lavoroprevidenza

venerdì 18 febbraio 2005

GIUSTIFICATA L’ASSENZA DAL PROPRIO DOMICILIO DURANTE LE FASCE ORARIE DI REPERIBILITÀ QUALORA CIO’ SIA DOVUTO A MOTIVI ATTINENTI LA MALATTIA

Suprema Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, sentenza n.22065/2004 con nota del dr. Antonio Aqueci

La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 22065 del 23 novembre 2004, ha, ribaltando le sentenze dei giudici di merito, ritenuto che l’assenza alla visita di controllo non determina la perdita del diritto al trattamento economico corrisposto dall’Inps, qualora l’assenza sia dovuta alla concomitanza di visite mediche che rendono indifferibile la presenza altrove dell’assicurato.


Precisando la nozione di giustificato motivo, la sentenza richiama una giurisprudenza della Corte di Cassazione che considera giustificata l’assenza dal proprio domicilio durante le fasce orarie di reperibilità qualora cio’ sia dovuto a motivi attinenti la malattia stessa, sia sotto il profilo di controlli diagnostici che di terapie da effettuare.


A supporto di questa giurisprudenza si richiama significativamente la giurisprudenza della Corte Costituzionale che, a proposito dell’art. 32 della Costituzione, afferma costantemente che il bene della salute è tutelato non solo come interesse della collettività ma anche e soprattutto come diritto fondamentale dell’individuo, configurandosi come diritto primario ed assoluto.


La sentenza ritiene errata la posizione dei giudici di merito che, affermando che l’assicurata avrebbe dovuto ricercare altri medici specialistici prossimi alla propria abitazione in grado di visitarla in orari compatibili con l’obbligo di reperibilità, hanno ritenuto di privilegiare rispetto alla cura della salute la reperibilità nelle fasce orarie stabilite.


dott. Antonio Aqueci








Suprema Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, sentenza n.22065/2004


LA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE


SEZIONE LAVORO


SENTENZA


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Il Pretore di Ascoli Piceno ha respinto la domanda della Sig.ra M. P. C. volta ad ottenere l’indennità economica di malattia, negata dall’INPS perché assente alla visita di controllo del 7 dicembre 1995, ritenendo che non costituisse giustificato motivo l’essersi recata a visita presso il proprio medico di fiducia.


Il Pretore ha ritenuto che l’assicurata, con l’approvare una visita medica privata (alle ore 16) in prossimità dell’orario di reperibilità (ore 17- 19) a distanza di circa una trentina di chilometri dalla propria abitazione, ha in sostanza accettato il rischio concreto ed agevolmente prevedibile di non essere presente, per qualsiasi contrattempo, presso la propria abitazione al momento della visita di controllo INPS.


Ciò tanto più ove si consideri che gli appuntamenti forniti dal D. S. erano senza alcuna precisione.


Il Pretore ha aggiunto che non vale a sottrarre l’assicurato dall’impedimento colpevole la circostanza che sia stato il medico privato a fissare l’appuntamento in dipendenza dei propri impegni, perché non consta che l’interessato abbia richiesto la visita in altri orari compatibili con il suo obbligo di reperibilità oppure si sia adoperato per ricercare altri medici specialistici in grado di visitarla in tali ultimi orari , ancora, che la necessità della visita del 7 dicembre sia sorta improvvisamente e l’abbia costretto ad accettare l’appuntamento in quel giorno ed in quell’ora.


La Corte di Appello di Ancona, investita dell’appello della lavoratrice, lo ha rigettato con sentenza 29 giugno/ 26 luglio 2001 n. 207.


Il giudice di appello ha ritenuto provato che la C. doveva presentarsi alle ore 16 dello stesso giorno 7 dicembre 1995 presso l’ambulatorio (sito a 30 Km dalla propria abitazione) del dr. S., dal quale era seguita essendo stata operata il 24 ottobre 1995 di safenectomia, e che l’attesa della visita si era protratta fino alla fascia oraria 17- 19, ma ha ritenuto che la stessa non ha fornito la prova dell’impossibilità di sottoporsi alla visita presso il proprio medico di fiducia in orario diverso da quello previsto per il controllo.


Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione la C., con unico motivo, illustrato da memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.


L’intimato istituto si è costituito con controricorso, resistendo.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Con unico motivo la ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 5 d.l. 12.9.1983 n.463 convertito, con modificazioni, in legge 11.1.1983 n. 638 ; 2697 cod. civ.; 421 e 437 c.p.c.; omesso esame di un punto decisivo della controversia, motivazione insufficiente e contraddittoria (art. 360, n. 5 c.p.c.), censura la sentenza impugnata sotto vari profili motivazionali, per avere omesso di valutare: la deposizione del dr. D. S. nella parte in cui ha dichiarato che le visite erano da lui stesso fissate secondo la propria disponibilità, e che le stesse potevano essere ritardate anche di ore, per la propria mole di lavoro; quella dei testi A. e L. sulla necessità per l’assicurata di un controllo continuo e periodico da parte dello specialista in chirurgia vascolare; la circostanza che nella località in cui abitava la C. non vi era uno specialista in chirurgia vascolare che potesse sostituire il dr. D. S.


Il motivo è fondato.


In siffatte controversie è necessaria prima di tutto un’ottica equilibrata tra i beni giuridici protetti dalle norme che vengono in considerazione.


Il diritto alla salute è costituzionalmente protetto dall’art. 32 Cost., il cui contenuto normativo è stato definito da più sentenze della Corte Costituzionale, nel senso che il bene della salute è tutelato dall’art. 32 non solo come interesse della collettività, ma anche e soprattutto come diritto fondamentale dell’individuo, sicché si configura come diritto primario ed assoluto (ex plurimis sent. 26 luglio 1979 n. 88).


L’ordinamento statuale garantisce la libertà di scelta del medico (art. 25 Legge 23 dicembre 1978, n. 833, art. 88 DPR 30 giugno 1965, n. 1124).


Esso può prevedere controlli per verificare l’effettività della malattia, in relazione alle provvidenze economiche dallo stesso, o dai suoi enti strumentali, elargite.


A tal fine l’art. 5, comma 14, d.l. 12 settembre 1983 n. 463, convertito, con modificazioni, in legge 11 novembre 1983, n. 638 dispone: qualora il lavoratore, pubblico o privato, risulti assente alla visita di controllo senza giustificato motivo, decade dal diritto a qualsiasi trattamento economico per l’intero periodo sino a dieci giorni e nella misura della metà per l’ulteriore periodo, esclusi quelli di ricovero ospedaliero o già accertati da precedente visita di controllo.


La nozione di giustificato motivo costituisce una clausola elastica che dottrina e giurisprudenza concorrono a definire.


La Corte costituzionale, con sentenza n. 78 del 26 gennaio 1988, ha dichiarato l’illegittimità della disposizione riportata nella parte in cui non prevede una seconda visita medica di controllo prima della decadenza del diritto a qualsiasi trattamento economico di malattia nella misura della metà per l’ulteriore periodo successivo ai primi dieci giorni.


Questa Corte si è occupata numerose volte del problema di quando l’assenza dal proprio domicilio durante le fasce orarie possa essere considerata giustificata da motivi attinenti alla malattia stessa, sia sotto il profilo di controllo diagnostici, in specie del proprio medico curante, sia di terapie da effettuare.


Il pensiero della Corte può essere riassunto nei seguenti termini: l’assenza alla visita di controllo, per non essere sanzionata dalla perdita del trattamento economico di malattia ai sensi dell’art. 5, comma 14, del D.. n. 463 del 1983, convertito nella legge n. 638 del 1983, puo’ essere giustificata oltre che dal caso di forza maggiore, da ogni situazione , la quale, ancorché non insuperabile e nemmeno tale da determinare, ove non osservata, la lesione di beni primari, abbia reso indifferibile altrove la presenza personale dell’assicurato, come la concomitanza di visite mediche, prestazioni sanitarie o accertamenti specialistici, purché il lavoratore dimostri l’impossibilità di effettuare tali visite in orario diverso da quello corrispondente alle fasce orarie di reperibilità (Cass. 26 maggio 1999 n. 5150, Cass. 22 giugno 2001 n. 8544; Cass. 29 novembre 2002 n. 16996).


Trattasi, con ogni evidenza, di accertamenti di fatto, rimesso al giudice del merito, sindacabile dalla Corte di legittimità solo per violazione di legge o per illogicità e contraddittorietà della motivazione.


Tali vizi ricorrono nella sentenza impugnata.


Risulta gravemente erronea, in quanto costituisce capovolgimento della gerarchia dei valori protetti sopra cennati, l’affermazione del primo giudice, la cui motivazione il giudice d’appello condivide, secondo cui la lavoratrice avrebbe dovuto farsi seguire non dal medico specialista prescelto, ma da uno qualsiasi prossimo alla propria abitazione, in modo da poter essere reperibile nelle fasce orarie, così attribuendo a tale funzione una posizione prioritaria rispetto alla cura della salute.


La sentenza impugnata è afflitta poi da varie contraddizioni ed illogicità: omette di considerare che la visita dal medico di fiducia era stata fissata fuori dalle fasce orarie, ed addebita illogicamente all’assistita il ritardo dovuto agli impegni del medico; cade poi in contraddizione, quando ripete, con il primo giudice, che la C., scegliendo un medico lontano 30 Km dalla propria abitazione, aveva assunto il rischio del ritardo o dell’assenza alla visita fiscale, in quanto la stessa sentenza riferisce che la C. si era premurata di far presente ad una precedente visita di controllo (positiva) la sua esigenza di continui controllo presso il proprio medico, ricevendone risposta rassicurante.


Non considera poi la sentenza impugnata se, date le fasce orarie (10- 12 e 17- 19), dati i tempi di percorrenza e di attesa nell’ambulatorio privato, dati gli orari consueti dei medici privati e quelli specifici del dott. D. S., dati i possibili contrattempi evocati dallo stesso giudice del merito, fosse stato possibile fissare siffatta visita privata in modo da non interferire con le fasce.


Infine posto che la visita fiscale può essere effettuata in qualsiasi giorno del periodo di assenza per malattia, se corrisponde a un criterio logico l’affermazione che il lavoratore avrebbe potuto differire la visita dal medico di fiducia ad altro giorno dello stesso periodo di malattia.


Esula dalla presente causa la tematica dell’eventuale onere di preavviso da parte dell’ammalato all’ente previdenziale per assenze di breve momento (per una fattispecie di trasferimento dell’abitazione vedi Cass. 9 novembre 2002 n. 15776), e dei correlativi oneri di organizzazione allo scopo dell’ente ed informativa ai lavoratori.


Il ricorso va pertanto accolto, la sentenza impugnata cassata, e gli atti trasmessi alla Corte di Appello di Bologna, la quale provvederà altresì alle spese del presente giudizio.


P.Q.M.


Accoglie il ricorso, casa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Bologna.


Roma, 29 settembre 2004.


Depositata in Cancelleria il 23 novembre 2004.




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