lavoroprevidenza

sabato 16 aprile 2005

MOBILITA’, DIMISSIONI E PROVA

Cassazione, Sezione Lavoro, 01.09. 2003, n. 12741 con nota dell’Avv. Rocchina Staiano-Contrattista in Diritto del Lavoro, Università di Roma3 e Responsabile unica della sezione "Pari Opportunità" e della sezione "Lavoro Militare" di LavoroPrevidenza.com

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MOBILITA’, DIMISSIONI E PROVA


Cassazione, Sezione Lavoro, 01.09. 2003, n. 12741

 
“Il lavoratore, che durante il periodo di prova, ha dato le dimissioni, non può chiedere di essere reiscritto nelle 
liste di mobilità e, quindi, di usufruire nuovamente della indennità di mobilità”.
 
 
 
 
 
SEGUE TESTO INTEGRALE DELLA SENTENZA
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
                            SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott.     Sergio       MATTONE       - Presidente -
Dott.     Fernando     LUPI          - Consigliere -
Dott.     Attilio      CELENTANO     - Consigliere -
Dott.     Pasquale     PICONE        - Consigliere -
Dott.     Giovanni     AMOROSO       - Rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente
                              
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
V.R.,  elettivamente  domiciliata  in  ROMA,   presso   la
CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa
dall avvocato FABIO BORILE, giusta delega in atti;
                                                       - ricorrente -
 
INPS - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE,  in  persona  del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in  ROMA
VIA DELLA FREZZA  17,  presso  l Avvocatura  centrale  dell Istituto,
rappresentato e  difeso  dagli  avvocati  GIUSEPPE  FABIANI,  PILERIO
SPADAFORA, UMBERTO LUIGI PICCIOTTO, giusta delega in calce alla copia
notificata del ricorso;
                                           - resistente con mandato -
 
avverso la sentenza n. 1465-99 del Tribunale di PADOVA, depositata il
23-03-00 - R.G.N. 4501-97;
udita la relazione della causa  svolta  nella  pubblica  udienza  del
02-04-03 dal Consigliere Dott. Giovanni AMOROSO;
udito il P.M. in persona del  Sostituto  Procuratore  Generale  Dott.
Pietro ABBRITTI che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto


1. Con ricorso al Pretore del lavoro di Padova depositato in data 6.4.1993 V.R., già iscritta nelle liste di mobilità dall 1.2. al 6.4.1992, esponeva di aver lavorato alle dipendenze della S.p.A. Terme di Galzignano dal 6.4 al 19.4.1992, data in cui il rapporto si era interrotto per mancato superamento del periodo di prova. Deduceva di aver quindi chiesto all INPS la reiscrizione nelle liste di mobilità ex art. 9, comma 7, della legge n. 223-91, ma che la sua domanda era stata respinta malgrado i ricorsi espletati in sede amministrativa. Chiedeva pertanto che venisse accertato il proprio diritto all erogazione dell indennità di mobilità con conseguente condanna dell INPS al pagamento della predetta prestazione, con accessori di legge.
L INPS, costituitosi, contestava la pretesa avversaria sottolineando che il rapporto di lavoro era cessato per dimissioni volontarie e non per il motivo addotto dalla ricorrente.
Chiedeva quindi il rigetto del ricorso.
Istruita la causa, il pretore con sentenza n. 1312-95 respingeva il ricorso e compensava interamente le spese processuali tra le parti.
In particolare il primo giudice, premesso che la risoluzione della controversia dipendeva dall individuazione del motivo esatto della cessazione del rapporto di lavoro intercorso tra la V.R. e la S.p.A. Terme di Galzignano - se cioè dimissioni volontarie o mancato superamento del periodo di prova - rilevava che le risultanze processuali avevano dimostrato che si era verificata la prima ipotesi. Di conseguenza, essendo stata la V.R. a rassegnare le dimissioni, la sua domanda non poteva essere accolta.
Avverso la suddetta sentenza ha ritualmente proposto appello V.R. con ricorso depositato il 25.11.1997. Ha censurato la sentenza di primo grado per avere il pretore erroneamente ritenuto che nella fattispecie la decisione della controversia dipendesse dall individuazione della causa di cessazione del rapporto di lavoro.
Ha invero osservato che la ricorrente non aveva mai contestato di aver rassegnato le dimissioni. Aveva invece chiesto la corresponsione dell indennità di mobilità sostenendo l equiparazione delle dimissioni presentate durante il periodo di prova alla fattispecie prevista dall art. 9, comma 7, della legge n. 223-91, relativa al lavoratore che non abbia superato il periodo di prova, per il quale infatti è consentito il ripristino dell indennità di mobilità. In tal senso del resto si era espressa la Circolare del Ministero del Lavoro del 20.12.1992 invocata dalla ricorrente, a fondamento delle proprie richieste e richiamata fin dal ricorso introduttivo; tale era, altresì, la prassi seguita dagli uffici di collocamento.
Inoltre deduceva che comunque si trattava di un contratto stagionale e quindi a tempo determinato sicché in ogni caso, anche sotto questo profilo, aveva diritto alla reiscrizione nelle liste di mobilità. Ha quindi concluso chiedendo la riforma dell impugnata sentenza ed il ripristino dell indennità di mobilità a partire dal 20.4.1992. Si è costituito l INPS con memoria depositata il 18.1.1999, sottolineando l infondatezza dei motivi di appello, di cui ha, pertanto, chiesto il rigetto.
Con sentenza dell 1.12.1999 l adito tribunale di Padova ha rigettato l appello confermando la pronuncia di primo grado e compensando tra le parti le spese di giudizio.
Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione la Venturini con cinque motivi di ricorso.
L INPS si è limitato a depositare procura.


Diritto


1. Il ricorso è articolato in cinque motivi con cui - testualmente - si denuncia: a) la violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 9 l. n. 223 del 1991; b) violazione degli artt. 116, 420, 421 e 437 c.p.c.; c) vizio di motivazione; d) violazione della circolare 15 febbraio 1992 del Direttore generale del Ministero del lavoro; e) violazione della direttiva del Ministero del lavoro 23 novembre 1995 n. 3910 e della circolare 4 dicembre 1996 n. 163.
Ritiene la difesa della ricorrente che sia possibile un applicazione analogica dell art. 9, comma 7, legge n. 223 del 1991 all ipotesi di dimissioni del lavoratore nel corso della prova e quindi invoca il diritto, negato dai giudici di merito, alla reiscrizione nelle liste di mobilità.
Inoltre la difesa della ricorrente si duole del fatto che erroneamente i giudici di merito abbiano ritenuto inammissibile la deduzione del carattere stagionale del rapporto di lavoro dal quale la ricorrente aveva receduto in periodo di prova. In ogni caso i giudici di merito avrebbero dovuto fare applicazione dei poteri istruttori d ufficio di cui all art. 421 c.p.c.. 2. Il ricorso deve essere nel suo complesso rigettato. 3. Sono innanzi tutto inammissibili il quarto ed il quinto motivo di ricorso atteso che sia la prospettata violazione della circolare 15 febbraio 1992 del Direttore generale del Ministero del lavoro, nonché l allegata violazione della direttiva del Ministero del lavoro 23 novembre 1995 n. 3910 e della circolare 4 dicembre 1996 n. 161 non fanno riferimento ad atti di normazione primaria o secondaria, ma ad atti aventi natura amministrativa. Pertanto non si ricade nella fattispecie della violazione di legge di cui all art. 360 n. 3 c.p.c., ponendosi semmai un problema di corretta interpretazione dei menzionati atti amministrativi; problema che però la ricorrente non solleva.
Profilo del tutto diverso, parimenti questo nient affatto dedotto dalla ricorrente, anche perché avrebbe implicato l esercizio di una diversa azione (ossia di un azione risarcitoria), è quello del possibile affidamento della ricorrente sui suddetti atti amministrativi che possono averla indotta (erroneamente) a rassegnare le dimissioni senza completare il periodo di prova, confidando appunto nella possibilità di reiscrizione nelle liste di mobilità.
Ma ciò all evidenza radicherebbe una pretesa risarcitoria che la ricorrente non ha affatto esercitato, ma che rimane impregiudicata essendo fuori dal thema decidendum di questo giudizio, quale limitato dalla causa petendi e dal petitum. 4. Parimenti inammissibile è il terzo motivo di ricorso perché l indicato vizio di motivazione della sentenza impugnata è meramente allegato, ma non è dedotta alcuna specifica contraddittorietà od insufficienza della stessa. 5. Il primo motivo del ricorso è infondato.
I giudici di merito hanno puntualmente posto in evidenza, in punto di fatto, che, come riconosciuto dalla stessa ricorrente, la stessa si era dimessa volontariamente dal rapporto di lavoro in essere con la Terme Galzignano S.p.A..
In diritto hanno esattamente negato l equiparazione delle dimissioni volontarie, rassegnate durante il periodo di prova, al mancato superamento della prova espressamente previsto dall art. 9, comma 7, della legge n. 223-91. Tale disposizione recita: " il lavoratore assunto a tempo pieno e indeterminato, che non abbia, superato il periodo di prova, viene reiscritto al massimo per due volte nella lista di mobilità. La Commissione per Regionale l impiego, con il voto favorevole dei tre quarti dei suoi componenti, può disporre in casi eccezionali la reiscrizione del lavoratore nella lista di mobilità per una terza volta". Giustamente i giudici di merito hanno considerato che la stessa formulazione letterale della norma non consente l equiparazione invocata dalla ricorrente.
Infatti la norma, facendo riferimento al mancato superamento del periodo di prova, implica la sussistenza di una situazione di fatto ostativa all instaurazione del rapporto di lavoro che prescinde dalla volontà del lavoratore, il quale invece in un certo qual senso "subisce" l esito sfavorevole dell esperimento. Una volta fallito il reimpiego del lavoratore in mobilità, si giustifica la sua reiscrizione (peraltro solo per due volte ed eccezionalmente per tre volte) nelle liste di mobilità perché sia nuovamente avviato al lavoro e nelle more benefici dell indennità di mobilità alle condizioni di legge.
Viceversa nelle dimissioni il lavoratore esprime la sua volontà di non proseguire la prova e quindi rifiuta il possibile rapporto di lavoro che si sarebbe potuto instaurare all esito della prova stessa.
In questo caso il legislatore ha ritenuto che il lavoratore non fosse meritevole dello stesso trattamento e quindi non ha previsto la reiscrizione dello stesso nelle liste di mobilità.
Questa componente volontaristica differenzia le due ipotesi nettamente e quindi non è consentito il ricorso all analogia per estendere la disciplina dell una all altra fattispecie. 6. Infondato è anche il secondo motivo del ricorso.
Correttamente i giudici di merito hanno ritenuto del tutto inammissibili, ex art. 437 c.p.c., le nuove prospettazioni fatte valere dall appellante nelle note depositate il 10.6.1999 e il 25.11.1999. Invero l appellante in tali note aveva dedotto per la prima volta - e quindi inammissibilmente - che in realtà il contratto stipulato con le Terme di Galzignano S.p.A. non poteva essere qualificato come contratto a tempo pieno ed indeterminato, così come presupposto dall art 9 della legge n. 223-91, bensì come contratto stagionale e, quindi, a termine, con la conseguenza che le dimissioni rassegnate nell ambito di un simile contratto non importerebbero automaticamente la cancellazione dalle liste di mobilità. 7. Il ricorso deve quindi essere interamente rigettato.
Ai sensi dell art. 152 disp. att. c.p.c. - che deve ritenersi tuttora vigente a seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell art. 4 d.l. n. 384 del 1992, convertito con l. n. 438 del 1992, che l aveva abrogato (C. cost. n. 134 del 1994) - le spese giudiziali nei giudizi aventi ad oggetto prestazioni previdenziali, quale quello in oggetto, non possono essere poste a carico del soggetto soccombente che abbia agito per ottenere una di tali prestazioni non risultando la pretesa manifestamente infondata e temeraria.


P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla sulle spese. 

Così deciso in Roma, il 2 aprile 2003.
 
 
 
 
 











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