Fattori di implementazione dei controlli strategico – gestionali
Prof. Sergio Sabetta
Il D. Lgs. 286/99 nel riordinare l’attività di controllo ha individuato quattro distinte aree senza che tuttavia ad oggi si abbiano, nonostante la mole teorica degli scritti e la profusione di convegni in materia, risultati apprezzabili per ampiezza salvo pochi brillanti casi, ne è un riflesso indiretto l’attuale polemica sull’istituzione dell’Autority per il controllo della qualità amministrativa degli enti locali.
Occorre quindi richiamare le circostanze che possano decretare il successo o meno di una tale operazione.
Preliminare è innanzitutto che vi sia una chiara visione a riguardo dei vertici e la volontà di perseguire il risultato nonché di utilizzarne i dati, altrimenti si trasmette alla struttura il senso di inutilità dell’azione rafforzata da una confusa indicazione degli obiettivi da parte dei vertici stessi senza la contemporanea individuazione dei criteri di misura e delle loro connessioni.
L’introduzione di tali strumenti si scontra inevitabilmente con la cultura professionale, organizzativa e territoriale delle persone coinvolte, necessita pertanto una corretta comunicazione interna del modello introdotto al fine di portarlo alla condivisione tra vertice e livelli organizzativi, pena una sua adozione parziale se non solo formale.
Il contesto organizzativo stabile facilita l’introduzione del modello strutturale in esame come la semplicità della mission, mentre una complessità dell’attività svolta e quindi degli obiettivi da conseguire, aggiunta ad una elevata turbolenza ambientale, aumenta la criticità del successo.
Il controllo strategico o gestionale che sia risulta quindi essere un processo in continua evoluzione sia in termini di affinamento che di ridefinizione in rapporto al mutare dell’organizzazione e del contesto ambientale, con una elevata pervasività delle strutture e flessibilità, anche se con notevoli costi in termini di risorse umane, finanziarie e di tempo.
Occorre comunque attenzione a non creare una eccessiva complessità gestionale, individuando le priorità di misurazione del sistema senza creare prospettive miracolistiche.
Il bilanciamento delle misurazioni deve essere corretto, senza calcare su particolari aspetti al fine di non lanciare messaggi distorti all’organizzazione, puntando solo su alcune variabili.
Il processo deve spingersi in profondità nei livelli organizzativi con possibilità di ascolto delle osservazioni provenienti dal personale coinvolto, anche di carattere critico.
Le fasi dell’implementazione sono date dalla costituzione di un Executive team, dalle interviste ai personaggi chiave, con la conseguente costituzione ed approvazione della mappa strategica a seguito della raccolta e analisi delle informazioni sul profilo strategico organizzativo, costruzione dei set di indicatori relativi alle diverse prospettive, processo di discussione e revisione, integrazione con gli altri sistemi di misurazione economico-finanziaria, formulazione dei target e avvio procedure.
Il sistema dovrà comunque contenere pochi ma efficaci indicatori facilmente interpretabili, in caso contrario si corre il rischio di vanificare il lavoro svolto nella implementazione delle strutture di controllo, con la conseguente perdita di credibilità e un loro lento abbandono, anche per l’inefficienza delle letture. Ma necessita anche un continuo lento aggiornamento nel tempo del cruscotto di indicatori integrati fra loro.
Bibliografia
· A. Garroni, Il controllo strategico. Modelli e strumenti per il controllo dei processi di gestione strategica, Egea, 2003;
· G. Invernizzi, Strategic Management Accounting. Una ricerca sui sistemi di supporto alla gestione strategica, Egea, 2005.