POSTE ITALIANE E DIMISSIONI DEL LAVORATORE
CASSAZIONE CIVILE, SEZ. LAVORO, 04 agosto 2004, n. 14990
“Con il D.L. 1° dicembre 193 n. 487, convertito in L. 29 gennaio 1994 n. 71 è stata attuata
la trasformazione dell’Amministrazione delle poste e telecomunicazioni in ente pubblico economico,
denominato ente “Poste Italiane”. Il nuovo soggetto, pur conservando in relazione a taluni aspetti
dei suoi assetti organizzativi e della sua azione connotati analoghi a quelli delle amministrazioni
pubbliche, nello svolgimento della sua attività istituzionale si avvale degli stessi strumenti
giuridici dei soggetti privati e pone in essere rapporti su base paritaria, al pari di ogni altro
imprenditore. Di conseguenza, come nel regime privatistico, non è revocabile la dichiarazione del
lavoratore di dimissioni una volta che questa sia pervenuta a conoscenza del datore di lavoro”.
SEGUE TESTO INTEGRALE DELLA SENTENZA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Vincenzo MILEO - Presidente -
Dott. Donato FIGURELLI - Consigliere -
Dott. Pietro CUOCO - Consigliere -
Dott. Alessandro DE RENZIS - Consigliere -
Dott. Giovanni AMOROSO - Rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
B.C., elettivamente domiciliato in ROMA VIA CALABRIA 56, presso lo
studio dell avvocato ANTONIO D AMATO, che lo difende unitamente
all avvocato GIOVANNI CINQUE, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
POSTE ITALIANE SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA PLINIO 21, presso lo studio
dell avvocato LUIGI FIORILLO, che lo difende unitamente all avvocato
ROBERTO PESSI, giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 3031/01 del Tribunale di NAPOLI, depositata il
05/07/01 - R.G.N. 47914/97;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
16/04/04 dal Consigliere Dott. Giovanni AMOROSO;
udito l Avvocato DE MARINIS per delega FIORILLO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Vincenzo NARDI che ha concluso per il rigetto del ricorso.
1. Con ricorso del 16.12.1997 al Tribunale di Napoli B.C. proponeva appello avverso la sentenza del Pretore di Napoli del 24.2.1997 con la quale era stata respinta la domanda diretta alla dichiarazione di nullità delle sue dimissioni non ritualmente accettate dalla datrice di lavoro società Poste Italiane o in subordine l annullabilità delle stesse per vizio della volontà. L appellante deduceva che erroneamente il Pretore non aveva dichiarato la invalidità delle sue dimissioni, non seguite dalla tempestiva accettazione delle Poste Italiane e viziate dalla rappresentazione erronea del godimento dei benefici contrattuali in realtà non riconosciuti dalla datrice di lavoro.
Si costituiva la S.p.A. Poste Italiane che resisteva al gravame chiedendone il rigetto perché infondato in fatto e in diritto.
Con sentenza del 5 luglio 2001 il tribunale di Napoli rigettava il gravame.
Avverso questa pronuncia proponeva ricorso per cassazione il ricorrente con due motivi di impugnazione.
La società intimata si costituiva resistendo con controricorso e successiva memoria.
Diritto
1. Il ricorso è articolato in due motivi con cui si deduce ai sensi dell art. 360 n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell art. 11, preleggi, in relazione all art. 124 d.P.R. 10/1/57 n. 3, e dell art. 1334, c.c.; nonché la violazione altresì dell art. 360 n. 5 c.p.c. per omessa, insufficiente e comunque contraddittoria motivazione.
Secondo il ricorrente sarebbe rimasta priva di dimostrazione la circostanza che la società Poste Italiane avesse provveduto a comunicare al ricorrente il provvedimento di accettazione delle dimissioni. La necessità di una tale comunicazione al fine di dare compimento alla vicenda estintiva del rapporto di lavoro disciplinato dalla normativa pubblicistica non era stata in alcun modo presa in considerazione dal Tribunale che, nella motivazione, aveva seguito un percorso argomentativo basato esclusivamente sulla riconducibilità della fattispecie alla disciplina privatistica e, dunque, sull assunto della sufficienza dell atto di dimissioni, opportunamente comunicato, ai fini della estinzione del rapporto di lavoro. In particolare il ricorrente ha ribadito l applicabilità alla fattispecie della normativa pubblicistica e segnatamente dell art. 124 d.P.R. 10/1/57 n. 3.
2. Il ricorso - i cui due motivi possono essere trattati congiuntamente in quanto oggettivamente connessi - non è fondato.
2.1. Premesso che il Tribunale ha ritenuto pacifico che le dimissioni con richiesta di pensionamento anticipato erano state presentate dal ricorrente in data 3 giugno 1994 ed accettate dalla datrice di lavoro con ord. n. 8035 del 1° ottobre 1994; mentre la revoca delle dimissioni stesse era intervenuta in data 5 dicembre 1994 (ossia dopo l entrata in vigore del primo contratto collettivo in data 26 novembre 1994 che ha segnato la cessazione dell applicabilità della previgente disciplina pubblicistica del rapporto di lavoro e contestualmente la piena applicabilità del regime privatistico), deve considerarsi in generale - come da questa Corte (Cass. 26 luglio 2002 n. 11114) già ritenuto - che con il decreto - legge 1° dicembre 1993, n. 487, convertito in legge 29 gennaio 1994, n. 71, è stata attuata (art. 1) la trasformazione dell Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni in ente pubblico economico denominato ente "Poste Italiane", con effetto dalla data di efficacia dei decreti di nomina degli organi previsti dall art. 3, da emanarsi entro il 31 dicembre 1993. Il nuovo soggetto, quale ente pubblico economico, pur conservando in relazione a taluni aspetti dei suoi assetti organizzativi e della sua azione connotati analoghi a quelli delle amministrazioni pubbliche, nello svolgimento della sua attività istituzionale si avvale degli stessi strumenti giuridici dei soggetti privati e pone in essere rapporti su base paritaria, al pari di ogni altro imprenditore. Coerentemente, l art. 6 del decreto regola la successione nei rapporti già facenti capo all azienda autonoma, precisando in particolare al comma 2 che "il personale dell Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni resta alle dipendenze dell ente, con rapporto di diritto privato" e al comma 6, che "ai dipendenti dell ente continuano ad applicarsi i trattamenti vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto fino alla stipulazione di un nuovo contratto".
Nessun dubbio, perciò, che al momento stesso del subentro del nuovo ente al precedente datore di lavoro, i rapporti di lavoro in corso sono divenuti di diritto privato (come ribadito dall art. 10 in tema di giurisdizione) e, quindi, necessariamente di natura contrattuale, gestiti dall ente con la capacità ed i poteri del privato datore di lavoro. È questa la chiave di volta che consente di precisare che cosa debba intendersi per "trattamenti vigenti" al tempo della trasformazione della natura giuridica dei rapporti di lavoro.
È perfettamente compatibile con la natura privata dei rapporti di lavoro che la regolamentazione, in via transitoria o non, sia dettata da norme giuridiche speciali e derogatorie rispetto alle norme del codice civile e delle altre leggi sul rapporto di lavoro subordinato privato. Ma sicuramente il rapporto di lavoro privato non è compatibile con regolamentazioni che assumano a loro indefettibile presupposto la natura non contrattuale del rapporto e l affidamento della sua gestione all esercizio di poteri amministrativi.
La descritta incompatibilità, sicuramente ravvisabile con riguardo alle modalità di costituzione dei rapporti di lavoro, non può non estendersi alla disciplina delle dimissioni del dipendente pubblico dettata dal cit. art. 124 t.u. dell impiego statale. Il rapporto di impiego pubblico, infatti, è costituito mediante atto unilaterale ed autoritativo dell amministrazione; conseguentemente, non può cessare per effetto di una manifestazione di volontà del dipendente. Ed infatti, ai sensi della disciplina di settore (art. 124, cit., e altre norme analoghe), tale manifestazione di volontà (dimissioni) costituisce soltanto il presupposto (e l atto di impulso del procedimento, cioè una domanda amministrativa) per l emanazione del provvedimento amministrativo che determina l estinzione del rapporto (accettazione delle dimissioni). Il quadro giuridico deve essere necessariamente diverso per i rapporti di lavoro contrattuale. L atto di accettazione delle dimissioni, ove eventualmente fosse contemplato dalle fonti di disciplina del rapporto, non potrebbe avere natura di provvedimento amministrativo, ma sarebbe un ipotesi di risoluzione consensuale del rapporto (art. 1372, co. 1, c.c.), poiché il datore di lavoro (pubblico o privato) può disporre del rapporto soltanto con la mediazione del contratto, sicché non gli potrebbe giammai essere consentito di tenerlo in vita per decisione unilaterale.
L incompatibilità tra disciplina dettata dall art. 124, cit., e natura privata del rapporto di lavoro non consente, perciò, di annoverare la disposizione nell ambito dei trattamenti vigenti ai sensi della disciplina pubblicistica e applicabili in via transitoria ai rapporti contrattuali. Dunque, indipendentemente dalla data di stipulazione del contratto collettivo, all atto stesso della trasformazione del rapporto di impiego pubblico in rapporto contrattuale, le dimissioni del dipendente sono rette, in difetto di deroghe normative, dal codice civile.
2.2. Deve inoltre considerarsi che comunque con la stipulazione del nuovo c.c.n.l. (del 26 novembre 1994) è venuta meno la disciplina pubblicistica del rapporto e si applica quella privatistica ex art. 6, comma 6, legge n. 71 del 1994. Nella specie le dimissioni sono state dichiarate ai sensi dell art. 124 d.p.r. 3/57, che prevede la prosecuzione del rapporto fino alla comunicazione dell accettazione delle dimissioni. Da tale disposizione (art. 124 cit.) era forse estraibile - nel regime del pubblico impiego - anche la regola della revocabilità delle dimissioni fino a tale comunicazione (ma in realtà tale comunicazione rilevava solo ai fini dell esatta determinazione del momento di cessazione del rapporto, mentre le dimissioni diventavano irrevocabili una volta portate a conoscenza della P.A.). Però questa regola "pubblicistica" sulla revocabilità delle dimissioni - ammesso e non concesso che esistesse - è comunque venuta meno alla data del 26 novembre 1994, a partire dalla quale il regime della revoca è esclusivamente quello privatistico. A quella data il ricorrente non aveva revocato le dimissioni; quindi la successiva revoca non poteva che essere retta dalla disciplina privatistica. Ed allora occorre tener conto che nel regime privatistico non è revocabile la dichiarazione del lavoratore di dimissioni una volta che questa sia pervenuta a conoscenza del datore di lavoro.
2.3. Peraltro l orientamento prevalente nella giurisprudenza amministrativa in sede di interpretazione della norma in questione (art. 124 cit.) relativamente all aspetto della tempestività della revoca delle dimissioni è nel senso che nel rapporto di pubblico impiego il lavoratore possa validamente revocare le dimissioni soltanto prima del momento in cui le stesse vengano accettate dal datore di lavoro, a prescindere dal momento della comunicazione al lavoratore del provvedimento di accettazione che resterebbe comunque privo di rilievo ai fini della revocabilità delle dimissioni. In particolare C. Stato, sez. VI, 1 marzo 2001, n. 1099, ha ritenuto che ai sensi dell art. 124, 2° comma, d.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3, il pubblico impiegato dimissionario volontario deve «proseguire nell adempimento dei propri doveri finché non gli venga comunicata l accettazione delle dimissioni», avendo detto provvedimento natura di atto unilaterale ed autoritativo con efficacia costitutiva, determinante, dopo la sua adozione da parte dell amministrazione, l irrevocabilità delle dimissioni. Analogamente C. Stato, sez. IV, 4 maggio 1992, n. 466, ha affermato che la domanda di dimissioni volontarie dall impiego ai sensi dell art. 124, t. u. 10 gennaio 1957, n. 3 può essere revocata fino a quando essa non sia stata accettata; pertanto, una volta che l amministrazione abbia adottato il relativo provvedimento, gli effetti costitutivi che da esso derivano determinano l estinzione del rapporto d impiego, per cui diviene inammissibile la richiesta di revoca delle offerte dimissioni in data successiva. Ancora più recentemente C. Stato, sez. VI, 22 marzo 2002 n. 1667 ha ribadito che le dimissioni volontarie hanno effetto al momento in cui vengono accettate dall Amministrazione; pertanto nelle more dell accettazione l impiegato ha l obbligo di proseguire nell adempimento dei doveri d ufficio, ai sensi dell art. 124, comma 3, del T. U. 10.1.1957, n. 3, e il mancato adempimento di tale obbligo concreta un ipotesi di assenza arbitraria, in relazione alla quale è legittimo il provvedimento di decadenza dall impiego ex art. 127 lett. c) dello stesso T.U. n. 3 del 1957.
3. In conclusione correttamente i giudici di merito hanno ritenuto non più revocabili nella specie le dimissioni rassegnate dal ricorrente per beneficiare del prepensionamento e pertanto il ricorso deve essere rigettato.
Sussistono giustificati motivi per compensare tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso; compensa tra le parti le spese di giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16 aprile 2004.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IN DATA 4 AGO. 2004.