Il d. lgs. n. 165/01 all’art. 35, comma 1°, parla di assunzione del personale “ tramite procedure selettive, conformi ai principi del comma 3, volte all’accertamento della professionalità richiesta,…”; il successivo comma 3° elenca i principi che dovranno presiedere a tale reclutamento in cui figurano tra l’altro:
a) adeguata pubblicità della selezione e modalità di svolgimento che garantiscano l’imparzialità e assicurino economicità e celerità di espletamento;
b) adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti, idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire;
c) composizione delle commissioni esclusivamente con esperti di provata competenza nelle materie di concorso, scelti tra funzionari delle amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime, che non siano componenti dell’organo di direzione politica dell’amministrazione, che non ricoprano cariche politiche e che non siano rappresentanti sindacali o designati dalle confederazioni ed organizzazioni sindacali o dalle associazioni professionali.
Emerge chiaramente la possibilità di una valutazione non solo professionale, ma attitudinale delle persone che dovranno ricoprire i ruoli richiesti, questo ancor più se si considera il rifugio peccatorum che è diventata per molti anni la P.A. e la necessità che acquisti un’ efficacia non solo di stimolo alla crescita economica del paese, ma soprattutto di ammortizzatore per le spinte opposte che si stanno manifestando, tenendo presente il venire meno o l’indebolirsi delle reti relazionali esistenti, tali da lacerare il tessuto sociale se non opportunamente imbrigliate.
Si tratta di valutare non solo l’attitudine alla funzione in senso stretto, bensì la personalità nel suo complesso considerando la conflittualità interna all’organizzazione che ne può sorgere con la conseguente menomazione della funzionalità strutturale; la questione è ancor più grave se si considera l’individualismo conflittuale in atto nella società, con carenza di regole chiare a cui riferirsi e mancanza di una forte e autorevole classe dirigente di riferimento, formata in grandi scuole a cui l’attuale Università non può supplire per il carattere di massa posseduto che ne amplifica le carenze.
Tale valutazione non potrà limitarsi al momento dell’assunzione, ma dovrebbe accompagnare l’interessato per tutta la vita lavorativa nell’amministrazione pubblica e comunque essere effettuata da valutatori esterni. Dobbiamo distinguere questa funzione da quella di supporto della psicologia del lavoro, la cui necessità in questi tempi, con sempre maggiore forza, si manifesta a seguito dell’enorme conflittualità in crescita che sfocia in molti casi nel mobbing o bourn-out; si deve, tra l’altro, considerare che minore è la qualità maggiore dovrà essere la rigidità organizzativa pena l’ingovernabilità a seguito di una mancata autodisciplina.
Dobbiamo tuttavia tenere presente che la personalità è contingente, non stabile, anche se dà luogo ad uno schema di comportamento intimamente coerente il quale, tuttavia, è estremamente complesso in quanto risultato dell’interazione tra tendenze interne e situazioni esterne, si che le risposte ad un eventuale test potranno variare in funzione delle circostanze che dominano la mente al momento dell’accertamento. Viene meno la possibilità di schematizzare rigidamente la personalità, la quale piuttosto si colloca in un ampio continum variabile in funzione dell’ambiente lavorativo in cui si colloca l’interessato.
Consegue la difficoltà da valutare esattamente una personalità, ma il problema si semplifica se si sottopone ad osservazione il comportamento che ci interessa, come le capacità dirigenziali, anche attraverso simulazioni in quanto solo dall’interagire emerge l’essenza. Necessita in altre parole una osservazione protratta nel tempo, dopo una prima sommaria valutazione.
Esistono attualmente 2.500 test sulla personalità per un valore di mercato sui 400 milioni di dollari l’anno (A.Murphy Paul, Cult of personality), occorre pertanto scegliere il test specifico in funzione delle competenze che possono essere utili in determinate mansioni, come le abilità verbali per i rapporti con il pubblico, cosiddetti test di rendimento.
A fianco dei test di rendimento, che servono a valutare specifiche attitudini, vi sono test di personalità, i quali mirano a esplorare aspetti più o meno ampi della personalità. In quest’ultimo gruppo rientrano quelli che servono a valutare l’intelligenza emotiva e sociale, ossia i comportamenti e i valori nelle relazioni e nelle scelte, tra questi in particolare i test usati per la selezione professionale, quali quelli per valutare la stabilità psichica o la coscienziosità. Tali test hanno un particolare valore nella definizione dei percorsi di carriera, permettendo una più ampia lettura del comportamento lavorativo.
I test sono strumenti fragili, calibrati sulle varie culture, che devono essere utilizzati da specialisti indipendenti dall’organizzazione amministrativa che ne usufruisce al fine di evitare interferenze sui risultati, problematica di notevole difficoltà visti gli argomenti su cui si va ad operare. Essi descrivono la personalità dell’individuo come tendenza generale in cui si possono evidenziare non solo le attitudini, ma anche i valori.
La valutazione non può basarsi su un singolo test, ma su un pacchetto di test ricomprendenti test di personalità, psicoattitudinali e colloqui, che possono evitare costose future problematiche, come già precedentemente accennate, oltre a completare la sorveglianza sanitaria di cui agli articoli 16 e 17 del d.lgs. n. 626/94, sempre in un’ottica di maggiore efficienza dell’amministrazione, tenendo presente le differenze culturali del paese, che incidono comunque sul funzionamento, e salva la volontà di non usare a fini clientelari l’Amministrazione Pubblica.
Bibliografia
· M.Santinello, I test psicologici, teorie e tecniche, Il Mulino 1997;
· M. Hueau e J. Lautrey, I test di intelligenza, Il Mulino 2000;
· A. Lurija Romanovic, Neuropsicologia del linguaggio grafico, Messaggero Edizioni 1998.