La prima riduzione scatta oltre i 21.841 di guadagno annuo, la seconda prosciuga tutti i redditi superiori ai 420 mensili
INVALIDI, DOPPIO TAGLIO SU CHI LAVORA
La rendita Inps viene ridotta fra il 30 e il 65%. Ecco chi si salva dalla sforbiciata
di BRUNO BENELLI sul Mesaggero
CHI HA l’assegno di invalidità e continua a lavorare corre il rischio di vedersi quasi del tutto espropriare la rendita Inps. La legge è drastica: decapita la pensione con ben due diverse trattenute che, come vedremo, si incrociano tra loro. Una “potatura” che in base alla consistenza dell’assegno va dal 30 al 65 per cento, lasciando spesso in mano al titolare un “mozzicone” di pensione.
Dunque chi ha in animo di riprendere o continuare a lavorare dopo avere avuto l’assegno di invalidità è bene che si faccia i conti prima di avventurarsi nell’impresa. Vediamo in dettaglio come operano i tagli.
Prima riduzione .
Se il titolare dell’assegno ha un reddito derivante da lavoro dipendente, autonomo, o da impresa superiore a determinati tetti annui, la misura dell’assegno viene ridotta del 25% o del 50%. Quest’anno i limiti di reddito sono i seguenti: fino a 21.841,04 euro lordi annui nessuna riduzione; da 21.841,05 fino a 27.301,30 euro riduzione del 25%; oltre i 27.301,30 euro riduzione del 50%.
Seconda riduzione.
Chi fosse scampato a questa sforbiciata, deve passare una seconda Forca Caudina. Il secondo tipo di riduzione scatta infatti per tutti gli assegni superiori al trattamento minimo (420,02 euro al mese) anche se i redditi realizzati sono inferiori ai tetti sopra indicati. La riduzione è la seguente:
se si tratta di lavoro dipendente, sull’importo di assegno superiore al trattamento minimo (quest’anno pari a 420,02 euro al mese) si opera il taglio del 50%;
se si tratta di lavoro autonomo sull’importo di assegno superiore al trattamento minimo si opera il taglio del 30%. Nei casi in cui invece i tetti siano sforati e quindi venga già applicata la riduzione del 25% e del 50%, su quel che residua si abbatte anche questa seconda riduzione.
Facciamo un esempio per capire meglio. Un lavoratore dipendente ha un reddito complessivo di 20 mila euro lordi all’anno. Per lui opera solo la seconda riduzione. Se l’assegno di invalidità fosse pari a 1.000 euro al mese perderebbe 290 euro poiché gli verrebbe tolto il 50% delle somma superiore ai 420 euro.
Se lo stesso lavoratore guadagnasse 25 mila euro l’anno il suo assegno di invalidità da 1.000 euro subirebbe entrambe le riduzioni e quindi perderebbe la bellezza di 415 euro.
Assegni esclusi dai tagli
Attenzione, però: mentre la prima riduzione si abbatte su tutti gli assegni di invalidità, la seconda riduzione può essere evitata se si hanno 40 anni di contributi oppure più di 65 anni d’età (60 se donne) oppure ancore se si svolge un’attività particolare come il giudice di pace o l’operaio agricolo. Ecco le eccezioni.
40 anni.
Sono interamente cumulabili con il reddito da lavoro dipendente o autonomo gli assegni liquidati con 40 anni di contribuzione. Ai fini del calcolo dei 40 anni si tiene conto di tutti i contributi (obbligatori, volontari, figurativi, da riscatto, da ricongiunzione).
Età pensionabile.
Quando il titolare di assegno raggiunge l’età pensionabile (60 anni le donne e 65 gli uomini) sull’assegno sono applicate le trattenute stabilite dalla legge per la pensione di vecchiaia. E quindi non si applica più alcuna trattenuta dal momento che le pensioni di vecchiaia sono ormai “liberate” da ogni divieto di cumulo con la retribuzione o il reddito da lavoro.
Lavoro svolto.
Non scatta la seconda trattenuta (ma, è bene ripeterlo, si applica sempre quella secca del 25% e del 50% se i redditi da lavoro sono superiori ai tetti prima indicati) per i seguenti pensionati:
A) assunti con contratto a termine di durata non superiore a 50 giorni l’anno;
B) persone la cui attività procura un guadagno che, senza tenere conto degli eventuali trattamenti di famiglia, non supera l’importo della pensione minima (quest’anno pari a 5.460,26 euro annui);
C) coloro che lavorano in programmi di reinserimento degli anziani in attività socialmente utili;
D) occupati come operai agricoli;
E) occupati come colf;
F) occupati come agenti non di ruolo presso le comunità europee da prima del febbraio 1991;
G) coloro che ricevono indennità perché giudici di pace;
H) persone che ricevono indennità quali giudici onorari aggregati;
I) giudici tributari;
L) eletti a cariche pubbliche (presidenti e membri dei consigli regionali, deputati e senatori, parlamentari europei, ecc.).