I LIMITI AGLI INCARICHI DIRIGENZIALI ESTERNI
( ex art. 19, comma 6, D. Lgs. n. 165/01 )
Prof. Sergio Sabetta
La recente relazione svolta dalla Corte dei Conti sull’indagine relativa al riordino della dirigenza pubblica di cui alla L. n.145/2002, ha posto in evidenza l’anomala gestione dei conferimenti di incarichi esterni di livello dirigenziale ( ex art. 3, lett.g ) e del ricorso alle assegnazioni ad interim.
E’ emersa la tendenza in aumento di conferire ad esterni incarichi dirigenziali indipendentemente dalle prove concorsuali, questo favorito anche dal ritardo con cui è stato emanato il regolamento per l’accesso alla qualifica di dirigente approvato con D.P.R. n. 272/04. Gli incarichi, in specialmente quelli di studio, risultano essere poco motivati, né sono stati determinati i criteri generali relativi all’affidamento, al mutamento e alla revoca degli incarichi in particolare di livello generale; anche la determinazione del trattamento economico è molto variabile tra le singole amministrazioni, né vi è attualmente un sistema di valutazione dirigenziale affidabile da parte di molte amministrazioni stesse.
Se questa è sommariamente allo stato dell’arte la situazione della dirigenza pubblica dopo l’emanazione della L. n.145/2002, deve osservarsi un’interpretazione piuttosto largheggiante del citato comma 6 del D. Lgs. n. 165/01 come modificato dall’art. 3 della L.n. 145/02 da parte della Sezione centrale di controllo sugli atti del governo della stessa Corte dei conti ( Deliberazione n13/2004 ).
Dopo avere ammesso la possibilità del conferimento di incarichi oltre che ad esterni anche a funzionari interni all’amministrazione “…non apparendo conforme al dettato normativo una diversa interpretazione,…”, la Corte riconosce la piena discrezionalità amministrativa nella valutazione dei requisiti dedotti dai curricula in quanto solo l’amministrazione è fornita “…degli elementi di conoscenza e dei parametri di giudizio utili per una scelta ponderata…”. Unico limite è dato dalla necessità che i criteri siano esplicitati in modo da consentire in sede di controllo “…la verifica della rispondenza dei titoli in relazione all’incarico che si viene ad attribuire…”.
Del tutto opposta e restrittiva è l’interpretazione fornita dalla Sezione Giurisdizionale Regionale dell’Abruzzo della Corte dei conti con la sentenza n. 836/04, la quale ha affermato che incarichi esterni possono essere conferiti solo nelle ipotesi in cui :
a) manchi all’interno dell’Amministrazione conoscenze ed esperienze specifiche;
b) sia necessaria un’attività rivolta alla soluzione di specifiche problematiche già individuate al momento del conferimento dell’incarico;
c) manchi all’interno dell’ente personale idoneo e l’incarico si caratterizzi per la sua specificità e temporaneità;
d) l’incarico non sia generico o indeterminato per evitare un illegittimo accrescimento delle competenze e degli organici;
e) vi sia stata una ricognizione e certificazione delle carenze di organico sulle specifiche professionalità richieste;
f) la motivazione sia adeguata per consentire l’accertamento della sussistenza dei requisiti previsti;
g) il compenso sia proporzionale all’attività svolta e non liquidato in maniera forfettaria.
Il provvedimento deve, in altre parole, possedere il carattere della straordinarietà e non deve costituire una dissimulazione di assunzione “…in violazione delle specifiche disposizioni in materia.”
La modalità del conferimento degli incarichi esterni non in linea con i criteri sopra enunciati vengono a violare non solo i precetti normativi, ma anche i principi costituzionali di cui all’art. 97, 3° comma, Cost., né la natura apicale delle funzioni oggetto della prestazione può essere una scusante al fine di evitare gli obblighi normativi.
Dall’istruttoria è emerso anche un uso prettamente strumentale dello spoil system (art. 3, comma 7, L. n. 145/02) considerato quale sistema per costituire team fiduciari a carattere politico indipendentemente dai concetti di imparzialità e trasparenza che dovrebbero guidare i pubblici uffici e inoltre l’uso del controllo quale panacea per restituire legittimità ad atti aventi carattere di antigiuridicità nonostante il contrario orientamento giurisprudenziale, come ricordato al punto 5) della sentenza in esame.
Da quanto finora esposto appare evidente la mancanza di un criterio accettato e uniforme di conferimento degli incarichi di dirigenza esterna, con il conseguente uso e abuso che ne può derivare da parte delle singole amministrazioni se non assistite da una forte coscienza di civil service, a cui unica alternativa non può che essere un controllo esterno il quale dovrà obbligatoriamente entrare nel merito riportando per questo aspetto ad una organizzazione precedente alla riforma del D. Lgs.n. 29/93.
Si palesano chiaramente i possibili interessi in contrasto tra vertice ed una corretta gestione amministrativa e finanziaria, anche in riferimento all’immagine dell’amministrazione, questo se si tiene presente che lo strumento nato per introdurre una maggiore flessibilità nell’acquisizione di risorse competenti esterne sul modello privatistico trova il limite di un mancato chiaro e definito interesse pubblico, come potrebbe essere il conseguimento dell’utile nel settore privato, né vi sono allo stato adeguati strumenti alternativi o può supplire ad essi il semplice aspetto elettorale il quale vale solo negli enti minori dove vi è un controllo e rapporto diretto tra cittadini/sindaco, e comunque non in tutte le ipotesi. D altronde indice delle difficoltà sono i mancati impianti dei sistemi di valutazione, così come indicato nella sopra menzionata relazione della Corte dei conti.