domenica 16 gennaio 2005
AGEVOLAZIONI CONTRIBUTIVE PER L’ASSUNZIONE DEI LAVORATORI IN MOBILITA’
del Dr. Domenico De Fazio (Funzionario Direzione Generale INPS)
1. REGIME GENERALE.
Le aziende che assumono lavoratori posti in mobilità beneficiano di particolari agevolazioni contributive.
Possono accedere a tali agevolazioni le aziende che non abbiano effettuato nei 12 mesi precedenti riduzione di personale avente la stessa qualifica dei lavoratori da assumere.
Le assunzioni possono avvenire secondi diversi schemi contrattuali:
1. con contratto a termine per non più di 12 mesi, anche part-time: in tal caso, i contributi previdenziali a carico del datore di lavoro sono quelli previsti per gli apprendisti;
2. con contratto a termine, trasformato a tempo indeterminato prima della scadenza, anche a part-time: in tal caso, per ulteriori 12 mesi, i contributi a carico del datore di lavoro sono quelli dovuti per gli apprendisti;
3. con contratto a tempo indeterminato, anche a part-time: in questo caso, i contributi dovuti sono quelli previsti per gli apprendisti, per un periodo di 18 mesi.
Occorre, però, sottolineare che vi sono due tipologie di lavoratori in mobilità:
· operai, impiegati e quadri con contratto di lavoro a tempo indeterminato che hanno diritto all’indennità di mobilità ai sensi della legge n.223/19911;
· gli altri lavoratori che sono iscritti alle liste di mobilità ma non godono della relativa indennità economica, secondo quanto previsto dalla legge n.236/19932.
A queste due tipologie, corrispondono agevolazioni contributive in parte diverse.
In particolare, nelle ipotesi sopra indicate sub b) e c), se l’assunzione riguarda lavoratori aventi diritto all’indennità di mobilità, al datore di lavoro spetta anche il 50% dell’indennità che sarebbe spettata al lavoratore per un periodo massimo di:
· 12 mesi, per i lavoratori fino a 50 anni di età;
· 24 mesi, per i lavoratori oltre i 50 anni di età;
· 36 mesi, per le aree del Mezzoggiorno.
CASI PARTICOLARI.
L’art.8 c.4 legge n.223/1991 prevede che “al datore di lavoro che…assuma a tempo pieno e indeterminato i lavoratori iscritti nella lista di mobilità è concesso, per ogni mensilità di retribuzione corrisposta al lavoratore, un contributo mensile pari al 50% della indennità di mobilità che sarebbe stata corrisposta al lavoratore. Il predetto contributo non può essere erogato per un numero di mesi superiore a dodici e, per i lavoratori di età superiore a cinquanta anni, per un numero superiore a ventiquattro mesi, ovvero a trentasei mesi per le aree” del Sud Italia.
Il comma 4bis precisa che il diritto ai benefici economici è escluso con riferimento a quei lavoratori che siano stati collocati in mobilità nei sei mesi precedenti da impresa - dello stesso o di diverso settore di attività - che, al momento del licenziamento, presenta assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli dell’impresa che assume ovvero risulta con quest’ultima in rapporto di collegamento o controllo.
Tale comma aggiuntivo è stato inserito per garantire che le agevolazioni contributive fossero riconosciute solo in caso di assunzioni determinate da reali esigenze economiche ed escluse, invece, in caso di condotte finalizzate al mero godimento degli incentivi (ad esempio, mediante fittizie e preordinate interruzioni dei rapporti lavorativi).
Dopo una serie di interventi normativi e ministeriali, la Circolare INPS n.122/1999 aveva previsto che, nel caso di operazioni societarie (trasferimento d’azienda nelle varie forme, fusione, scissione), si potessero applicare le agevolazioni contributive di cui alla legge n.223/1991 esclusivamente nei seguenti casi:
- per le assunzioni a tempo indeterminato di lavoratori in mobilità e in cassa integrazione, le agevolazioni si applicavano se nel contesto delle operazioni societarie vi era stato accordo sindacale per il mantenimento dei livelli occupazionali e se il datore di lavoro subentrante garantiva la continuità dell’attività lavorativa per almeno ulteriori 12 mesi oltre la durata delle agevolazioni contributive.
Restavano esclusi i datori di lavoro di cui all’art.8, comma 4 bis della legge 223;
- per le assunzioni a tempo determinato dei lavoratori in mobilità, si faceva riferimento all’art.8, comma 2 legge n.223/1991, secondo cui il contratto a termine non può avere durata superiore a 12 mesi; in caso di conversione in contratto a tempo indeterminato, il beneficio contributivo era previsto per ulteriori 12 mesi in aggiunta alla durata del beneficio previsto dal comma 4.
La Circolare INPS n. 109/2003 ha modificato i criteri previsti dalla Circolare n. 122/1999 prevedendo che, in tutti i casi in cui si applica l’art.2112 c.c. (“Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda”)3, la modificazione dell’identità di una delle parti del rapporto lavorativo non fa sorgere il diritto alle agevolazioni contributive, previste dalla legge n.223/1991 per l’assunzione dei lavoratori in mobilità e in cassa integrazione.
La suddetta circolare ha attuato i principi indicati, tra le altre, nella sentenza n. 15207/2002 della Corte di Cassazione, secondo cui i benefici contributivi in favore delle imprese che assumono lavoratori in mobilità sono riconosciuti solo dopo l’accertamento dell’effettiva cessazione dell’originaria azienda e la nuova assunzione da parte di altra impresa per esigenze economiche reali; in caso contrario, si configura un trasferimento d’azienda, con la conseguente continuità del rapporto di lavoro (articolo 2112 c.c.).
La continuità del rapporto di lavoro si ha, quindi, in caso di azienda coinvolta in operazioni di vendita, usufrutto, affitto, fusione, incorporazione, scissione, trasformazione societaria.
In tutte queste ipotesi anche la Corte Costituzionale (ordinanza n. 367 del 19 dicembre 2003) ha confermato che non viene pregiudicata l’anzianità aziendale dei lavoratori, con la conseguente inapplicabilità dei benefici contributivi per la mancanza di effettive nuove assunzioni.
Ne deriva che, anche nel caso di “passaggio diretto di lavoratori”4 - in cui formalmente siamo di fronte a nuovi rapporti di lavoro - occorre verificare se si realizza o meno nuova occupazione: ad esempio, a prescindere dal negozio giuridico utilizzato, non si instaurano nuovi rapporti di lavoro nel caso di operazione societaria che mantenga gli stessi assetti proprietari oppure che comporti il passaggio di lavoratori a società collegate o controllate (art.8 comma 4bis legge n.223/1991).
Ne deriva che, per i casi di crisi aziendale che comporti una riduzione del personale, il legislatore:
· da una parte, ha inteso porre una tutela a favore dei lavoratori licenziati a seguito di procedure di mobilità oppure in cassa integrazione straordinaria, garantendo loro l’indennità di mobilità (o relativa anticipazione della stessa per avviare un lavoro autonomo) nei casi previsti;
· per altro verso, ha previsto la possibilità di essere assunti da “altre” aziende con le agevolazioni contributive di cui all’art.8 della legge n.223/1991 nonché l’obbligo di frequentare corsi di formazione per la riqualificazione professionale che facilitino il reinserimento lavorativo.
In pratica, per usufruire delle agevolazioni contributive di cui alla legge n. 223/1991, l’azienda che assume deve essere “diversa e distinta” rispetto a quella che ha collocato in mobilità il lavoratore.
1 Possono beneficiare dell’indennità di mobilità i lavoratori licenziati da aziende dei seguenti settori:
· INDUSTRIA con più di 15 dipendenti;
· COMMERCIO con più di 200 dipendenti;
· COMMERCIO con più di 50 dipendenti e fino a 200 (art.7 c.7 legge n.236/1993 e s.i.m.): l’indennità è stata riconosciuta dal 1° gennaio 1993 al 31 dicembre 2003, prorogata al 31 dicembre 2004 per quelle aziende che entro il 30 giugno 2004 raggiungono accordi presso il Ministero del Lavoro;
· AGENZIE di VIAGGIO e TURISMO, compresi gli operatori turistici, con più di 50 dipendenti, e IMPRESE DI VIGILANZA, con più di 15 dipendenti, (art.7 c.7 legge n.236/1993 e s.i.m.): l’indennità è stata riconosciuta dal 1° gennaio 1993 al 31 dicembre 2003, prorogata al 31 dicembre 2004 per quelle aziende che entro il 30 giugno 2004 raggiungono accordi presso il Ministero del Lavoro;
· Aziende costituite per l’espletamento di ATTIVITA’ di LOGISTICA, che occupino più di 200 dipendenti o che occupino più di 50 dipendenti fino a 200 (circolare INPS n.71 del 28 marzo 2002, punto B);
· Aziende ARTIGIANE dell’INDOTTO con più di 15 dipendenti (art.1 c.1 legge n.223/1991), nel caso in cui anche l’azienda “committente” sia stata costretta a fare ricorso alla mobilità;
· Azienda con più di 15 dipendenti che gestisce MENSE AZIENDALI i cui dipendenti operano prevalentemente presso l’azienda “committente” che è stata costretta a fare ricorso alla mobilità;
· COOPERATIVE di LAVORO che svolgano le attività comprese nei settori produttivi rientranti nel campo di applicazione della disciplina relativa all’indennità di mobilità, soggette agli obblighi della correlativa contribuzione, ai sensi dell’art.24 c.4 legge n.196/1997 (circolari INPS n.75/1997 e n.1481998);
· AZIENDE AGRICOLE che trasformano, manipolano e commercializzano prodotti agricoli e zootecnici, con più di 15 dipendenti, in quanto anche nei loro confronti si applicano, ai sensi dell’art.3 legge n.240/1984, limitatamente alla cassa integrazione guadagni, ordinaria e straordinaria, le disposizioni del settore dell’industria.
La consistenza numerica minima del personale previsto per le predette aziende riguarda il semestre precedente l’avvio della procedura di mobilità.
2 L’iscrizione alle liste di mobilità senza diritto alla relativa indennità è prevista per i seguenti lavoratori:
· licenziati per giustificato motivo oggettivo connesso a riduzione, trasformazione o cessazione di attività o di lavoro, da imprese, anche artigiane o cooperative di produzione e lavoro, che occupano meno di 15 dipendenti;
· licenziati per riduzione del personale da imprese che occupano più di 15 dipendenti, che non fruiscano dell’indennità di mobilità in quanto non possono far valere il requisito dell’anzianità aziendale di almeno 12 mesi, di cui almeno 6 di effettivo lavoro.
3 L’art.2112 c.c., riformato dall’art.32 D.lgs.n.276/2003 (c.d. riforma Biagi), stabilisce che il trasferimento d’azienda si ha quando, a prescindere dallo strumento giuridico usato dalle parti per modificare la titolarità dell’attività economica organizzata, quest’ultima abbia mantenuto le proprie caratteristiche strutturali e produttive.
Si ha trasferimento anche se oggetto dell’operazione sopra descritta sia un ramo d’azienda che si può considerare funzionalmente autonomo e che sia qualificato come tale dalle parti negoziali.
4 Tale ipotesi si verifica a seguito di un negozio trilatero concluso tra azienda cedente, azienda subentrante e lavoratori:
- dal punto di vista dei lavoratori, occorre la risoluzione consensuale del 1° rapporto di lavoro, con l’avvio immediato del nuovo rapporto;
- dal punto di vista delle società coinvolte, occorre che vi sia diversità giuridica tra di esse (anche se potrebbe succedere che la persona fisica proprietaria sia sempre la stessa): da una parte, vi è la società del datore che dismette la maestranza; dall’altra quella dell’imprenditore che contestualmente assume la maestranza stessa.