dello svolgimento delle mansioni di pertinenza.
Corte d’Appello di Genova
Sentenza 21 gennaio 2005
Presidente Russo, Consigliere Ghinoy, Consigliere Relatore Ravera
Svolgimento del processo
Con ricorso al tribunale di Genova il sig. Tizio conveniva in giudizio l allora Ministero della Marina mercantile e quello della Salute ed il SASN (Servizio Assistenza sanitaria Naviganti) di Genova, al fine di ottenere la condanna al pagamento in proprio favore della complessiva somma di lire 1.778.122.000 come specificata nell atto di ricorso, oltre agli interessi e rivalutazione, ed alle spese e compensi di giudizio.
Secondo il ricorrente, a causa dell erroneità delle certificazioni del SASN di Genova, in base alle quali, a seguito delle visite mediche succedutesi dall aprile 1992 al luglio 1993- risultava "positivo HCV"", ma idoneo alla navigazione, la malattia si sarebbe aggravata al punto tale da cronicizzarsi. I convenuti si costituivano in giudizio chiedendo il rigetto della domanda che veniva respinta dal tribunale di Genova in quanto la virulentizzazione del virus C non poteva essere avvenuta a causa del mancato giudizio di inidoneità da parte delle commissioni mediche, sicché non si poteva ravvisare alcun nesso di causalità tra la condotta dell autorità amministrativa e l evento danno.
Avverso tale sentenza ha interposto appello il sig. Tizio il quale si duole della contraddizione intrinseca della sentenza che dapprima ha affermato che in caso di malattia asintomatica non è possibile alcun trattamento, per poi affermare che è raccomandato un ritmo di vita regolare, ritmo regolare negato proprio dai medici che avevano dichiarato idoneo il ricorrente. Contestava in particolare che il ricorrente non avesse sintomi (avendo denunciato digestione impossibile, senso di vomito, vertigini, brividi, afte alla bocca e alla lingua -scambiate per candida- arsura, astenia), sintomi tra l altro emergenti dalla documentazione e confermati dal CTU di primo grado, consulente che aveva affermato in maniera inequivoca che <la valutazione del danno da me indicata in CTU debba essere posta in esclusiva correlazione con il fatto che il ricorrente abbia continuato a navigare>. Il che voleva dire, secondo l appellante, che alla data indicata dal CTU egli con adeguate cure e corretto stile di vita poteva risolvere la malattia, come chiarito e confermato dal CTU nei chiarimenti resi. Contestava poi che i test fossero nella norma come ritenuto dal tribunale perché era documentato un progressivo aumento dei valori del test RIBA. Non era poi vero che il Tizio fosse rimasto imbarcato sino al 1995 il che era frutto di errore di fatto del primo giudice . Non era inoltre vero che il ricorrente fosse bevitore e fumatore, dati sempre negati ed esclusi in anamnesi. Evidenziava che il ricorrente era stato disposto di comandata e quindi aveva svolto lavoro particolarmente pesante e stressante. Chiedeva pertanto la riforma dell impugnata sentenza.
Per i Ministeri convenuti si costituiva l Avvocatura dello Stato che chiedeva la conferma dell impugnata sentenza.
All odierna udienza i difensori discutevano la causa che veniva decisa dal Collegio con separato dispositivo di cui veniva data pubblica lettura.
Motivi della decisione
L appello è fondato nei termini di cui in appresso.
Il ricorrente, marittimo con qualifica di 1° ufficiale di coperta, lamenta che nonostante fosse risultato positivo al test HCV-RNA durante la visita medica effettuata dal SASN (Servizio assistenza sanitaria) sia nel luglio 1992 che nelle successive visite mediche, veniva dichiarato idoneo alla navigazione sino al 7.9.1994. Solo in quella data veniva dichiarato temporaneamente non idoneo per divenirlo definitivamente in data 14.7.1995 con diagnosi di <epatite cronica attiva HCV correlata>.
La prima questione da affrontare è se il ricorrente nonostante la dichiarazione di idoneità alla navigazione fosse invece da dichiararsi non idoneo.
Al riguardo occorre preliminarmente richiamare la normativa specifica del settore marittimo che quanto alla idoneità alla navigazione (per l idoneità fisica della gente di mare di 1^ categoria, corrispondente alla 1^ e 2^ categoria di cui all art. 115 c.n.) trova disciplina nel Regio decreto-legge 14.12.1933 n. 1773, convertito nella legge 22 gennaio 1934 n. 244 nonché nella l. 28.10.1962, n. 1602. Mentre il regio decreto elenca infermità, imperfezioni e difetti fisici di cui l accertamento sanitario deve tenere conto, la legge del 1962 specifica che oltre tali elementi si deve tenere conto anche dei seguenti elementi:
a) che le imperfezioni o malattie riscontrate non costituiscono pericolo per la salute dell altro personale di bordo;
b) che le imperfezioni o malattie riscontrate non siano tali da venire aggravate dal servizio di bordo o da rendere il soggetto inadatto a tale servizio.
In particolare poi, per quanto riguarda la visita di imbarco, di cui all art. 323 c.n., essa deve limitarsi a constatare l esistenza di malattie contagiose o acute in atto (art. 7 l. 1602/62).
Dal combinato disposto delle citate normative emerge il fatto che la valutazione di idoneità alla navigazione deve riguardare non solo la sussistenza di una infermità, imperfezione e difetto fisico previsto dal citato regio decreto ma anche la ricaduta che tali situazioni possano avere sulla salute degli altri marittimi e dello stesso lavoratore arruolato.
In particolare, per quanto riguarda la visita di imbarco, prevista dall art. 323 c.n. la disposizione codicistica indica anche il fine di tale visita, visita che è <diretta ad accertare l idoneità della persona da arruolare in rapporto al servizio cui deve essere adibita>.
Proprio quest ultima disposizione, tenuto conto del combinato disposto degli artt. 32 Cost. e 2043 c.c., se interpretata in maniera conforme alla Costituzione, porta a ritenere che all arruolato non possa derivare nocumento dal servizio al quale è destinato. Idoneità a svolgere il servizio significa che il lavoratore si trova nelle condizioni psico fisiche per svolgere il servizio cui deve essere adibito ma anche che il servizio non deve costituire causa o concausa di aggravamento delle sue condizioni. Le disposizioni di dettaglio infatti fanno espresso riferimento sia a situazioni preventive (aggravamento delle condizioni psico fisiche per causa di servizio art. 1 lett.b) l. 1602/62) sia a malattie acute (art. 7 l. 1602/62). In sostanza il servizio non deve incidere sulle condizioni di salute del marittimo quando costui non si presenti idoneo. La normativa è poi particolarmente rigorosa perché mentre agli accertamenti sanitari validi due anni (quelli previsti dal regio decreto e successive integrazioni: cfr. art. 4, 2° co. l. 1602/62), l art. 323 prevede obbligatoriamente la visita medica d imbarco proprio per evitare l arruolamento di soggetti momentaneamente non idonei. Se è vero che in tal caso la disposizione fa riferimento alle sole malattie acute in atto, essa deve comunque coordinarsi con il rispetto del principio del neminem laedere e dell inviolabilità del diritto alla salute.
Orbene, nel caso in esame è di assoluta evidenza la responsabilità del SASN. Infatti come emerge sia dalla consulenza medico legale licenziata in primo grado sia da quella in secondo grado (quest ultima redatta a quattro mani da medico legale -dott. T. - e specialista in malattie infettive -dott. D., medico presso l ospedale San Martino di Genova) è inequivoco il fatto che il ricorrente era inidoneo alla navigazione.
Le considerazioni medico legali sono al riguardo estremamente chiare. Innanzitutto la storia clinica dell appellante.
<Il sig. Tizio, in qualità di marittimo, si imbarcava il 22.4.1992 sulla motonave K. con mansioni di Primo Ufficiale e come tale responsabile della sicurezza della nave. L imbarco avveniva dopo visita medica di controllo da parte del SASN di Genova che dichiarava la piena idoneità del soggetto al tipo di prestazione lavorativa. Nel luglio 1992, a causa della comparsa di una sintomatologia dispettica con astenia, nausea, vomito, senso di malessere, si sottoponeva ad alcuni accertamenti clinici e richiedeva visita medica al SASN di Genova, Al termine degli accertamenti si riscontrava positività per HCV, lieve rialzo della birilubinemia diretta e indiretta, mentre risultavano normali gli enzimi epatici; gli altri indici di funzionalità epatica come gli esami sierologici e l esame emocronocitometrico non presentavano alterazione, Secondo la relazione medica redatta presso il DIMI nello stesso mese (24.7.92) la positività indicava "avvenuto contatto con HCV e possibile persistenza del virus nell organismo" ossia la positività poteva essere messa in relazione con una pregressa infezione da virus C, il che corrispondeva ad una condizione di portatore sano, o con una infezione ancora in atto confermando l assenza di danno epatico in atto. Successivamente effettuava nuovi esami di controllo presso le strutture sanitarie del SASN di Genova (novembre 92 -aprile 93 e luglio 93). In tutti i controlli si segnalava epotomegalia con piccola insufficienza epatica e positività dei markers epatici (TEST HCV-RIBA ++). Veniva comunque giudicato abile. Nel luglio 1993 il Tizio veniva sbarcato per un infortunio accidentale e, per la persistenza di disturbi dispeptici si sottoponeva a nuovi accertamenti c/o SASN di Genova. Dal 26.3.1994 al 1.4.1994 si ricoverava presso il Policlinico Università di Messina, durante il quale si sottoponeva a biopsia epatica con il seguente referto "nel frustolo di tessuto epatico in esame spicca un reperto di intensa statosi a grosse gocce. Begli spazi portali si evidenziano alterazioni degne di nota". La diagnosi clinica formulata dai sanitari era "statosi epatica HCV correlata". Nel settembre 1994 veniva sottoposto a visita medica presso il SASN di Messina e riconosciuto inabile al lavoro dalla Commissione di I grado; il provvedimento, inizialmente temporaneo, veniva poi ratificato il 14.7.95 con un giudizio di permanente non idoneità alla navigazione per 2epatite cronica attiva HCV correlata". Da gennaio 95 il sig. Tizio è stato preso in cura c/o il reparto di malattie infettive dell ospedale di Messina e sottoposto a cicli di terapia con interferone. Allo stato attuale il soggetto riferisce miglioramento della sintomatologia sia pure con periodica recrudescenza di sintomi quali astenia, nausea, inappetenza> (CTU da pag. 14 a pag. 15).
La condizione attuale del sig. Tizio, quale risultante all esito della visita effettata dai CTU è la seguente: <la visita medica ha confermato il reperto di epatomegalia, essendo il margine inferiore palpabile a due dita dall arco costale, in accordo con il dato ecografico che dimostra una ecostruttura disomogenea, ipercogena compatibile con una statosi epatica. Al momento non sono presenti segni ecografici né laboratoristici di epatite cronica ad evoluzione cirrotica> (CTU pag. 15).
Alla luce della situazione sopra descritta i consulenti hanno dato risposta ai quesiti posti da questa Corte di seguito trascritti:
"Dica il CTU se l appellante nel periodo di causa fosse o meno idoneo all imbarco ed in caso di risposta negativa dica se e in quale misura l appellante abbia subito danno biologico conseguenza degli imbarchi per i quali non risultava idoneo".
La risposta ai quesiti sopra formulati è stata la seguente:
<-il sig. Tizio a partire dal luglio 1992 non era idoneo all imbarco in quanto gli accertamento dei laboratorio, eseguiti in presenza di una specifica sintomatologia dispeptica, avevano evidenziato una positività dei markers dell epatite C, il che indicava o un pregresso contagio o una infezione in atto;
- tale condizione imponeva, anche in assenza di specifico danno epatico, un atteggiamento cautelativo che in primo luogo doveva prevedere l eliminazione di tutti i reali e potenziali fattori di rischio: la condotta corretta sarebbe stata quella di allontanare il soggetto dall ambiente di lavoro e prescrivere un periodo di riposo assoluto e adeguato regime igienico-dietetico, nonché predisporre un monitoraggio clinico e strumentale, con eventuale intervento terapeutico, dell evento morboso;
- il principale fattore di rischio era infatti rappresentato dalla tipologia dell ambiente di lavoro che prevedeva lo svolgimento di attività faticose, svolte per lo più in ambienti insalubri, con turni irregolari e inevitabili alterazione del bioritmo coadiuvato da concomitanti situazioni di stress; altre condizioni aggravanti o favorenti il progredire della malattia sono genericamente rappresentate da alcool e fumo e disordini alimentari. A tal proposito occorre precisare come dalla raccolta anamnestica non risulti abuso di sostanze alcoliche né abitudine al fumo e comunque, ove presenti, essi rivestirebbero sempre un ruolo parziale. Per contro l attività lavorativa era particolarmente impegnativa richiedendo partecipazione a lavori pesanti per operazioni di manutenzione e straordinaria sulla nave, ormeggi e attività di tipo sanitario;
- il proseguimento dell attività lavorativa ha impedito che fossero messe in atto le procedure igienico-dietetiche, di controllo clinico e strumentale e farmacologiche, atte a controllare l evoluzione dell infezione, fermo restando che difficilmente si sarebbe potuta avere una guarigione completa e che il ricorrente avrebbe dovuto comunque mantenere per tutta la sua vita abitudini più che regolari> (CTU da pag. 15 a pag. 16).
Alla luce di tali considerazioni medico legali, su cui non vi è stata contestazione specifica e che conseguentemente non vi è ragione di discostarsene, la responsabilità cioè la colpa dei sanitari del SASN genovese è di tutta evidenza. Essi infatti non hanno per negligenza e imperizia posto in essere alcuna delle misure preventive che la scienza medica impone in casi del genere. Il ricorrente non era asintomatico ma presentava una sintomatologia che trovava tra l altro oggettivo riscontro negli esami di laboratorio (positività per HCV). Il fatto poi che da tale quadro iniziale le conseguenze potessero essere sia una pregressa infezione da virus C sia una infezione in atto, evidenzia la leggerezza con cui i medici si siano comportati tenuto conto che comunque la visita di imbarco deve costatare l esistenza di malattie contagiose o malattie acute in atto (cfr. art. 7 l. 1602/62), sicchè nel caso in esame nel dubbio, la prudenza imponeva un giudizio di temporanea inidoneità (potendo si il Tizio essere portatore sano, ma anche fonte di contagio nonché portatore di una malattia acuta).
Quanto al nesso causale i consulenti hanno messo in evidenza il fatto che dalla mancata reiterata inidoneità è derivato un danno (o per lo meno un maggior danno) che tenuto conto dei barème orientativi in uso per la valutazione dell invalidità permanente è stato quantificato nel 30% (comprensivo di una componente ansioso reattiva alla consapevolezza del proprio stato di "portatore di virus" <quindi potenzialmente contagiante> e alle implicazioni della malattia stessa <potenzialmente evolutiva verso la cirrosi>) (CTU pag. 17). Non privo di rilievo, in punto nesso causale, la oggettiva constatazione (emergente dai documenti in atti) che gli esami ematochimici del 1992, sostanzialmente nei limiti della norma, siano progressivamente peggiorati (il CTU di primo grado aveva al riguardo evidenziato correttamente una <virulentizzazione del virus C>): peggioramento su cui ha inciso proprio il mancato giudizio di inidoneità e la conseguente eliminazione dei fattori di rischio (tra cui in particolare l attività lavorativa soprattutto se faticosa e stressante).
Quanto all attività svolta dal Tizio, l Avvocatura dello Stato nella discussione orale ha evidenziato, che in realtà il lavoratore non si trovava in navigazione ma in comandata sicchè svolgeva attività non particolarmente disagiata.
Ritiene il collegio che tale questione sia priva di rilievo, Innanzitutto i CTU hanno valutato la patologia da cui è affetto il Tizio proprio in rapporto all attività lavorativa in concreto svolta dal ricorrente cioè con l attività di comandata. A pag. 16 della CTU, passo peraltro sopra riportato, si fa infatti esplicito riferimento ad <attività particolarmente impegnativa richiedendo partecipazione a lavori pesanti per operazioni di manutenzione ordinaria e straordinaria sulla nave, ormeggi e attività di tipo sanitario>.
Al riguardo, e per chiarezza, è opportuno ricordare secondo autorevole dottrina che <originariamente per lavoro di comandata si intendevano le prestazioni effettuate da personale immatricolato tra la gente di mare, a bordo di navi durante le soste in porto per l espletamento di lavori di comune manutenzione della nave, di rimpiazzo di componenti l equipaggio in licenza o in rinforzo di componenti l equipaggio stesso (in gergo marinaro la comandata vaniva chiamata corvé)>. Peraltro i contratti collettivi hanno poi esteso il servizio di comandata anche a prestazioni non compiute a bordo di navi e solamente a fini previdenziali il legislatore ha dato una definizione della comandata. L art. 3 punto e del DM 12.3.1953 stabilisce che <l assicurazione comprende, altresì (…) le persone adibite temporaneamente ai servizi speciali durante il disarmo o la sosta della nave in porto (personale di comandata)>. Ma nel caso in esame, il Tizio era 1^ ufficiale, la comandata non è altro che un modo di esecuzione del contratto di arruolamento come affermato dalla giurisprudenza della Suprema Corte: infatti, <alla disciplina particolare del contratto di arruolamento, che consiste nella "prestazione di servizio su una nave" o "su più di esse successivamente" (art. 327 cod. nav.), partecipa il c.d. contratto di comandata, che è una specie, ed è caratterizzato dall impiego di marittimi in attesa d imbarco in prestazioni provvisorie consistenti in attività di "riparazioni e manutenzioni di bordo" e perciò sempre a servizio della nave, benché non in navigazione, ma finalizzato all atto della navigazione. In difetto di tali discriminanti caratteri, il rapporto di "comandata" a terra si deve qualificare come contratto di diritto comune, difettando appunto il "servizio su nave", pur ancorata in porto (Cass. 13.9.1991, n. 9562, FI, 1993, I, 2930)>.
Comunque il medico legale, sentito a chiarimenti su specifica richiesta dell Avvocatura dello stato ha precisato in maniera inequivoca che <Tizio non era idoneo all imbarco perché la tipologia dell attività lavorativa e l ambiente di lavoro costituiva un importante fattore di rischio. Ciò è valido anche nell ipotesi di lavoro nautico di comandata in quanto nelle condizioni in cui Tizio si trovava dovevano essere eliminati tutti i fattori di rischio sia igienico-sanitari che alimentari, necessitando inoltre la persona di riposo (evitando stress legali ad un certo tipo di attività lavorativa)>.
Venendo ora alla quantificazione del danno il ricorrente con il ricorso di primo grado ha specificato le seguenti voci di danno:
a) danno da invalidità lavorativa specifica;
b) danno da mancata indennità di malattia dal 15.10.1993 al 14.7.1995;
c) danno biologico;
d) danno morale;
e) danno per cure, terapie, spese varie
Occorre, in limine, rilevare come le voci di danno sub a), b) ed e) non possano trovare accoglimento.
La richiesta di danno da invalidità lavorativa specifica è innanzitutto in contraddizione con la causa petendi sottesa alla domanda con cui il ricorrente ha sostenuto che non doveva più lavorare: Tizio infatti non poteva e non doveva più lavorare come marittimo. Peraltro se il comportamento dei sanitari ha determinato un maggior danno, la situazione di inidoneità alla navigazione si sarebbe comunque verificata in quanto il fatto generatore la patologia non è collegabile causalmente con la condotta dei medici del SASN. In altri termini la patologia che ha portato alla inidoneità specifica è stata contratta dal Tizio non per colpa dei medici del SASN, ma per causa ignota: i medici con il loro comportamento hanno ritardato il giudizio di inidoneità che, se fossero stati diligenti, avrebbero dovuto dichiarare sin dall inizio.
Anche il riconoscimento del danno conseguente al mancato riconoscimento del periodo di malattia non può trovare accoglimento perchè il Tizio è vero che in tale periodo non ha percepito tale indennità ma è anche vero che ha percepito la retribuzione (e le relative indennità), sicchè nessun danno si è verificato.
Quanto alla richiesta di rimborso relativo alle spese mediche sostenute (per oltre 5 milioni) non vi è in atti alcuna allegazione o documento che comprovi l assunto attoreo (neppure sotto forma di capitolazione di prova orale) sicché anche questa voce di danno deve essere rigettata.
Merita invece accoglimento il riconoscimento del danno biologico a seguito di quanto sopra evidenziato, nonché di quello morale, sia che lo si voglia intendere tradizionalmente come conseguenza delle lesioni colpose (ex art. 2059 c.c. e 185 c.c.), lesioni connesse all accertato aggravamento (c.d. danno morale soggettivo) sia che lo si voglia intendere come danno non patrimoniale esistenziale (ex art. 2059 c.c., nella lettura costituzionalmente orientata offerta dalla Suprema Corte 31.5.2003, n. 8827). Nel caso in esame infatti deve stigmatizzarsi il fatto che il ricorrente, che aveva denunciato una precisa sintomatologia, ha visto opposto dal luglio 1992 al settembre 1994 un giudizio di idoneità al lavoro con ciò rendendo più pesante e stressante la sua condizione di ammalato.
Quanto al danno biologico, tenuto conto che il ricorrente al momento del fatto (1.4.1992) aveva 40 anni e che l invalidità accertata dal CTU è del 30%, deve liquidarsi la somma di € 129.616,65 (calcolo effettuato con le tabelle in uso al tribunale di Genova, tabelle a punto: € 77040,28 danno biologico al 1.1.2003, devalutato al 1.4.1992, a lire 55.982,03, rivalutato con interessi sulle somme via via rivalutate dal 1.4.1992 al 21.1.1995= € 129.616,65 di cui € 73.634, 62 per interessi e rivalutazione dal fatto a oggi).
Il danno morale può essere liquidato nella misura di 1/3 di quello biologico, e quindi in € 43.205, 55. Tali somme devono essere gravate di interessi legali da oggi al saldo.
Le spese del giudizio di entrambi i gradi, vengono compensate per metà tenuto conto del parziale accoglimento delle domande e nella frazione residua, nella misura indicata in dispositivo, seguono la soccombenza. Le spese di ctu vengono poste definitivamente a carico solidale dei Ministeri convenuti.
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando sull appello proposto contro la sentenza n. 1254 emessa in data 3.5.2001 dal Tribunale di Genova, in riforma della sentenza impugnata, condanna i Ministeri in solido tra loro a pagare a Tizio le somme di € 129.616, 65 a titolo di danno biologico e 43.205,55 a titolo di danno morale, comprensivi di rivalutazione monetaria e interessi legali sulle somme via via annualmente rivalutate dall aprile 1992 ad oggi, oltre interessi legali da oggi al saldo.
Rigetta le ulteriori domande proposte. Compensa per metà le spese di entrambi i gradi del giudizio e condanna i Ministeri convenuti in solido tra loro a rifondere all appellante la frazione residua, frazione che liquida per ciascun grado in € 6,00 per esborsi, € 800,00 per diritti ed € 2500,00 per onorari oltre rimborso spese forfetario, IVA e CPA
Pone definitivamente a carico dei Ministeri convenuti le spese di CTU.
Genova, 21.1.2005
Il Presidente (Giovanni Russo) Il consigliere estensore (Enrico Ravera)