QUALE VALORE PROBATORIO HA IL MESSAGGIO DI POSTA ELETTRONICA AI FINI DEL LICENZIAMENTO?
COMMENTO ALLA SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE
SEZ. LAVORO N. 1145/01
della dott.ssa Roberta Caragnano
In tema di licenziamento per giusta causa, i dati forniti da un sistema computerizzato di rilevazione e documentazione possono costituire, ai sensi dell’art. 2712 c.c. e dell’art. 5, comma 2, D.P.R. n. 513/97, prova del fatto contentato ove sia accertata la funzionalità del sistema informatico e le risultanze di esso possono assurgere a prova presuntiva congiuntamente a circostanze esterne da esso, altrimenti provate.
La Corte di Cassazione, sez. Lavoro con sentenza n. 11445/01 ha deciso su ricorso avente ad oggetto l’impugnazione di un licenziamento, in tronco, da parte della Società Autostrade s.p.a. avverso un dipendente esattore di un casello (omissis), previa rituale contestazione dell’addebito disciplinare per aver utilizzato, per la riscossione dei pedaggi, biglietti “premagnetizzati” della stazione autostradale di (omissis), mai emessi da tale stazione e non rinvenuti nei suoi documenti di incasso.
In primo grado, il Pretore della sezione distaccata di (omissis) aveva respinto l’impugnazione del licenziamento; il Tribunale, in qualità di Giudice di Appello, aveva ritenuto che il fatto contestato dalla Società Autostrade S.p.a. costituisse giusta causa di licenziamento, sulla base dei dati risultanti dal sistema informatico della società suddetta, il cui funzionamento era riportato in sentenza, con dovizia di dettagli, congiuntamente con la valutazione delle circostanze esterne oggetto di prova testimoniale.
Il ricorrente in Cassazione sollevava ricorso e adduceva i seguenti motivi: violazione e falsa applicazione degli artt. 2697[1]-2712[2] e 2729[3] c.c. ; omesso esame di un punto decisivo della controversia con conseguente insufficiente e contraddittoria motivazione. Inoltre, censurava la sentenza impugnata in quanto fondante sull’elaborato informatico del computer centrale operante presso la sede della società, in Firenze, di cui si contestava la valenza probatoria.
La Cassazione riteneva il ricorso non fondato, pertanto, lo respingeva.
La S.C., non contestava la sentenza emessa dal Tribunale, anzi, ribadiva che la decisione si era basata non solo sul documento informatico risultante dall’elaborato centrale, dotato peraltro di un programma di autodiagnosi continua, ma su una serie di circostanze esterne di riscontro, riferite da numerosi testi, tra le quali, con valore assorbente e decisivo, quelle che nella stazione di presunta emissione dei biglietti premagnetizzati erano stati sottratti 150 biglietti , dei quali 34 risultanti incassato da T. Nel tempo presumibilmente occorrente per percorrere la distanza tra il casello di xxx e l’altro di xxx, dove operava T. non risultavano emessi tali biglietti; le irregolarità contabili riguardavano elusivamente T. , seguendolo nei vari turni e sulle varie piste o porte alle quali era addetto.
La Cassazione, inoltre, ribadiva che la motivazione del Tribunale non meritava le generiche censure del ricorrente ed era confermata poiché coerente con il principio di diritto enunciato nel corso della motivazione per cui: in tema di licenziamento per giusta causa, i dati forniti da un sistema computerizzato di rilevazione e documentazione possono costituire, ai sensi dell’art. 2712 c.c. e dell’art. 5, comma 2, D.P.R. n. 513/97, prova del fatto contentato ove sia accertata la funzionalità del sistema informatico e le risultanze di esso possono assurgere a prova presuntiva congiuntamente a circostanze esterne da esso, altrimenti provate.
La sentenza in questione ci permette di effettuare delle riflessioni sul valore probatorio delle e-mail anche a fronte di recenti decreti ingiuntivi emessi da Tribunali italiani (Bari, Mondovì, Cuneo e Lucca) sulla base di semplici e-mail provenienti dal debitore e considerate quali prove scritte idonee ai sensi degli artt. 633-634 c.p.c.
A riguardo è opportuno effettuare la differenza tra firma digitale e firma elettronica. La prima è il risultato di una procedura informatica posta in essere da tre soggetti distinti: il mittente, il destinatario e l’autorità di certificazione, abilitata ai sensi dell’art. 1, lett. m), del D.P.R. n. 513/97 ad effettuare la certificazione, rilasciare il certificato della chiave pubblica, pubblicato unitamente a quest’ultima, pubblicare e aggiornare gli elenchi dei certificati sospesi o revocati. In relazione al valore probatorio di un atto sottoscritto con firma digitale, l’art. 10, comma 3 D.P.R. 445/00 riconosce la stessa efficacia della scrittura privata ai sensi dell’art. 2702 c.c.[4], per cui fa piena prova sino a querela di falso della provenienza delle dichiarazioni di chi l’ha sottoscritto, a condizione che quest’ultimo ne riconosca la sottoscrizione ovvero a condizione che la sottoscrizione stessa debba considerarsi legalmente riconosciuta.
La firma elettronica è stata introdotta nell’ordinamento italiano con il D.Lgs. 10/02 il quale, in attuazione della direttiva comunitaria 1999/93/Ce, ha previsto accanto alla firma digitale ance altre due possibilità di sottoscrizione elettronica del documento informatico: la firma elettronica “debole” e quella “forte o avanzata”.
La firma elettronica “debole” è considerata, stando alla definizione data dall’art. 2 lett. a) del D. Lgs. 10/02 come un insieme di “dati in forma elettronica, allegati o connessi tramite associazione logica ad altri dati elettronici, utilizzati come metodo di autenticazione informatica” ossia come semplici codici identificativi, associati ad un documento informatico.
Circa la firma elettronica “forte”, il decreto in questione non fornisce una definizione ma è legata alla funzione che deve svolgere e per la quale si richiedono come necessari quattro requisisti cumulativi: 1. sia connessa in modo univoco al firmatario; 2. sia idonea a identificare il firmatario; 3. sia creata con mezzi sui quali il firmatario conserva il proprio controllo esclusivo; 4. sia collegata ai dati cui si riferisce in modo da rilevarne qualunque eventuale successiva modificazione. L’art. 6 del D.Lgs. 10/02, che ha modificato l’art. 10 del D.P.R. 445/00, stabilisce che il documento informatico sottoscritto con firma elettronica debole soddisfa il requisito legale della forma scritta e sul piano probatorio è valutato liberamente dal giudice tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità e di sicurezza.
Il documento informatico sottoscritto con firma digitale “forte” o con altro tipo di firma elettronica avanzata, a condizione che si tratti di una basata su un certificato qualificato e generata mediante un dispositivo per la creazione di una firma sicura, fa piena prova sino a querela di falso della provenienza delle dichiarazioni del firmatario, a condizione che quest’ultimo ne riconosca la sottoscrizione ovvero a condizione che la sottoscrizione stessa debba considerarsi legalmente riconosciuta. Pertanto, sul piano probatorio, il documento informatico sottoscritto con firma elettronica “forte” è equiparato a quello sottoscritto con firma digitale.
In relazione al valore e all’efficacia probatoria delle varie firme elettroniche, in Italia sono state pubblicate due importanti sentenze: la presente qui commentata emessa della Corte di Cassazione n. 11445/01 e la sentenza del Giudice di Pace di Partanna n.15/02.
In riferimento alla giurisprudenza straniera è opportuno citare: la decisione della Corte di prima istanza di Atene n. 1337/01 in cui si afferma che l’indirizzo di post elettronica soddisfa le funzioni della sottoscrizione manuale, vale a dire, identificazione del firmatario e nesso tra costui e il proprio indirizzo di posta e la decisione dell’AG Bonn del 25 ottobre 2001 dove, al contrario, si è elusa la rilevanza probatoria della e.-mail a causa degli evidenti rischi di sicurezza delle comunicazioni attraverso la posta elettronica. Leggendo la sentenza de quo, alla luce della citata decisione dell’AG Bonn si evince che la S.C. nel giudicare circa la legittimità del licenziamento sulla base dei dati risultanti dal sistema informatico di rilevazione e documentazione della società in questione, ha avuto modo di affermare che tali informazioni sono equiparabili ad un documento informatico privo di firma digitale, il quale possiede l’efficacia probatoria delle riproduzioni meccaniche ex art. 2712 c.c. quanto detto conferma che fanno piena prova dei fatti e della prove in essa rappresentate se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose stesse.
[1] Art. 2697 c.c “Onere della prova – [1] Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fati che ne costituiscono il fondamento. [2] Chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione di fonda”.
[2] Art. 2712 c.c “Riproduzioni meccaniche – Le riproduzioni fotografiche o cinemafotografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni latra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime”.
[3] Art. 2729 c.c “Presunzioni semplici – [1] le presunzioni non stabilite dalla legge sono lasciate alla prudenza del giudice , il quale non deve ammettere che presunzioni gravi, precise e concludenti. [2] le presunzioni non si possono ammettere nei casi in cui la legge esclude la prova per testimoni”.
[4] Art. 2702 c.c. “Efficacia della scrittura privata – la scrittura privata fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni di chi l’ha sottoscritta, se colui contro il quale la scrittura privata è prodotta ne riconosce la sottoscrizione, ovvero se questa è legalmente considerata come riconosciuta”.