lavoroprevidenza

giovedì 28 aprile 2005

APPROFONDIMENTI SU LAVORO NOTTURNO: 1) QUANDO IL LAVORO NOTTURNO DIVENTA UNA COSTANTE DEL RAPPORTO E 2) MAGGIORAZIONE PER LAVORO NOTTURNO E CONTRATTAZIONE COLLETTIVA

SPECIALE LAVORO NOTTURNO


http://www.lavoroprevidenza.com/index.php?idstr=0&iddoc=369


QUANDO IL LAVORO NOTTURNO DIVENTA UNA COSTANTE DEL RAPPORTO



La Corte di Appello di Bari ha affermato il principio secondo cui nel calcolo del trattamento di malattia e della retribuzione nel corso del periodo delle ferie va considerata “l’intera retribuzione” percepita dal lavoratore.


Difatti, il giudice delle prime cure ha rilevato la circostanza, pacifica, del lavoro secondo turni cadenzati, il che impone di ritenere che vi sia stata prestazione dell’attività lavorativa anche durante tutte o parte delle giornate festive.


Tutte le volte in cui il compenso per il lavoro notturno non si pone in una dimensione di eventualità, ma ricorra sistematicamente, l’esclusione dal computo della retribuzione globale non deve avere luogo.


Ed è proprio quanto accade nel caso dei “lavoratori turnisti” come il ricorrente, per i quali il lavoro notturno non è una eventualità, ma è la regola, e costituisce, di fatto, una costante della prestazione lavorativa.


(dott. Filippo Cappetta)


Autoritá giudiziaria:Corte App. Bari


Data pubblicazione: 5.2.2004


N° Sentenza : 176


REPUBBLICA ITALIANA


In nome del popolo italiano


La CORTE D’APPELLO DI BARI, SEZIONE LAVORO


composta dai magistrati


Dott. Michele Cristino, presidente


Dott. Franco Lucafò, consigliere


Dott. Pietro Curzio, consigliere relatore


All’udienza collegiale del 5 febbraio 2004, sulle conclusioni delle parti, precisate in narrativa, ascoltata la discussione, ha emesso la seguente


SENTENZA


Nella controversia individuale di lavoro, iscritta sul ruolo generale degli affari contenziosi al n. 859-2003,


tra


[...] MASSIMO, rappresentato e difeso dall’ avv.to Marcello De Vivo, presso il cui studio in Bari, via Manzoni n. 51 è elettivamente domiciliato


APPELLANTE-APPELLATO


e


AUTOSTRADE Concessioni e Costruzioni Autostrade s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,


AUTOSTRADE PER L’ITALIA s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,


AUTOSTRADE s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore


tutte rappresentate e difese dagli avv.ti Maurizio Marazza, Raffaele Trodella a Mario Malcangi ed elettivamente domiciliate in Bari corso Vittorio Emanuele n. 10, presso lo studio di quest’ultimo (c/o avv.to Michele De Pascale).


APPELLANTI-APPELLATE


Svolgimento del processo


Con ricorso depositato il 28 aprile 2003 il lavoratore indicato in epigrafe e la Autostrade, Concessioni e Costruzioni Autostrade s.p.a. proponevano autonomi appelli contro la sentenza del 15 novembre 2001, con la quale il giudice del lavoro del Tribunale di Bari, in accoglimento parziale della domanda proposta dal lavoratore, aveva dichiarato il diritto dello stesso alla inclusione della indennità per il lavoro notturno nella base di calcolo della retribuzione dovuta per le festività e aveva condannato la società convenuta al pagamento delle relative differenze retributive, respingendo invece gli altri capi della domanda e compensando per metà le spese del giudizio, che poneva a carico della Autostrade per la restante metà.


Il lavoratore appellante chiedeva la riforma della sentenza e l’accoglimento anche dei capi della sua domanda respinti, con vittoria di spese. A sua volta la società appellante chiedeva che la sentenza venisse modificata nel senso dell’integrale rigetto della domanda e della condanna del lavoratore al pagamento delle spese del giudizio.


Nel corso del giudizio di appello si costituivano la Autostrade per l’Italia s.p.a. e la Autostrade s.p.a. facendo presente che la società appellante (Autostrade, concessioni e costruzioni Autostrade s.p.a.) “ha ceduto il compendio aziendale afferente le attività svolte in regime di concessione e le relative attività accessorie ove è addetto il lavoratore” e che “l’Autostrade per l’Italia s.p.a., atteso che comunque i rapporti giuridici scaturenti dalle rivendicazioni dell’appellato accolte dal giudice di primo grado non possono che prodursi nei propri confronti, intende proseguire in proprio il giudizio di appello promosso avverso la sentenza in epigrafe.


All’udienza odierna la controversia veniva discussa e decisa.


Motivi della decisione


1. Il ricorrente-appellante è un dipendente della società convenuta-appellante e rientra tra il personale c.d. turnista, che espleta il suo lavoro in turni avvicendati (6.00-14.00, 14.00-22.00, 22.00-6.00) di otto ore giornaliere, riposando per due giorni dopo tre di lavoro e per un giorno dopo altri tre giorni di lavoro. Per i turni in orario notturno (22.00-6.00), costantemente espletati secondo la sequenza su indicata, il ricorrente ha percepito una maggiorazione del 35% della retribuzione oraria, in modo costante, continuativo e predeterminabile. Su tutto ciò non vi è contrasto (il giudice di primo grado ne ha dato anche atto in sentenza, richiamando a tal fine il verbale di udienza del 23 febbraio 2001 e le buste paga acquisite al processo).


Il punto controverso è la computabilità di tale maggiorazione ai fini di una serie di istituti retributivi c.d. indiretti e cioè: 1) la retribuzione delle ferie annuali; 2) il trattamento retributivo delle festività soppresse; 3) il compenso per le festività; 4) i permessi retribuiti compreso il congedo matrimoniale e 5) le indennità per malattia ed infortunio. Un discorso a parte concerne il TFR.


Il giudice di primo grado ha accolto la domanda solo con riferimento al compenso per il lavoro prestato durante le festività nazionali, nonché nei giorni di festività soppresse, rigettando gli altri capi relativi agli altri istituti retributivi.


2. Le Autostrade propongono appello contro l’accoglimento di questi capi della domanda, basandolo su due motivi.


Con un primo motivo si sostiene che il ricorrente non avrebbe provato di aver lavorato nelle ricorrenze festive indicate dall’art. 5 della legge 260 del 1949. Il motivo è infondato perché il giudice di primo grado ha rilevato che la circostanza, pacifica, del lavoro secondo i turni cadenzati nel modo su richiamato e la verifica dei dati emergenti dal calendario degli anni considerati dal ricorso impone di ritenere che vi sia stata prestazione dell’attività lavorativa anche durante tutte o parte di tali giornate festive.


D’altro canto, a fronte della affermazione di aver lavorato in tali giornate formulata dal ricorrente, la società convenuta, che pure ha organizzato il lavoro e quindi dispone dei turni, ha operato una contestazione generica e non specifica, come avrebbe potuto e dovuto fare.


Il secondo motivo è così formulato. “non esiste una nozione legale di retribuzione omnicomprensiva per i compensi aggiuntivi spettanti ai lavoratori retribuiti in misura fissa in occasione delle festività soppresse”. La tesi è priva di fondamento perché il concetto di retribuzione formulato dall’art. 5 della legge 27 maggio 1949, n. 260 è quello di normale retribuzione globale di fatto e tale concetto rileva anche ai fini della individuazione della retribuzione che le Autostrade definiscono “parametro” e cioè base di calcolo per la maggiorazione. Dalla lettura complessiva della norma si desume agilmente che una volta definito il concetto di retribuzione rilevante in quella sede, sarebbe stato assolutamente ultroneo ripetere tale definizione immediatamente dopo all’interno del medesimo articolo di legge e persino nel medesimo comma.


I motivi di appello contro la sentenza di primo grado proposti dalle autostrade si fermano qui.


In particolare, non viene contestata la decisione in ordine al rigetto della eccezione di prescrizione (pag. 6 e 7 della motivazione della sentenza) e non viene contestata la parte della sentenza concernente l’accoglimento del ricorso relativamente alle festività soppresse basata sull’interpretazione dell’accordo interconfederale del 26 gennaio 1977.


I due motivi di appello, come si è visto, sono entrambi infondati.


La sentenza nella parte in cui accoglie il ricorso non deve pertanto essere modificata.


3. Lo stesso non può ritenersi per i capi della domanda che sono stati rigettati.


Un motivo di appello del ricorrente-appellante concerne la retribuzione per il periodo di ferie.


Il relativo capo della domanda è stato rigettato sostenendo che l’art. 25, p. 7, del c.c.n.l. applicabile al rapporto escluderebbe espressamente i compensi per il lavoro straordinario, notturno e festivo.


La tesi non è condivisibile.


La norma si esprime in questi termini: “Nel corso del periodo delle ferie al lavoratore viene corrisposta la retribuzione globale di fatto di cui all’art. 18, escluse dal computo le lettere b) e c) del punto 2, come se avesse lavorato”.


In particolare per la controversia in esame rileva la lettera b), che concerne il “compenso per eventuale lavoro straordinario, notturno e festivo”.


Il giudice, accogliendo la tesi delle Autostrade, esclude dal computo del compenso per le ferie il compenso per il lavoro notturno.


Ma la tesi non può essere condivisa perché la disposizione non parla indistintamente di compenso per il lavoro notturno, ma inserisce l’aggettivo “eventuale”.


Il che significa che tutte le volte in cui tale compenso non si ponga in una dimensione di eventualità, ma ricorra sistematicamente, l’esclusione dal computo non deve avere luogo.


Ed è proprio quanto accade nel caso dei “lavoratori turnisti” come il ricorrente, per i quali il lavoro notturno non è una eventualità, ma è la regola, costituisce cioè una costante della prestazione lavorativa.


Una conferma della validità di questa lettura si ha dal fatto che il settimo comma dell’art. 25 si conclude con l’inciso “come se avesse lavorato”.


È incontrovertibile che, se avesse lavorato nei giorni di ferie, il ricorrente, per il tipo di organizzazione del suo lavoro, avrebbe svolto ciclicamente lavoro notturno. Inserire nella previsione contrattuale un inciso di tale contenuto non può avere altro senso che quello di recuperare all’area di retribuzione da considerare gli elementi esclusi qualora rivestano carattere di eventualità.


Le parti del testo contrattuale collimano tra di loro in un significato unitario solo se si sceglie questa lettura. Al contrario, seguendo la tesi del giudice di primo grado, si pongono in conflitto e contraddizione tra loro.


Pertanto la comune intenzioni delle parti stipulanti il contratto, che, in base all’art. 1362 cod. civ., l’interprete deve ricercare, emerge non solo dal tenore letterale delle disposizioni, ma dalla loro lettura integrata imposta all’interprete dall’art. 1363 cod. civ..


Il motivo di appello che si basa su questa lettura della norma contrattuale deve essere di conseguenza accolto e la sentenza sul punto deve essere riformata, accogliendo la domanda del lavoratore.


4. Ad analoga conclusione deve pervenirsi con riferimento al capo concernente il trattamento retributivo per i periodi di malattia. Il giudice e la società Autostrade in proposito concordano nel ritenere che non sarebbe stata dedotta, né provata la circostanza di fatto della malattia in uno o più occasioni durante il periodo di tempo oggetto della domanda.


La allegazione in realtà è insita nel ricorso, sol che non se ne voglia effettuare una lettura formalistica assolutamente non conforme ai principi che regolano il processo del lavoro in cui è imprescindibile la lettura complessiva dell’atto. Ma in atti non vi è solo l’allegazione, bensì addirittura la prova dei periodi di malattia e del trattamento retributivo inadeguato percepito: infatti, tra i documenti prodotti già in primo grado vi sono i prospetti paga dai quali si evince facilmente che il lavoratore è stato più volte assente per malattia ed in tali occasioni ha percepito un compenso che non teneva conto del lavoro notturno. Al contrario, in base alla normativa contrattuale applicabile al rapporto, nel calcolo del trattamento di malattia va considerata “l’intera retribuzione”. Concetto nel quale non può non farsi rientrare anche il compenso per il lavoro notturno prestato sistematicamente dai turnisti.


L’analoga posizione espressa nella decisione di primo grado con riferimento ai permessi, all’indennità da infortunio e al congedo matrimoniale è invece pienamente condivisibile e non è stata oggetto di puntuali motivi di gravame.


5. Quanto infine al capo della domanda concernente il TFR esso era stato così formulato in ricorso: “dichiari il diritto del ricorrente a che vengano computate nel TFR le maggiorazioni di cui ai capi precedenti”. Pertanto il problema posto non era quello di considerare il compenso per il lavoro notturno nel TFR, ciò che l’azienda ha correttamente fatto, ma di considerare ai fini del TFR le voci retributive indirette maggiorate in accoglimento dei precedenti punti della domanda. Sulla ammissibilità di tale domanda e sulla sua fondatezza nei limiti in cui gli altri capi sono stati accolti non può sorgere alcun tipo di dubbio e pertanto la sentenza deve essere modificata anche sotto questo profilo.


6. Con riferimento, da ultimo alla costituzione della Autostrade per l’Italia s.p.a. e della Australe s.p.a., deve rilevarsi che ai sensi dell’art. 111 c.p.c. se nel corso del processo si trasferisce il diritto controverso il processo prosegue tra le parti originarie….in ogni caso il successore a titolo particolare può intervenire nel processo e l’alienante o il successore universale può esserne estromesso “se le altre parti vi consentono” (in questo caso non vi è stata né una istanza in tal senso né il consenso della controparte).


7. In conclusione, va respinto per intero l’appello della società, mentre invece deve essere accolto quasi integralmente l’appello del lavoratore.


Questo esito impone la condanna della società alla rifusione in favore del ricorrente delle spese e competenze dei due gradi del giudizio, che vengono liquidate negli importi indicati in dispositivo.


P.Q.M.


La Corte, sugli appelli contro la medesima sentenza emessa dal giudice del lavoro del Tribunale di Bari il 15 novembre 2001 nella controversia tra [...] MASSIMO e la AUTOSTRADE, CONCESSIONI e COSTRUZIONI AUTOSTRADE s.p.a., proposti dal ricorrente con ricorso del 28 aprile 2003 e dalla società resistente con ricorso del 28 aprile 2003 (nonché da AUTOSTRADE PER L’ITALIA s.p.a. unitamente ad AUTOSTRADE s.p.a., come da atto del 22 gennaio 2004) e riuniti all’udienza odierna, così provvede:


rigetta l’appello proposto dalle Autostrade Concessioni e Costruzioni Autostrade s.p.a..


Accoglie in parte l’appello proposto dall’[...] e, in riforma parziale della sentenza di primo grado, dichiara il diritto del ricorrente appellante alla percezione di compensi per le ferie e per i periodi di malattia che considerino nella base di calcolo le maggiorazioni del 35% per il lavoro nei turni notturni.


Condanna la società appellata al pagamento delle differenze retributive, da quantificarsi in separata sede, conseguenti a tali inclusioni, a far data del 26 maggio 1994, oltre al pagamento di rivalutazione ed interessi su ciascun rateo di capitale rivalutato.


Dichiara che il calcolo del TFR dovrà considerare le maggiorazioni degli istituti indiretti riconosciute nella presente controversia.


Condanna la società appellata al pagamento integrale delle spese di primo e secondo grado, che liquida, per ciascun grado, in 2.000 euro di cui 1.400 euro per onorari.


Conferma per il resto la sentenza impugnata.


Così deciso in Bari, nella camera di consiglio del 5 febbraio 2004.


Il Presidente Il Consigliere estensore


Dr. Michele Cristino Dr. Pietro Curzio




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MAGGIORAZIONE PER LAVORO NOTTURNO E CONTRATTAZIONE COLLETTIVA


CASSAZIONE CIVILE, SEZ. LAVORO, 19 agosto 2004, n. 16261 con nota a cura dell Avv. Rocchina Staiano-Contrattista in Diritto del Lavoro, Università di Roma3- Responsabile sezione Pari Opportunità di LavoroPrevidenza.com



MAGGIORAZIONE PER LAVORO NOTTURNO E CONTRATTAZIONE COLLETTIVA
(27/12/2004)
CASSAZIONE CIVILE, SEZ. LAVORO, 19 agosto 2004, n. 16261


“Ai fini del riconoscimento del diritto al computo nella base di calcolo della retribuzione per il periodo feriale della maggiorazione per lavoro notturno, non sia sufficiente la constatazione della normalità della prestazione notturna in turni periodici e della erogazione della relativa indennità (reintroducendosi altrimenti il criterio della onnicomprensività, non legittimato in via generale dal legislatore), in quanto occorre anche che la contrattazione collettiva faccia riferimento, al fine considerato, alla retribuzione normale”.


nota a cura dell’Avv. Rocchina Staiano-Dottore di ricerca Università di Salerno


SEGUE TESTO INTEGRALE DELLA SENTENZA


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Ettore MERCURIO - Presidente -
Dott. Bruno BATTIMIELLO - Consigliere -
Dott. Antonio LAMORGESE - Consigliere -
Dott. Florindo MINICHIELLO - Consigliere -
Dott. Stefano Maria EVANGELISTA - Rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
POSTE ITALIANE SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA PLINIO 21, presso lo studio
dell avvocato LUIGI FIORILLO, che lo difende unitamente all avvocato
GAETANO GRANOZZI, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
B. A.+ 7
- intimati -
avverso la sentenza n. 572/01 della Corte d Appello di TORINO,
depositata il 22/06/01 - R.G.N. 1103/2000;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
19/04/04 dal Consigliere Dott. Stefano Maria EVANGELISTA;
udito l Avvocato FIORILLO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Raffaele PALMIERI che ha concluso per l accoglimento del ricorso.


Fatto
La Corte di appello di Torino, con la sentenza indicata in epigrafe, ha rigettato l appello proposto dalla società Poste Italiane avverso la decisione di primo grado, che aveva riconosciuto il diritto dei dipendenti postali odierni intimati a percepire la retribuzione per il periodo feriale in misura rapportata al corrispettivo del loro lavoro normale, comprensivo, quindi, della maggiorazione per le prestazioni notturne svolte secondo turni regolari e predeterminati.
Il giudice d appello ha osservato che: secondo i principi affermati dalla giurisprudenza di questa Corte, non esiste, nell ambito del nostro ordinamento, un principio generale di onnicomprensività della retribuzione, valido per tutti gli istituti di retribuzione indiretta o differita, e la determinazione e i criteri di computo della retribuzione per il periodo feriale sono rimessi alla contrattazione collettiva, non contenendo né la norma costituzionale né quella ordinaria, le quali pure garantiscono la retribuzione durante il periodo feriale, alcuna previsione in ordine alla determinazione e ai criteri di computo, a tal fine, della retribuzione; tanto non contrasta con la Convenzione OIL n. 32 del 24 giugno 1970, la quale, nel garantire al lavoratore in ferie almeno la normale o media retribuzione, non ne impone una nozione onnicomprensiva (o comunque inderogabile), ma rinvia per la determinazione della retribuzione garantita agli ordinamenti nazionali; la contrattazione collettiva dei dipendenti postali non regola la misura della retribuzione spettante durante le ferie, tenuto conto che l art. 14 ccnl 26 novembre 1994, che ad esse si riferisce, ne stabilisce la durata ma nulla dice circa la relativa retribuzione (né può ricavarsi un principio generale dalla specifica disposizione del comma 8 relativa alla misura dell indennità sostitutiva delle ferie nel caso di risoluzione anticipata del rapporto di lavoro), e quindi, in mancanza di norme di legge e di disposizioni negoziali, la sua determinazione compete al giudice, a termini dell art. 2099, secondo comma, cod. civ.; nel procedere a tale definizione il giudice non può prescindere dal limite minimo della normale o media retribuzione fissato dalla citata Convenzione OIL, livello questo che non può essere rapportato ad un concetto astratto di normalità, ma va riferito al concreto rapporto di lavoro; non ha senso chiedersi se in astratto l emolumento in questione rientri o no nella retribuzione normale, dipendendo invece la sua inclusione dal concreto atteggiarsi del rapporto, per cui, se la prestazione di lavoro notturno è sporadica, la relativa retribuzione non sarà normale, rientrando invece in tale definizione quella svolta continuativamente o periodicamente secondo turni alternati; essendo pacificamente accertato che i lavoratori operavano su turni alternati che coprivano l intera giornata, normalmente essi, secondo il concreto alternarsi dei turni, lavoravano di notte per un certo numero di ore, con la conseguente fondatezza del diritto fatto valere in giudizio.
Di questa pronuncia la società soccombente ha richiesto la cassazione con ricorso basato su un solo mezzo ed illustrato da memoria. Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
Diritto
L unico articolato motivo di ricorso denuncia, in una con vizi di motivazione, violazione e falsa applicazione degli artt. 36 Cost., 2019 (recte, 2109), 1362 e ss. cod. civ., anche in relazione agli artt. 14, 55, 56, 69 ccnl, e censura il ragionamento seguito dal giudice del merito, laddove, sulla premessa che la prestazione lavorativa prestabilita secondo turni predeterminati, comprendenti anche le ore notturne, deve essere qualificata come normale, sostiene che la retribuzione percepita dal lavoratore per tale prestazione e comprensiva della maggiorazione contrattualmente dovuta per le ore suddette, diviene essa stessa normale, in quanto in tal modo il medesimo giudice non ha tenuto conto della distinzione contrattuale fra retribuzione fissa e variabile, e si è riferito al principio di onnicomprensività della retribuzione, il quale, secondo la dottrina e il consolidato orientamento giurisprudenziale, non ha valore di regola generale nel nostro ordinamento, da applicare anche per gli istituti retributivi indiretti o differiti. Data la mancanza di previsione legale della determinazione della retribuzione spettante per il periodo di ferie, la contrattazione collettiva assume, ad avviso della ricorrente, un ruolo primario in funzione di fonte normativa di dettaglio, mentre la sentenza impugnata non ha tenuto conto della struttura della retribuzione disegnata dall art. 55 ccnl, che distingue fra retribuzione fissa e variabile e poi ancora l assegno per nucleo familiare: la prima distinzione è proprio finalizzata a retribuire il dipendente con ulteriori indennità solo in caso di effettivo svolgimento di prestazioni particolari che ne legittimino l erogazione, le quali conseguentemente non possono essere corrisposte quando il dipendente non le svolga. Ciò trova conferma nella disposizione contenuta nell art. 69 del medesimo contratto, pure pretermessa dalla sentenza impugnata, la quale stabilisce che le indennità particolari sono dovute in ragione di particolari prestazioni richieste ai dipendenti, ed in quella di cui all art. 14, comma 8, che, nel riconoscere in particolari fattispecie un indennità per ferie maturate e non godute, opera un espresso richiamo alla "retribuzione fissa base giornaliera di cui all art. 56".
Le suesposte censure sono fondate, alla luce del diritto vivente che governa la materia controversa.
Essendo, ormai, pacificamente escluso, alla stregua della giurisprudenza di legittimità, che nel nostro ordinamento viga un principio generale e inderogabile di onnicomprensività della retribuzione ai fini della determinazione della retribuzione spettante per i cosiddetti istituti indiretti (cfr., per tutte, Cass., sez. un., 1° aprile 1993, n. 3888), deve ritenersi, per quanto in particolare attiene all istituto delle ferie, che i singoli elementi della retribuzione in tanto possono riflettersi, quale base di calcolo, sulla retribuzione del periodo feriale, in quanto ciò sia prescritto, in assenza, come si è detto, di previsioni legislative, dalla contrattazione collettiva, nel senso che questa faccia riferimento, per la determinazione di tale ultimo emolumento, alla retribuzione normale o ordinaria o di fatto o globale di fatto (Cass. 16 agosto 2000 n. 10846; Id., 24 dicembre 1999, n. 14537; Id., 10 maggio 1997, n. 4096; Id., 16 aprile 1994, n. 3623; Id., 23 giugno 1992, n. 7669; Id., 7 gennaio 1992, n. 84; Id., 20 settembre 1991, n. 9797).
Ritiene, dunque, la Corte, prestando adesione all indirizzo giurisprudenziale ora richiamato, che, ai fini del riconoscimento del diritto al computo nella base di calcolo della retribuzione per il periodo feriale della maggiorazione per lavoro notturno, non sia sufficiente la constatazione della normalità della prestazione notturna in turni periodici e della erogazione della relativa indennità (reintroducendosi altrimenti il criterio della onnicomprensività, non legittimato in via generale dal legislatore), in quanto occorre anche che la contrattazione collettiva faccia riferimento, al fine considerato, alla retribuzione normale (o altrimenti indicata con i sinonimi sopra esemplificati, ricorrenti nella citata giurisprudenza).
E, d altra parte, l assunto della compenetrazione della maggiorazione per lavoro notturno, prestato secondo regolari turni periodici, nella normale retribuzione è resistito dal principio secondo cui le componenti della retribuzione erogate in ragione delle particolari modalità della prestazione lavorativa, e a compensazione dei relativi particolari disagi (come è da ritenere per il lavoro notturno, ancorché svolto con le suindicate modalità), si caratterizzano per intrinseca precarietà che ne esclude la normalità e non ricadono nel campo di applicazione della garanzia di non riducibilità della retribuzione di cui all art. 2103 cod. civ. (cfr., di recente, Cass. 18 novembre 1997, n. 11460; Id., 8 giugno 1999, n. 5659; Id., 7 dicembre 2000, n. 15517).
Tale conclusione è stata ritenuta coerente anche con la Convenzione OIL n. 132 del 1970 (ratificata e resa esecutiva con la legge 10 aprile 1981 n. 157), la quale, nel garantire al lavoratore in ferie almeno la normale o media retribuzione, non ne impone una nozione onnicomprensiva (o comunque inderogabile), ma rinvia, per la determinazione della retribuzione garantita, agli ordinamenti nazionali. (cfr., fra le numerose altre conformi, Cass. 23 dicembre 1997, n. 12991; Id., 6 novembre 1998, n. 11215; Id., 13 luglio 1999, n. 7432; Id., 12 gennaio 2000, n. 295; Id., Cass. 3 novembre 2000, n. 14409).
Ben vero, in dissenso con questo orientamento, è stato talora rilevato che, ove fosse riconosciuta alle parti la facoltà di determinare liberamente la retribuzione dovuta per le ferie, si renderebbe possibile anche la eventuale fissazione di una retribuzione per le ferie pressoché irrisoria, con osservanza solo apparente del precetto costituzionale (Cass. n. 6372/1996); ma il rilievo, mentre pone in luce come l assenza, in parte qua, di una nozione onnicomprensiva di retribuzione non equivalga ad assoluta inesistenza di limiti, desumibili dall art. 36 Cost., al potere delle parti (anche collettive) di determinare la base di calcolo della retribuzione da corrispondere nel periodo feriale (al riguardo cfr. anche Cass. n. 13391/2000), non è, per converso, idoneo a giustificare l insussistenza di ogni discrezionalità delle parti collettive circa la determinazione della retribuzione spettante ai lavoratori nel periodo feriale, e, in particolare, a dimostrare l illegittimità della eventuale esclusione dalla retribuzione dovuta durante le ferie di quelle voci della retribuzione che, come nella specie, sono collegate a modalità contingenti della prestazione e non sono garantite, sotto il profilo della continuità di erogazione, dall art. 2103 cod. civ.
Deve, infine, ricordarsi che proprio in analoghe controversie questa Corte ha riconosciuto la piena legittimità (per coerenza sia con i canoni legali di ermeneutica contrattuale sia con i parametri di congruità e razionalità cui va commisurata la motivazione in fatto della sentenza di merito), di un interpretazione del (lo stesso) ccnl (applicabile anche nel caso di specie) la quale, ai fini dell esclusione della maggiorazione per lavoro notturno (ancorché prestato con le ripetuta regolarità) dalla base di computo della retribuzione relativa al periodo feriale, ha valorizzato il rinvio dall art. 14, comma ottavo, alla nozione di retribuzione fissa, fornita dall art. 55, stante il risolutivo argomento per cui, di norma, l indennità sostitutiva delle ferie va ragguagliata, almeno (stante il pregiudizio derivante dalla mancata fruizione del riposo annuale), alla retribuzione spettante per il corrispondente periodo di carenza della prestazione, di guisa che l avere ancorato la prima alla retribuzione fissa base giornaliera implica a fortiori l intento delle parti collettive di non quantificare la seconda alla stregua di diversi e più ampi parametri (Cass. 11 aprile 2001, n. 5441; id., 29 agosto 2002, n. 12698; Id., 24 gennaio 2003, n. 2791; Id., 7 aprile 2003, n. 5408).
La sentenza impugnata - la quale non ha tenuto adeguatamente conto delle disposizioni del ccnl, limitandosi ad assumere, con motivazione insufficiente, che la contrattazione collettiva, negli spazi consentiti dalla Convenzione OIL, non determinava la misura della retribuzione spettante per il periodo feriale - deve essere cassata e la causa va rimessa ad altro giudice di appello, designato come in dispositivo. Questi nel procedere al riesame della controversia si atterrà ai principi innanzi esposti (negli stessi sensi, v., inoltre, Cass. 4 settembre 2003, nn. 12920 e 12921) e darà congrua motivazione dell interpretazione delle clausole contrattuali concernenti la retribuzione dei dipendenti postali.
Al medesimo giudice va demandata la regolamentazione delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Genova.
Così deciso, in Roma, il 19 aprile 2004.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 19 AGO. 2004.





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