lavoroprevidenza

lunedì 18 dicembre 2006

OPPOSIZIONE A CARTELLA DI PAGAMENTO: ONERE DELLA PROVA DELLA TEMPESTIVITÀ ; CARATTERE PERENTORIO DEL TERMINE.

Sentenza del dr. Natalino Sapone Giudice del Lavoro di Reggio Calabria e componente Direzione Scientifica LavoroPrevidenza.com

OPPOSIZIONE A CARTELLA DI PAGAMENTO: ONERE DELLA PROVA DELLA TEMPESTIVITÀ ;


CARATTERE PERENTORIO DEL TERMINE.



Spetta all’opponente provare la tempestività dell’opposizione alla cartella di pagamento in materia previdenziale, la tempestività essendo presupposto della proponibilità dell’azione.


Il termine per proporre opposizione alla cartella di pagamento in materia previdenziale ha carattere perentorio




Proc. n. 527/2006



PROSECUZIONE DEL VERBALE D’UDIENZA DELL’8/11/2006



MOTIVI DELLA DECISIONE


Ex art. 281 sexies cpc



1. Parte ricorrente propone opposizione avverso la cartella di pagamento con la quale le è stato ingiunto il pagamento della somma di € 4.688,79.



Sia l’Inps sia l’ETR eccepiscono la tardività dell’opposizione per essere stata proposta dopo il termine, fissato dall’art. 24 comma 5 l. n. 46/99, di 40 giorni dalla notificazione della cartella di pagamento.



2.L’eccezione è fondata.



Omissis…



L’opposizione è comunque inammissibile, per non averne l’opponente dimostrato la tempestività.



Ritiene infatti questo giudice che spetta all’opponente dimostrare la tempestività dell’opposizione. Ciò in quanto la tardività dell’opposizione, per violazione del termine previsto dall’art. 24, è causa d improponibilità dell’azione. Il che è evincibile dall’art. 2969 c.c., a norma del quale “la decadenza non può essere rilevata d ufficio dal giudice, salvo che, trattandosi di materia sottratta alla disponibilità delle parti, il giudice debba rilevare le cause d improponibilità dell’azione”.



La predetta norma istituisce, ad avviso di questo giudice, un rapporto di normale coincidenza, nelle materie sottratte alla disponibilità delle parti, tra decadenza e improponibilità dell’azione.



I contributi previdenziali costituiscono materia indubitabilmente sottratta alla disponibilità delle parti. Di talché la decadenza fissata ex art. 24 determina l’improponibilità dell’opposizione. Dunque la tempestività del ricorso, ossia il rispetto del termine ex art. 24, è presupposto processuale. A differenza dei fatti estintivi – il cui onere probatorio spetta al debitore – i presupposti processuali vanno provati da chi agisce in giudizio. Incombe quindi sull’opponente l’onere di provare il rispetto del termine ex art. 24.



Non avendo l’opponente assolto a tale onere, l’opposizione non può che essere dichiarata inammissibile.



3. Va inoltre osservato che il termine ha carattere perentorio, secondo quanto ritenuto dalla giurisprudenza prevalente (Trib. Parma 24/1/2003, Trib. Vicenza del 23/11/2001, Trib. Modena 8/6/2991, Trib. Bologna 26/9/2002), pur in mancanza di un’espressa qualificazione in tal senso ad opera della norma.



Il carattere perentorio è correlato alla funzione - che il ruolo riveste - di accertamento del credito. Ciò che è desumibile dalla circostanza –desumibile dal comma 6 dell’art. 24 D. Lgs. n. 46/99 – che l’opposizione contro il ruolo può essere proposta anche per motivi inerenti il merito della pretesa contributiva. Ed essendo indubitabile che in tali ipotesi - opposizione per motivi inerenti al merito della pretesa contributiva - vi è un accertamento della pretesa sostanziale, se ne deve inferire che anche il ruolo ha l’idoneità a fondare un accertamento.



Ne segue l’idoneità del ruolo a fissare la pretesa impositiva, sì da renderla incontestabile.



Ora, tale incontestabilità non potrebbe raggiungersi ove si ammettesse la possibilità di contestare sine die il provvedimento impositivo. Tale possibilità è per l’appunto preclusa - e l’incontestabilità garantita - dalla previsione di termine perentorio per l’opposizione.



Quanto sin qui detto riceve una chiara conferma, sul piano sistematico, dalla natura espressamente dichiarata perentoria dei termini per l’opposizione a tutti gli altri provvedimenti impositivi analoghi alla cartella di pagamento in quanto costituenti manifestazione del potere di autotutela esecutiva.



Si pensi alla disciplina dei termini previsti nel processo tributario (art. 21 D. lgs. 546/82), nel processo di opposizione ad ordinanza-ingiunzione (art. 22 l. n. 689/81), al provvedimento di cui all’art. 2 l. n. 389/89 (il precedente storico della cartella di pagamento).



Disciplina che - deve ritenersi - il legislatore non ha avuto intendimento di modificare in un punto così qualificante come quello (del carattere perentorio) del termine per l’opposizione, attesa l’indubitabile valorizzazione e generalizzazione del sistema della riscossione mediante ruoli realizzata con il predetto D. Lgs.


Sicché l’ordinarietà del termine per l’opposizione apparirebbe disarmonica in un contesto di potenziamento del sistema di riscossione.



Le osservazioni sin qui svolte superano l’argomento principale che depone per il carattere meramente ordinatorio del termine , ossia il disposto dell’art. 152 comma 2 cpc.



In primo luogo si rileva come la S. C. abbia chiarito che “Sebbene l art. 152 c.p.c. disponga che i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, salvo che questa li dichiari espressamente perentori, non si puo da tale norma dedurre che, ove manchi un esplicita dichiarazione in tal senso, debba senz altro escludersi la perentorieta del termine; nulla vieta infatti di indagare se, a prescindere dal dettato della norma, un termine, per lo scopo che persegue e la funzione che adempie, debba esser rigorosamente osservato, e sia quindi perentorio, come deve ritenersi, pur non essendo dichiarato tale dalla legge, per il termine di cinque giorni prima dell udienza entro il quale devono costituirsi (art. 98, comma 3, l. fall.) i creditori esclusi dallo stato passivo del fallimento che abbiano proposto l opposizione di cui allo stesso art. 98, in considerazione delle esigenze di certezza e celerita del procedimento di verifica dello stato passivo fallimentare, con la conseguenza che dalla inosservanza di tale termine deriva la decadenza dell opposizione, non sanabile da una riproposizione di essa, che in quanto tardiva, e da dichiarare inammissibile” (Cassazione civile sez. I, 6 giugno 1997, n. 5074).



Massima cui questo giudice aderisce, facendo notare che l’art. 152 comma 2 è norma generale , che quindi deve poter essere derogata dalle norme che disciplinano i singoli termini, in forza del principio di specialità che governa il conflitto tra norme di pari rango. Per cui quello fissato dall’art. 152 comma 2 è un principio che può valere solo fino a quando il carattere ordinatorio del termine non risulti incompatibile con lo scopo e con la funzione che la norma attribuisce al termine stesso. O, detto altrimenti, quando la perentorietà del termine è, per usare la dizione dell’art. 156 comma cpc, requisito indispensabile per il raggiungimento dello scopo (che il legislatore si prefigge con la previsione) del termine stesso.



Inoltre, il principio del raggiungimento dello scopo, consacrato nell’art. 156 cpc, ma di indubbia valenza generale in materia processuale, non può non avere rilievo anche ai fini della verifica circa il carattere perentorio o ordinatorio di un termine.



Ma è soprattutto un’altra la considerazione che depotenzia in radice l’argomento – sostenuto dalla tesi che nega il carattere perentorio del termine – fondato sull’art. 152 comma 2 cpc. Ed è la considerazione fondata sulla valenza sostanziale (connessa appunto alla capacità di fissare un accertamento incontrovertibile della pretesa impositiva) del ruolo (e quindi , correlativamente, del termine fissato per l’opposizione al medesimo).



L’art. 152 cpc è infatti una norma di carattere processuale – che si riferisce cioè ad atti a valenza esclusivamente endo-processuale (la norma parla di “termini per il compimento degli atti del processo”) - e che dunque, per gli effetti che trascendono il piano endoprocessuale, può valere non più che come principio di carattere orientativo e residuale, che recede di fronte a chiari indici di segno opposto.



L’opposizione va pertanto dichiarata inammissibile.



Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.




Reggio Calabria, 8/11/2006



Il Giudice del lavoro


dott. N. Sapone



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