Tizio nel Maggio 2004 conclude con Caio un contratto avente ad oggetto la fornitura di scatole di cartone, che però, risultano difettosi per l esistenza di vizi che le rendono inidonee all uso al quale sono destinate.
Tizio decide pertanto di sospendere il pagamento, in quanto i vizi della merce, sebbene riconosciuti dal venditore, sono rimasti tali anche dopo che il venditore si era impegnato ad eliminarli.
Nel Luglio 2005 Caio propone un azione nei confronti di Tizio per ottenere il pagamento, facendo presente che l acquirente è decaduto dalla garanzia ex art. 1490 C.C., per tardiva denuncia dei vizi.
Il candidato, assunte le vesti del legale di Tizio, premessi brevi cenni sulla novazione, rediga motivato parere, evidenziando le problematiche sottese al caso in esame.
Tizio può agevolmente paralizzare la pretesa di Caio, opponendo l’esistenza dei vizi che affliggono le cose oggetto della vendita ai sensi dell’art. 1495, comma 3°. Ciò può essere affermato nonostante che tale norma pretenda l’assolvimento dell’onere di denuncia entro i rigidi termini di otto giorni dalla scoperta, nonché di un anno dalla consegna, nel caso di specie spirati.
Questa disposizione è applicabile alla vicenda in questione in quanto non si tratta della vendita di beni di consumo ex art. 1519 bis e ss., dato che dalla traccia sembra doversi dedurre che Tizio ha acquistato per fini non estranei alla propria attività imprenditoriale.
Il superamento degli angusti limiti temporali ex art. 1495 è possibile in quanto l’impegno assunto dal venditore, di rimozione dei difetti che affliggono la cosa, si ripercuote su di essi, alla luce di quanto affermato da una recente sentenza delle Sezioni unite.
La riparazione da parte del venditore è stata qualificata da molte sentenze (ad esempio Cass. 6089/2000) quale novazione dell’obbligo di garanzia ex art. 1476, comma 3°.
La novazione è il contratto tramite il quale le parti estinguono l’obbligazione originaria, sostituendola con una nuova, differente riguardo all’oggetto o al titolo (cosiddetto aliquid novi). In caso di eliminazione dei vizi, l’impegno assunto consiste in un facere, cioè un oggetto diverso rispetto a quanto prevede l’art. 1492, che limita i rimedi alla risoluzione o alla riduzione del prezzo. Inoltre generalmente il venditore si attiva proprio per evitare che l’acquirente agisca con le cosiddette azioni edilizie. Ricorrerebbe quindi anche il requisito dell’animus novandi, cioè la volontà di estinguere l’obbligazione sostituendola con un’altra.
In base a tale impostazione, qualora i vizi permangano o l’intervento riparatore non sia eseguito, il compratore potrebbe far valere il nuovo diritto di credito sorto a seguito della novazione. Trattandosi di un’obbligazione diversa, non sussisterebbe più l’onere di denuncia, né i presupposti per l’applicazione dei limiti temporali ex art. 1495.
Con riferimento al caso di specie, risulterebbe dunque evidente l’infondatezza dell’allegazione di Caio. Infatti Tizio, venute meno le azioni edilizie per l’estinzione dell’obbligazione di garanzia, potrebbe opporsi al pagamento del prezzo di vendita, eccependo ex art. 1460 l’inadempimento da parte del venditore Caio dell’obbligazione nuova, nascente dal contratto collegato di rimozione dei vizi. Oppure potrebbe domandare il risarcimento del danno derivante dall’inadempimento, eccependo in compensazione il relativo credito.
Le Sezioni unite (sentenza 13294/2005) però hanno smentito tale ricostruzione. Infatti non si può scordare che la novazione è un modo di estinzione delle obbligazioni cosiddetto non satisfattorio. In altri termini l’interesse cui mirava l’obbligazione estinta è destinato a non essere soddisfatto, e la nuova obbligazione mira alla realizzazione di un interesse diverso. Tutto ciò non avviene in caso di impegno ad eliminare i vizi, in cui la prestazione riparatoria è volta soddisfare il medesimo interesse originario, dell’acquisizione del bene compravenduto in assenza di difetti. Si tratta quindi di una mera modifica delle modalità esecutive della medesima obbligazione. Di conseguenza il compratore resta legittimato alle azioni ex art. 1493 ed in linea di massima rimane applicabile la restante disciplina relativa all’obbligo di garanzia del venditore.
Del resto le Sezioni unite hanno affermato che dall’iniziativa del venditore derivano ripercussioni favorevoli al compratore sui termini ex art. 1495.
Infatti, di fronte allo sforzo del venditore di assicurare alla controparte il risultato dell’operazione contrattuale, il compratore, in ossequio alla regola della correttezza ex art. 1175, non potrebbe assumere alcuna iniziativa nei suoi confronti, né avrebbe interesse a denunciare i vizi. La paralisi alle sue azioni non può che essere compensata dal venir meno del rigido rispetto dei termini ex art. 1495, nessuno escluso. Altrimenti si giungerebbe alla paradossale conclusione che l’impegno dell’alienante, invece di favorire l’acquirente, lo pregiudicherebbe.
In conclusione, riferendo quanto illustrato alla vicenda descritta nella traccia, si deve innanzitutto ribadire che Tizio può opporsi al pagamento del prezzo facendo valere la garanzia per vizi, che non si è estinta per novazione.
In particolare potrà domandare la risoluzione del contratto di vendita, e l’eventuale risarcimento del danno, dovendo nel qual caso restituire la merce. Qualora invece sia interessato a conservare le cose acquistate, potrà domandare la riduzione del prezzo proporzionalmente al loro minor valore, più l’eventuale risarcimento danni. Un’ulteriore via percorribile è la mera eccezione ex art. 1460.
In ogni caso l’utilizzabilità di tali mezzi non è compromessa dal fatto che non c’è stata denuncia entro otto giorni dalla scoperta ed entro un anno dalla consegna. Infatti l’impegno del venditore alla rimozione, per le ragioni accennate, svincola il compratore dai termini e dalle condizioni ex art. 1495.
BREVI CONSIDERAZIONI SULLA TRACCIA
Data la felice intuizione dell’argomento della prova d’esame, nella rubrica di preparazione pubblicata su questo sito, più che sulla difficoltà della tematica generale (per cui si rimanda all’approfondimento "L’impegno del venditore ad eliminare i vizi della cosa", di seguito allo svolgimento del parere "Problemi di sesso", tratto dal libro "Lo studio e la redazione del parere di diritto civile", Colasanti - Di Punzio, cap. 22, pp. 451 e ss., Maggioli, 2006) è il caso sin da subito di concentrarsi sulle peculiarità della traccia uscita.
In questo caso il compratore non assumeva le vesti dell’attore ma del convenuto. Questo significa che ad esso era specificamente applicabile l’ultimo inciso dell’art. 1495, comma 3°, per cui la possibilità di fare valere la garanzia è subordinata al fatto che il vizio sia stato denunciato entro otto giorni dalla scoperta ed un anno dalla consegna.
Lo svolgimento del parere è condizionato dall’espressa richiesta di brevi cenni sulla novazione. Dunque si sarebbe dovuto iniziare analizzando gli effetti favorevoli al compratore che l’orientamento giurisprudenziale, maggioritario fino all’intervento delle Sezioni unite, ha connesso all’impegno assunto dall’alienante, qualificandolo come accordo novativo. Sulla base di tale impostazione sarebbe stato facile sostenere le ragioni del cliente Tizio. Infatti l’obbligazione nuova, estintiva dell’obbligo di garanzia, sarebbe stata indubbiamente sottratta allo speciale regime restrittivo previsto per quest’ultimo.
Nonostante che le Sezioni unite abbiano sconfessato questa ricostruzione, per le ragioni esposte, che andavano spiegate, comunque il limite temporale poteva essere superato.
Infatti, di fronte allo sforzo del venditore di assicurare alla controparte il risultato dell’operazione contrattuale, il compratore, in ossequio alla regola della correttezza ex art. 1175, non potrebbe assumere alcuna iniziativa nei suoi confronti, né avrebbe interesse a denunciare i vizi. La paralisi alle sue azioni non può che essere compensata dal venir meno del rigido rispetto dei termini ex art. 1495, nessuno escluso. Nella vicenda descritta nella traccia, dunque, l’acquirente Tizio avrebbe potuto far valere la garanzia, domandando la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo.
Per mera completezza (ma in modo del tutto ininfluente per il voto d’esame) si sarebbe potuto accennare che parte della giurisprudenza (Cass. 1168/2000) riconosce in questi casi al convenuto la possibilità di presentare l’eccezione ex art. 1460, senza avvalersi della garanzia, e quindi rimanendo sottratto alla relativa disciplina restrittiva.
In questi casi l’eccezione può essere proposta dal compratore, convenuto dal venditore, anche qualora sia decaduto dalla garanzia per vizi della cosa. Si è preferito rimuovere la menzione di tale orientamento, inizialmente collocata nel corpo del parere, in quanto si tratta di un argomento meramente rafforzativo che esula dalla sfera di conoscenza del candidato medio.
Sulla base di alcune richieste di chiarimenti, si ritiene di precisare che sarebbe stata assolutamente corretta l’argomentazione che avesse giustificato il superamento del rispetto del termine sulla base del riconoscimento dei vizi, effettuato dal venditore se non altro attraverso l’impegno alla loro rimozione. Infatti, come illustrato nell’approfondimento del parere proposto nella rubrica di simulazione, la giurisprudenza ammette “l’efficacia del riconoscimento del vizio da parte del venditore anche se successivo al termine di otto giorni, in base ad una presunzione relativa di conoscenza precedente o, preferibilmente, ad una rinuncia tacita alla decadenza (sull’argomento approfonditamente Jarach, Corr. Giur. 1996, n° 1)”. Seguendo tale impostazione, dopo avere escluso la configurabilità della novazione, si sarebbe potuto immediatamente citare questo orientamento giurisprudenziale favorevole a Tizio (ad esempio tra le tante in tal senso Cass. 5434/1996).
Infine non sarebbe stato erroneo citare il passo della sentenza che qualifica l’impegno a rimuovere i vizi come riconoscimento del debito ex art. 2944, menzionandone l’effetto interruttivo della prescrizione, che fa decorrere ex novo il temine di prescrizione annuale stabilito dal primo inciso dell’art. 1495, comma 3°. Per scrupolo di esattezza, però, si fa notare che, ai fini della soluzione del parere, la qualificazione dell’impegno a rimuovere i vizi come riconoscimento del debito sarebbe preferibilmente dovuta essere ricondotta nell’ambito dell’art. 2966.