lavoroprevidenza

domenica 23 gennaio 2005

LAVORO DEGLI IMMIGRATI, LEGGE BIAGI E NUOVE TIPOLOGIE CONTRATTUALI

del Prof.re Avv. Romeo Tigre Avvocato del Foro di Foggia - Prof.re a contratto nell Università di Cassino

si ringrazia il Prof.re Avv. Romeo Tigre (Avvocato del Foro di Foggia - Prof.re a contratto nell Università di Cassino) per l invio di questo contributo che sarà pubblicato in un testo di prossima uscita.




LAVORO DEGLI IMMIGRATI, LEGGE BIAGI E NUOVE TIPOLOGIE CONTRATTUALI




La riforma del mercato del lavoro attuata mediante il D. Lgs. 276/03 (c.d. legge Biagi) oltre a rispondere alle esigenze di flessibilità nell’utilizzo della mano d’opera ha quale obiettivo primario di disciplinare sotto l’aspetto contributivo quelle forme di lavoro che, viceversa, in passato sfuggivano ad una precisa collocazione.


Infatti, l’utilizzo distorto di alcune tipologie contrattuali quali ad esempio le collaborazioni coordinate e continuative, ovvero, le prestazioni occasionali creavano notevoli sacche di evasione contributiva anche alla luce della scarsa chiarezza della normativa che le regolava.


Cosicché, la legge Biagi ha il merito di aver regolamentato in modo preciso le vecchie co.co.co., individuando altresì limiti temporali e di reddito relativamente alle prestazioni occasionali; inoltre, la violazione della normativa in questione determina la automatica conversione del rapporto di lavoro in rapporto avente natura subordinata con ogni ulteriore conseguenza giuridica da ciò derivante.


Inoltre, aver affermato per le prestazioni di carattere autonomo (lavoro a progetto per esempio) i principi di conformità dei compensi alla quantità e qualità del lavoro svolto, oltre al riferimento alle tariffe per prestazioni analoghe, ha nei fatti rilanciato il principio di cui all’art. 36 della Costituzione in un’ottica di valorizzazione e tutela di ogni forma di lavoro estesa anche alle forme di lavoro autonomo, parasubordinato e, comunque, pseudodiretto.


Quanto invece alle nuove tipologie contrattuali, sebbene vadano verificate le loro reali potenzialità in ragione del recepimento che dovrà avvenirne da parte dei contratti collettivi, obiettivamente, ad oggi, non pare che il sistema economico Italiano sia in grado di calzare, senza evidenti contraccolpi, delle forme negoziali che, probabilmente, determineranno una maggiore precarietà del lavoro.


A maggior ragione tale affermazione ha motivo di esistere in assenza di un adeguato sistema di ammortizzatori sociali tali da rendere sopportabile la possibile inattività dovuta alla flessibilità.


Fatta questa breve premessa riteniamo che l’incidenza della nuova normativa sugli immigrati sia davvero di difficile valutazione sebbene, per alcune tipologie contrattuali, sia sin d’ora possibile fare alcune osservazioni.


La disamina della normativa regolante il lavoro immigrato ha messo in luce la stretta connessione tra l’esistenza di un rapporto di lavoro e la concessione di un permesso di soggiorno.


In altri termini, si è voluto che l’immigrato presente n Italia fosse impegnato in una attività lavorativa lecita con un contratto di lavoro che gli desse la possibilità di un alloggio e, pertanto, di una vita dignitosa nel nostro paese.


Detto ciò, dovranno certamente essere effettuati interventi di armonizzazione della normativa per esempio, con riferimento al lavoro a chiamata, altrimenti detto lavoro intermittente.


Infatti, tale tipo di contratto può essere concluso per lo svolgimento di prestazioni aventi carattere discontinuo o intermittente secondo le esigenze




individuate dai contratti collettivi.


Senza addentrarci troppo nella disamina della normativa, risulta in modo evidente ai nostri occhi che al lavoratore straniero non potrà essere negato il soggiorno per motivi di lavoro sebbene la durata del rapporto le effettive prestazioni da rendere siano del tutto incerte.


A ciò si aggiunga che per i periodi nei quali il lavoratore risulta inoperoso è dovuta una indennità di disponibilità (pari al 20% della retribuzione del C.C.N.L.) solo se espressamente pattuita tra le parti.


Peraltro, in ipotesi in cui tale indennità non venga concordata, anche la natura subordinata della prestazione non risulta, secondo parte della dottrina, assolutamente pacifica; ciò ovviamente sarebbe motivo di ulteriori problemi visto che il T.U. in materia di immigrazione non prevede forme di soggiorno per attività pseudodirette.


Tali problemi andranno affrontati e risolti man mano che la normativa verrà attuate grazie anche alla stipula dei nuovi contratti collettivi di lavoro.


Certamente, però, è innegabile che talune forme di lavoro potranno certamente essere adottate dai lavoratori immigrati perché confacenti alle loro esigenze.


Ci riferiamo, ad esempio al lavoro ripartito. Detta tipologia contrattuale prevede la stipula di un contratto di lavoro subordinato attraverso il quale due lavoratori assumano in solido l’impegno ad adempiere ad un’unica ed identica prestazione lavorativa.


La precarietà nella quale molti lavoratori immigrati sono obbligati a convivere come pure la volontà di rientro nei propri paesi di origine per vedere i propri cari - che spesso mal si concilia con le esigenze dell’impresa - possono rappresentare un certo incentivo affinché tale tipologia contrattuale trovi larga diffusione.


A mero titolo esemplificativo basti pensare a due domestiche impegnate in modo non assiduo dai propri datori di lavoro che abbiano però la possibilità di stipula di un ulteriore contratto di lavoro subordinato attraverso il lavoro a coppia.


L’eventuale impegno come domestica da parte di una di esse non costituirà alcun problema allorché l’altra, stante la solidarietà dell’obbligo, potrà eseguire la prestazione lavorativa assunta in solido.


Come pure, l’esigenza di dover tornare in patria per ragioni familiari, spesso trova il grosso limite connesso alle esigenze dell’impresa; tale limite è certamente superabile allorché un altro lavoratore possa garantire l’intera prestazione lavorativa al cui obbligo, come detto, sono tenuti i due lavoratori stipulanti il contratto.


Con questi esempi ci siamo limitati a dare qualche indicazione su come la nuova normativa possa incidere e trovare applicazione per i rapporti di lavoro nei quali sono interessati soggetti immigrati.


Di fatto sarà importante oltre all’opera di armonizzazione della legislazione da parte del legislatore, anche il compito che verrà svolto dalle parti sociali in sede di stipula dei nuovi contratti collettivi di lavoro. (Romeo Tigre)









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