DISPOSIZIONI DELLA LEGGE FINANZIARIA 2005 IN TEMA DI
CONTENZIOSO NEL PUBBLICO IMPIEGO
Tra i 572 commi che compongono l’unico articolo della legge finanziaria 2005 (legge 30 dicembre 2004 n. 311), alcuni riguardano il contenzioso del personale delle amministrazioni pubbliche.
Il comma 132 dispone che "salvo diversa determinazione della Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica, per il triennio 2005-2007 è fatto divieto a tutte le amministrazioni pubbliche di cui agli articoli 1, comma 2, e 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, di adottare provvedimenti per l’estensione di decisioni giurisdizionali aventi forza di giudicato, o comunque divenute esecutive, in materia di personale delle amministrazioni pubbliche".
La norma ricalca precedenti norme (art.22, comma 34 della legge 23 dicembre 1994 n. 724, art.1, comma 46 della legge 28 dicembre 1995 n. 549, art.24 della legge 17 maggio 1999 n. 144, art.23, comma 3 della legge 28 dicembre 2001 n. 448), che hanno vietato o subordinato a rigorosi presupposti l esercizio del potere delle amministrazioni pubbliche in materia di pubblico impiego di estendere gli effetti del giudicato a soggetti diversi dai ricorrenti originari. Tali divieti sono giustificati, oltre che dalla regola generale sancita dall’art.2909 c. c., da esigenze di contenimento della spesa pubblica, nonché dal trasferimento ancora recente (decreto legislativo 30 marzo 1998 n. 80) della giurisdizione sulle controversie di pubblico impiego dal giudice amministrativo al giudice ordinario, che non ha ancora determinato indirizzi giurisprudenziali consolidati.
La disposizione prevede il divieto di estensione, oltre che per le sentenze aventi forza di giudicato, ossia ai sensi dell’art.324 c.p.c. non più soggette né a regolamento di competenza, né ad appello, né a ricorso per cassazione, né a revocazione per i motivi di cui ai numeri 4 e 5 dell’art.395 c.p.c., anche ed a maggior ragione per le sentenze non ancora passate in giudicato, ma dotate di immediata esecutività, come quelle del giudice del lavoro (art.431 c.p.c.).
Sulla questione è di recente intervenuta la Sezione I del Consiglio di Stato, che, col parere n. 7755 del 30 giugno 2004 emesso nell ambito di un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, ha ritenuto pienamente legittimo il rigetto da parte di una pubblica amministrazione di una richiesta di ampliare gli effetti di un giudicato del Consiglio di Stato, che aveva riconosciuto nei confronti degli originali ricorrenti il diritto all indennità di fine servizio.
Il comma 133 aggiunge all’art.61 del D.lgs. n. 165/2001, dopo il comma 1, il comma 1 bis, secondo il quale le pubbliche amministrazioni comunicano alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell’economia e delle finanze l’esistenza di controversie relative ai rapporti di lavoro, dalla cui soccombenza potrebbero derivare oneri aggiuntivi significativamente rilevanti per il numero dei soggetti direttamente o indirettamente interessati o comunque per gli effetti sulla finanza pubblica. La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica, d’intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze, può intervenire volontariamente nel giudizio ai sensi dell’articolo 105 c.p.c..
Le amministrazioni dovranno quindi procedere ad una ricognizione dei contenziosi in corso dalla cui eventuale soccombenza possano derivare conseguenze finanziarie rilevanti.
Il comma 134 introduce nel D.lgs. n. 165/2001 l art.63 bis, il quale prevede la possibilità di intervento dell’A.R.A.N. nei giudizi innanzi al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, aventi ad oggetto le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, al fine di garantire la corretta interpretazione e l’uniforme applicazione dei contratti collettivi.
Entrambe le disposizioni sono chiaramente finalizzate a rafforzare le difese delle amministrazioni pubbliche evocate in giudizio dinanzi al giudice del lavoro.
Occorre a tal proposito ricordare che l’art.413, comma 5 c.p.c. individua come tribunale competente per territorio nelle controversie di impiego pubblico contrattualizzato quello nella cui circoscrizione ha sede l’ufficio al quale il dipendente è addetto o era addetto al momento della cessazione del rapporto. La diffusa dislocazione territoriale dei Tribunali ed il rilevante numero di contenziosi sul pubblico impiego pendenti presso gli stessi portano a nutrire notevoli dubbi sull’attuazione che avranno in concreto i suddetti interventi in giudizio.
Dr. LUCA BUSICO