DOVERI DEL DATORE DI LAVORO NELL’AVVIAMENTO AL LAVORO DI PERSONE CON MINORAZIONI CON CONTRATTO DI LAVORO STIPULATO CON PATTO DI PROVA
Sebbene in caso di avviamento di invalido per assunzione obbligatoria ai sensi della legge n.482 del 1968, il contratto di lavoro possa essere stipulato con patto di prova, è necessario che le mansioni affidate siano compatibili con la minorazione dell’invalido. Peraltro, in caso di esito negativo della prova, è valido il recesso del datore di lavoro dal rapporto, purchè l’esperimento sia effettivo, tenga conto della ridotta capacità lavorativa dell’invalido e che il recesso stesso sia motivato con l’indicazione delle ragioni, serie ed obiettive, che non hanno consentito il superamento del periodo di prova, indipendentemente da qualsiasi valutazione della minorazione dell’invalido.
La giurisprudenza ha costantemente affermato che, in caso di nullità del patto di prova, l’assunzione si considera definitiva dall’inizio del rapporto, con conseguente applicabilità della normativa di legge in materia di licenziamento(tra le tante Cass. 26 maggio 1995, n.5811), con l’obbligo del datore di lavoro all’integrale risarcimento del danno dal licenziamento alla effettiva riassunzione.
dott. Filippo Cappetta
Sentenza n.489 del 18.4.97
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Brindisi, Sezione del Lavoro composto dai Magistrati:
1) dott. Mario Fiorella Presidente rel.
2) dott. Valentino Lenoci Giudice
3) dott. Giovanni Surdo Giudice
ha pronunziato la seguente
SENTENZA
Nella controversia in materia di lavoro in grado d’appello iscritta nel ruolo generale degli affari generali contenziosi sotto il numero d’ordine 1991 dell’anno 1995
tra
I.C.I. S.p.A., in persona del legale rappresentante,
appellante
contro
Sig. …………
appellato
All’udienza di discussione del 20 dicembre 1996 la causa veniva decisa sulle conclusioni rassegnate dai procuratori delle parti.
L’avv. ….. si riportava all’atto di appello e ne chiedeva l’accoglimento.
L’avv. ……. chiedeva il rigetto del gravame.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso del 10 maggio 1995 la I.C.I. S.p.A., in persona del legale rappresentante, proponeva appello avverso la sentenza del 22 marzo 1995 con la quale il pretore di Brindisi l’aveva condannata a reintegrare il Sig….. nel posto di lavoro e a corrispondergli le retribuzioni maturate sino all’effettiva reintegrazione, chiedeva, in riforma dell’impugnata decisione, il rigetto della domanda proposta dal Sig. …innanzi al pretore.
Si costituiva l’appellato e chiedeva il rigetto del gravame e la condanna della I.C.I. al pagamento delle ulteriori somme maturate a titolo di retribuzione sino alla riassunzione.
All’odierna udienza di discussione la causa passava in decisione sulle conclusioni riportate in epigrafe.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Lamenta innanzitutto la società appellante che il primo giudice non abbia correttamente applicato i principi in tema di patto di prova nel rapporto di lavoro con un soggetto assunto obbligatoriamente: la legittimità dello stesso patto comporterebbe, come in tutti i casi di rapporto di lavoro in prova, la facoltà di recesso del datore di lavoro senza neanche la necessità di fornire al lavoratore alcuna motivazione e senza che il giudice possa esercitare il sindacato sull’uso del potere discrezionale dello stesso datore. Avrebbe errato, quindi, il pretore ad entrare nel merito del recesso, ritenendo il patto fraudolentemente apposto essendo stato troppo breve il periodo di prova effettuato, con l’affidamento di mansioni non previste nel patto, ed avendo dato credito alla deposizione del testimone … che riferisce di minacce di immediato licenziamento al momento della instaurazione del rapporto di lavoro in considerazione della evidente memomazione fisica del Sig….. .
Aggiunge l’appellante che, in ogni caso, per la predetta menomazione il lavoratore non era in grado di svolgere le normali mansioni, creando intralcio all’attività dell’azienda, che non può essere tenuta a modificare la propria organizzazione in funzione dell’avviato obbligatorio, addirittura creando nuove mansioni a lui adeguate, nell’ipotesi, come nel caso in esame, di incollocabilità in quelle normalmente previste.
Si osserva che, per costante giurisprudenza, pur essendo vero che in caso di avviamento di invalido per assunzione obbligatoria ai sensi della legge n.482 del 1968, il contratto di lavoro può essere stipulato con patto di prova, è necessario che le mansioni affidate siano compatibili con la minorazione dell’invalido. E’ anche vero che in caso di esito negativo della prova, è valido il recesso del datore di lavoro dal rapporto; è necessario, tuttavia, che l’esperimento sia effettivo, tenga conto della ridotta capacità lavorativa dell’invalido e che il recesso stesso sia motivato con l’indicazione delle ragioni, serie ed obiettive, che non hanno consentito il superamento del periodo di prova, indipendentemente, questa volta, da qualsiasi valutazione della minorazione dell’invalido.
Tutto questo non è avvenuto nel caso in esame, per espressa ammissione dell’appellante che si limita ad affermare il proprio incondizionato potere di recedere dal rapporto in prova, sulla semplice constatazione, peraltro neanche espressa in sede di recesso, che la menomazione del Sig. … non consentiva il fruttuoso impiego dello stesso nelle attività lavorative dell’azienda.
Pertanto, indipendentemente dall’esito della prova testimoniale, peraltro illuminante sulla precisa volontà della società appellante di non sottostare agli obblighi imposti dalla predetta legge n.482 del 1968, il recesso deve considerarsi illegittimo perché l’esperimento non fu effettivo e fu di durata inferiore al termine convenuto, in violazione dell’art.2096, terzo comma, c.c., e perché lo stesso recesso fu motivato e, dopo la contestazione giudiziaria, le motivazioni addotte non tengono conto del dovere di affidare mansioni compatibili con le limitate capacità del lavoratore, che, peraltro, non sembrano aver influito sul normale svolgimento dell’attività lavorativa, ma si basano soltanto sulla pretesa potestà di recesso non esistendo nell’azienda attività lavorative adeguate alla menomazione del Sig. …. .
Con un ulteriore motivo, l’appellante assume che la tutela apprestata per l’ipotesi di recesso illegittimo durante il periodo di prova non sia quella reale di cui all’art.18 della legge n.300 del 1970, ma soltanto la possibilità alternativa a completare il periodo di prova interrotto o a percepire la retribuzione per i giorni di prova non lavorati.
Anche su tale punto la giurisprudenza ha costantemente affermato che, in caso di nullità del patto di prova, l’assunzione si considera definitiva dall’inizio del rapporto, con conseguente applicabilità della normativa di legge in materia di licenziamento. Tale principio, affermato in generale per tutti i casi di assunzione in prova (tra le tante Cass. 26 maggio 1995, n.5811), è stato particolarmente ribadito per le assunzioni obbligatorie in cui si verifica la violazione di norme imperative.
Infine, la I.C.I. lamenta che il primo giudice, nel determinare il risarcimento del danno da illegittimo licenziamento, non abbia tenuto conto del fatto che il lavoratore, una volta licenziato, non abbia cercato una nuova occupazione, quantomeno iscrivendosi nuovamente negli elenchi speciali per le categorie protette.
Tale assunto è stato smentito dalla documentazione prodotta dal Sig. ….. che dimostra la sua diligenza per evitare che il danno da licenziamento si aggravasse per sua incuria: infatti, l’attestato in atti dimostra che, nel periodo tra il licenziamento e la successiva riassunzione da parte della I.C.I., il lavoratore fu riscritto nelle liste di collocamento per i lavoratori aventi diritto all’avviamento obbligatorio.
L’appello deve essere, quindi, rigettato.
Quanto alla richiesta dell’appellato di condanna della I.C.I. al pagamento delle ulteriori somme a lui dovute sino al momento dell’effettiva riassunzione, si osserva che tale condanna è già contenuta nella sentenza impugnata, e che la liquidazione sino al 30 settembre 1994 viene integrata dalla affermazione dell’obbligo della società appellante all’integrale risarcimento del danno dal licenziamento alla effettiva riassunzione.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il tribunale, definitivamente pronunciando sull’appello proposto con ricorso del 10 maggio 1995 da I.C.I. S.p.A., in persona del legale rappresentante, avverso la sentenza del pretore di Brindisi del 22 marzo 1995, nei confronti del Sig. …. , rigetta l’appello e condanna l’I.C.I. alla rifusione, in favore dell’appellato delle spese del presente grado di giudizio, liquidate in complessive £ 1.800.000, di cui £ 1.000.000 per onorari d’avvocato.
Brindisi, 20 dicembre 1996
Il Presidente rel.
(F.to: dott. Mario Fiorella)
Depositato in cancelleria il 18 aprile 1997