In quali casi chi resta senza lavoro può continuare ad incrementare il proprio “estratto conto” pensionistico
CONTRIBUTI VOLONTARI, STOP AGLI EQUIVOCI
I versamenti per riempire periodi “scoperti” si possono effettuare solo per il futuro, mai per il passato
di BRUNO BENELLI sul Messaggero
ALLA ricerca dei contributi perduti: il tentativo accomuna tante persone, ma spesso si rivela impossibile. La situazione è ben sintetizzata da una delle tante lettere a riguardo giunte in redazione.
«Mi mancano quattro anni per arrivare a quota 35 e avere la pensione d’anzianità scrive il signor Aldo Di Raimondo, di Roma Dal 1980 al 1983 sono stato disoccupato e non ho contributi. Potrei fare i versamenti volontari, per i quali fui autorizzato anni fa: raggiungerei così i 35 anni nel 2006 e, avendo 57 anni d’età, l’anno prossimo potrei avere la pensione . Credo che l’operazione mi convenga, qualunque sia la cifra da pagare».
Purtroppo per il signor Di Raimondo, vittima del più classico degli equivoci, le cose non stanno affatto come lui crede: i contributi volontari si possono versare solamente per il futuro, mai per il passato. I “buchi” contributivi relativi ad anni precedenti si possono al limite riscattare (a patto di rientrare tra i pochi casi previsti dalla legge: e il lettore ne è fuori), ma non sanare con versamenti volontari.
Il sistema della prosecuzione volontaria dell’assicurazione obbligatoria consente di non perdere colpi ai fini della pensione ed evitare tagli e restrizioni, ma è poco flessibile, con regole a volte spietate. Un sistema con luci e ombre, su cui va fatta chiarezza. Ecco le regole valide per i lavoratori dipendenti.
I requisiti. Versare i contributi volontari è un atto da “ultima spiaggia”, riferito a periodi in cui non si hanno contributi obbligatori, facoltativi, figurativi (tranne certi casi particolari legati alle assenze per maternità), da riscatto, ecc. Non basta essere senza lavoro e senza contributi per ottenere l’autorizzazione. Servono determinati requisiti, e cioè:
aver versato, in qualsiasi periodo, almeno 5 anni di contributi effettivi;
in alternativa , aver versato 3 anni di contributi effettivi nell’ultimo quinquennio;
basta un solo anno nel quinquennio ad alcune categorie: parasubordinati, lavoratori a part time verticale, lavoratori in forma stagionale, discontinua e temporanea.
L’autorizzazione viene data solo quando è cessato, o sospeso, il rapporto di lavoro. In caso di part time verticale, l’ok viene concesso nel periodo in cui si lavora, e non dopo. La domanda va presentata tramite il modulo 010/M (anche attraverso l’ente di patronato), allegando la copia del Cud relativo all’ultimo periodo di occupazione e all’anno precedente. L’autorizzazione parte dal sabato successivo alla presentazione della domanda. In ogni caso si possono coprire anche i sei mesi precedenti, qualora il periodo risulti senza contributi.
Domanda respinta. La richiesta di autorizzazione viene respinta quando l’interessato:
lavora come dipendente iscritto ad un ente di previdenza obbligatoria; è già in pensione (diversa da quella di reversibilità); è lavoratore autonomo; è libero professionista; è parasubordinato.
Può essere autorizzato, invece:
chi ha l’assegno d’invalidità; chi è iscritto ad un regime contributivo estero.
Quanto costa. I contributi volontari costano quasi quanto quelli obbligatori (va pagata, infatti, anche la quota normalmente a carico del datore di lavoro). Chi chiede l’autorizzazione Inps quale lavoratore dipendente deve pagare il 30,07% calcolato sullo stipendio percepito nelle 52 settimane precedenti la presentazione della domanda. Se la retribuzione supera i 743,10 euro settimanali, sulla quota eccedente si paga un punto percentuale in più: il 31,07%.
Chi è stato autorizzato entro il ’95 gode di uno sconto: paga il 27,57% (il 28,57% sulle quote salariali eccedenti 743,10 euro a settimana).
Per il lavoro domestico, il costo cala: colf e badanti pagano, sullo stipendio medio settimanale, il 15,1975%, ridotto a 12,6975% per le autorizzazioni ante 1996.