MOBILITÀ NELLA P.A. E SUE PROBLEMATICHE MOTIVAZIONALI
Prof. Sergio Sabetta
La recente sentenza del Consiglio di Stato- Sez. IV n. 7974 del 14/12/2004 con cui i giudici di palazzo Spada hanno riconosciuto l’anzianità di servizio maturata nell’amministrazione di provenienza in presenza di un processo di mobilità, comporta notevoli ricadute sul piano organizzativo.
Ai sensi dell’art. 5 del D.P.C.M. n. 325 del 1988 il dipendente trasferito è collocato in ruolo nell’ordine spettantegli in base all’anzianità della qualifica di provenienza; tale criterio è stato successivamente confermato dall’art. 18 del D.P.C.M. n. 716 del 1994, che ha riconosciuto l’anzianità pregressa al dipendente trasferito a seguito di mobilità ad altra amministrazione, non solo ai fini pensionistici, ma anche per il collocamento nei ruoli dell’amministrazione di destinazione, conformandosi in tal senso alle pronunce n. 1255/98, Sez. VI e n. 3727/00, Sez. IV sempre del Consiglio di Stato.
L’amministrazione ha obiettato che il riconoscimento dell’anzianità maturata nella precedente esperienza lavorativa determinerebbe lo sconvolgimento dei ruoli dell’amministrazione di destinazione, superando colleghi già all’interno dell’amministrazione destinataria.
I giudici hanno osservato che l’aspettativa di carriera, a cui la normativa richiamata conferisce rilevanza, rappresenta un valore acquisito che deve essere conservato per il prosieguo.
Nella sua semplicità la decisione appare ovvia, ma ha in realtà un grosso impatto sul funzionamento di una qualsiasi struttura, entra negli equilibri gestionali andando ad incidere sulle aspettative e sulle motivazioni del personale, talchè richiama la necessità di una attenta valutazione della gestione delle risorse umane nel caso in argomento.
Questo ancor più se si considera l’ipotesi opposta dell’inquadramento a seguito di concorso per esame nel quale, la “volontarietà” del passaggio ed il fatto che a seguito del concorso sorga un nuovo e autonomo rapporto di impiego, fa sì che non venga conservata l’anzianità nella qualifica già ricoperta dal dipendente pubblico; si considerano gli inquadramenti con la conservazione dell’anzianità dalla qualifica di provenienza casi legislativamente limitati ad ipotesi tassative, secondo un principio d’ordine generale in materia pubblica (Cons. Stato, Sez. VI, n. 571/65 , Sez. V, n. 1210/04).
Emerge chiaramente la conflittualità di interessi fra chi è già in ruolo e chi ne dovrebbe entrare portandosi dietro la precedente anzianità di servizio, insinuandosi pertanto in posti più elevati rispetto al personale già nei ruoli.
Nell’affrontare il problema deve tenersi presente che una delle dimensioni fondamentali dell’organizzazione è la dimensione socio-culturale, inerente all’aspetto soft dell’organizzazione; gli elementi costituenti tale dimensione sono le persone, con i loro valori, la cultura specifica dell’organizzazione e i conseguenti comportamenti organizzativi che danno attuazione a tale cultura.
I singoli soggetti, avendo una propria specificità, diventano attori del sistema all’interno dei vincoli anche pesanti posti dallo stesso, come tali utilizzano strategicamente i margini di libertà nel loro interagire con il sistema, intaccando in tal modo le organizzazioni meglio regolate.
La componente umana assume una funzione fondamentale e in essa i processi motivazionali riferiti ai comportamenti di ruolo degli individui, ossia ai loro bisogni e alle loro tendenze; questo al fine di realizzare comportamenti cooperativi con un basso tasso di conflittualità.
Occorre raggruppare i motivi in tre gruppi:
· Motivi primari o economici;
· Motivi sociali;
· Motivi psicologici.
Si deve tenere presente che il soddisfacimento di un bisogno comporta il sorgere di un nuovo bisogno di intensità maggiore, in una spinta incessante verso nuove realizzazioni.
A seguito della revisione della teoria gerarchica dei bisogni di Maslow, la nuova teoria della “motivazione - mantenimento” di Herzberg, nata da ricerche sul campo presso lo Psychological Service di Pittsburgh, ha condotto alla distinzione tra fattori legati a situazioni di insoddisfazione e fattori legati a esperienze di appagamento.
I fattori d’insoddisfazione riguardano:
· L’ambiente di lavoro;
· Le politiche e le procedure dell’azienda;
· La competenza e lo stile di gestione dei superiori;
· La retribuzione;
· Le relazioni interpersonali;
· Le condizioni fisiche del lavoro.
I fattori d’appagamento riguardano:
· Il contenuto motivante intrinseco del compito;
· L’avanzamento di carriera;
· La responsabilità;
· Il riconoscimento ottenuto;
· Il raggiungimento dei risultati.
Se i fattori della prima classe definiti ambientali, semplicemente evitano l’insoddisfazione, i fattori della seconda classe sono propriamente motivanti e in particolare i primi tre, che hanno nel breve periodo un maggiore effetto rispetto ai restanti due.
Le funzioni delle due classi di fattori sono intuitivamente complementari, mentre quelli della prima classe, detti soddisfattori, determinano nell’individuo la decisione di entrare nell’organizzazione, i fattori della seconda, motivatori, hanno importanza per la sua permanenza e per far sì che vi siano comportamenti innovativi e produttivi.
In sostanza se si vuole creare un ambiente motivazionale positivo nell’organizzazione, queste due classi di fattori devono essere presenti in giusta proporzione nel sistema incentivante.
La motivazione dal punto di vista del singolo è pertanto data dalla combinazione moltiplicatoria dell’aspettativa, intesa come probabilità soggettiva, di raggiungere un determinato obiettivo con l’utilità soggettiva attribuita all’incentivo (teoria “aspettativa – valore” di V. Vroom), occorre comunque tenere presente che gli individui non decidono solo sull’utilità attesa in rapporto alle varie alternative disponibili, ma anche sulla base della propria identificazione con la struttura. Si deve considerare che tanto più la prestazione ha un contenuto immateriale in un contesto destrutturato, tanto più la decisione viene presa secondo l’identità sociale nell’organizzazione che viene individuata dalla forza della sua immagine.
Anche l’elemento culturale ha un notevole impatto quando si provvede ad innestare una cultura aziendale nel corpo di un’altra cultura aziendale. Il singolo, portatore di propri valori aziendali, viene ad essere inserito presso un’altra organizzazione fornita di una propria cultura, questo può avvenire convenientemente solo dietro adeguata valutazione delle circostanze in gioco; basti pensare alla teoria dell’informazione elaborata da Claude Shannon, secondo la quale il ricevitore che non conosce la codifica del messaggio non può distinguerlo dal rumore casuale e questo ancor più in presenza di un alto livello di codifica. Si trae facilmente la conclusione sulla difficoltà di comunicazione che si viene a creare tra il singolo e l’organizzazione in presenza di culture differenti.
Da quanto finora detto emerge chiaramente la complessità delle variabili organizzative che intervengono nella mobilità del personale.
Appare, pertanto, estremamente delicato l’inserimento di personale proveniente da altre amministrazioni, soprattutto nell’ipotesi non di singole unità ma di interi gruppi. E’ necessario valutarne la compatibilità culturale, a meno che non si intenda sconvolgere l’organizzazione al fine di modificarla mediante uno shock; inoltre le unità da inserire dovranno diminuire di numero in modo più che proporzionale con il crescere dei livelli, giustificando l’inserimento con l’acquisizione di professionalità necessarie all’organizzazione e mancanti al suo interno o comunque portatori di esperienze innovative da integrare con quelle già possedute dalla struttura.
Bisogna, in altre parole, evitare che questi entrino in conflitto con le aspirazioni del personale già in servizio, o comunque vengano sentiti come potenzialmente minaccianti la crescita interna; questo per evitare conflitti e disimpegni dannosi per il funzionamento della struttura, a parte le possibili difficoltà di comunicazione culturale.
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