lavoroprevidenza

lunedì 20 novembre 2006

DIFFERENZE RETRIBUTIVE: DECORRENZA

Tribunale di Reggio Calabria - Sez. Lav. - dr. Natalino Sapone

Motivazione contestuale controversia Cagnolo-Comune Reggio Calabria



TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA



Proc. n. 252/2001



PROSECUZIONE DEL VERBALE D’UDIENZA DEL 2/2/2005



MOTIVI DELLA DECISIONE


ex art. 281 sexies cpc



1.Parte ricorrente , dipendente presso il Comune di Reggio Calabria, inquadrata nella ex quarta qualifica funzionale , assume di avere svolto sin dal 24/6/1994 mansioni di Ufficiale di Stato Civile, sussumibili, a suo dire, nella ex 6° qualifica funzionale oggi cat C. Chiede che il Comune sia condannato a procedere al suo l’inquadramento nella categoria C a decorrere dal 30/6/1998, con la corresponsione delle relative differenze retributive; in via subordinata chiede il pagamento delle differenze retributive. In via ulteriormente subordinata chiede la condanna del Comune a corrispondere ai sensi dell’art. 2041 c.c. l’indennizzo per indebito arricchimento.



Il Comune chiede il rigetto integrale della domanda.



2.La domanda volta a conseguire l’inquadramento nelle mansioni superiori corrispondenti alla cat. C è infondata.


Il comma 1 dell’art. 52 TUPI infatti prevede, nel secondo periodo, che “l’esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell’inquadramento del lavoratore..”.



3.In ordine alla domanda proposta in via subordinata, volta ad ottenere la differenza di trattamento economico, si osserva che in data 24/6/1994 il Sindaco ha delegato alla odierna ricorrente le funzioni di ufficiale di stato civile. E’ risultato dalle deposizioni testimoniali che la ricorrente ha svolto in modo continuativo ed esclusivo siffatte funzioni sino al 2000. Va rimarcato che l’assegnazione in via prevalente dell’odierna ricorrente alle mansioni di ufficiale di stato civile deve ritenersi cessata in data 19/6/2000, data del provvedimento del Dirigente U. O. settore AA. GG., col quale si è disposta l’adibizione ai compiti relativi agli atti di stato civile di altro dipendente , autorizzando quest’ultimo ad utilizzare l’odierna ricorrente solo in via sussidiaria e solo in caso di assenza o impedimento ed ove necessario per esigenze di servizio.



4.I compiti di ufficiale di stato civile sono sussumibili nella cat. C CCNL Comparto Enti locali 1998-2001. Secondo l’esemplificazione dei profili proprio dell’anzidetta categoria riportata nell’allegato A del CCNL, rientrano nella cat. C , tra gli altri, i lavoratori che svolgono “attività istruttoria nel campo amministrativo, tecnico e contabile, curando, nel rispetto delle procedure e degli adempimenti di legge ed avvalendosi delle conoscenze professionali tipiche del profilo, la raccolta , l’elaborazione e l’analisi dei dati”.



A riprova della sussumibilità dei compiti , svolti in via delegata, di ufficiale di stato civile in una categoria superiore a quella B, di attuale inquadramento della ricorrente, basti porre mente alla circostanza che rientrano nella cat. B, tra gli altri, i lavoratori che provvedono “alla redazione di atti e provvedimenti utilizzando il software grafico, fogli elettronici e sistemi di videoscrittura nonché alla spedizione di fax e telefax, alla gestione della posta in arrivo e in partenza”.



5.Va poi precisato che l’assegnazione dell’odierna ricorrente a mansioni di ufficiale di stato civile, per il periodo oggetto della domanda (successivo al 30/6/1998), deve ritenersi nulla, in quanto non risulta provata la vacanza del posto in organico e comunque in quanto l’utilizzazione si è protratta per ben oltre i sei mesi previsti dall’art. 52 comma 2 TUPI; e comunque in quanto non risulta siano state avviate , ai sensi del comma 4 dell’art. 52, le procedure per la copertura del posto vacante nel termine di 90 giorni dalla data in cui la dipendente è stata assegnata alle mansioni superiori.



Si applica quindi alla fattispecie in esame il comma 5 dell’art. 52 (prima art. 56 del d.lgs. n. 29/93, come modificato dal d.lgs. n. 80/98), secondo cui “al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2, è nulla l’assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore, ma al lavoratore è corrisposta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore”.


Occorre poi considerare che secondo la prevalente giurisprudenza “Il diritto del dipendente pubblico, che ne abbia svolto le funzioni, al trattamento economico relativo alla qualifica immediatamente superiore, va riconosciuto, con carattere di generalità, a decorrere dall entrata in vigore del d.lg. 29 ottobre 1998 n. 387. Si tratta di un riconoscimento legislativo che possiede un evidente carattere innovativo e che non riverbera in alcun modo la propria efficacia su situazioni pregresse” (Consiglio Stato ad. plen., 25 gennaio 2000 n 10).


Nel medesimo senso le seguenti massime:


“Il diritto alle differenze retributive per lo svolgimento delle mansioni superiori da parte dei pubblici dipendenti va riconosciuto con carattere di generalità soltanto a decorrere dall entrata in vigore del d.lg. 29 ottobre 1998 n. 387, che con l art. 15 ha reso anticipatamente operativa la disciplina dell art. 56, d.lg. 3 febbraio 1993 n. 29, atteso che, prima di tale data, nel settore del pubblico impiego, salvo diversa disposizione di legge, le mansioni svolte da un pubblico dipendente erano del tutto irrilevanti ai fini della progressione di carriera ovvero dell emanazione di un provvedimento di preposizione ad un ufficio” (Consiglio Stato, sez. VI, 19 dicembre 2003, n. 8347).


“Nessuna norma o principio generale consente la retribuibilità in via generale delle mansioni superiori comunque svolte nel campo del pubblico impiego, che salvo una disposizione di legge che disponga diversamente, sono del tutto irrilevanti dal punto di vista giuridico ed economico; il diritto alle differenze retributive per le funzioni di livello immediatamente superiore per i pubblici dipendenti spetta a decorrere dall entrata in vigore del d.lg. 29 ottobre 1998 n. 387” (Consiglio Stato, sez. V, 16 giugno 2003, n. 3355).


“L esercizio di mansioni superiori da parte di personale dipendente della p.a., ancorché con attribuzione per atto formale, non comporta alcun diritto, neppure per differenze retributive, salvo che ciò sia contemplato in espresse previsioni normative; in particolare, il diritto alle differenze retributive per lo svolgimento delle funzioni superiori da parte dei pubblici dipendenti andrebbe riconosciuto con carattere di generalità a decorrere dall entrata in vigore del d.lg. 29 ottobre 1998 n. 387, che, con l art. 15, ha reso operativa la disciplina di cui all art. 56 del d.lg. 3 febbraio 1993 n. 29” (T.A.R. Puglia Lecce, sez. II, 18 dicembre 2002, n. 8314).


“La spettanza al dipendente di differenze retributive correlate a mansioni superiori svolte è stata introdotta nel testo normativo originario del d.lg. n. 29 del 1993 con l art. 15 d.lg. n. 387 del 1998; successivamente il suo contenuto è stato riprodotto nell attuale testi unico sul pubblico impiego (art. 52 d.lg. n. 165 del 2001, "in parte qua" ricognitivo). Il riconoscimento legislativo del diritto di che trattasi possiede un carattere innovativo per la sua apertura nei confronti del "mansionismo"; pertanto va attribuito con carattere di generalità solo a decorrere dall entrata in vigore del d.lg. n. 387 del 1998” (T.A.R. Puglia Bari, sez. II, 14 marzo 2002, n. 1441).


“Il diritto alle differenze retributive per mansioni superiori da parte di pubblici dipendenti va riconosciuto con carattere di generalità solo a partire dalla data di entrata in vigore del d.lg. 29 ottobre 1998 n. 387 che con l art. 15 ha reso anticipatamente operativa la disciplina dell art. 56 d.lg. 3 febbraio 1993 n. 29” (T.A.R. Puglia Bari, sez. I, 8 gennaio 2002, n. 48).


Non ignora questo giudice che recentemente la S. C. si è pronunciato in senso difforme dalla richiamata giurisprudenza (dec. n. 91 dell’8/1/2004). Tuttavia ritiene questo giudice che gli argomenti addotti da detta pronuncia non siano sufficienti a superare l’orientamento prevalente, quanto meno nei casi, come quello in esame, in cui l’assegnazione a mansioni superiori sia nulla.


Infatti, l’argomento fondamentale viene ravvisato dalla pronuncia della S. C. nell’art. 36 della Costituzione nella parte in cui attribuisce al lavoratore il diritto a una retribuzione proporzionale alla quantità e qualità del lavoro prestato.


Ora, il principio dell’art. 36 Cost. - anche nella sua valenza interpretativa, ossia utilizzato come argomento in grado di orientare l’interprete a preferire tra più soluzioni ermeneutiche possibili quella conforme a Costituzione - in caso di assegnazione nulla nel pubblico impiego, viene ad essere limitato dal principio di buon andamento ed imparzialità di cui all’art. 97 comma 1 Cost. (Consiglio Stato, sez. VI, 27 novembre 2002, n. 6495), del quale costituisce aspetto imprescindibile il principio di legalità. Principio di legalità per l’appunto violato in caso di assegnazione nulla.


Inoltre, in caso di assegnazione nulla viene ad essere violato anche il principio di cui al comma 3 dell’art. 97 Cost., nell’interpretazione della recente giurisprudenza anche costituzionale, secondo cui occorre in linea di principio il pubblico concorso per l’accesso anche a qualifiche superiori e secondo cui siffatta regola può essere derogata solo in ipotesi ben determinate , sorrette da specifiche ragioni. Non certo quindi in violazione dei limiti fissati anche dalla legislazione ordinaria.


Va poi rilevato che l’interpretazione che disconosce il carattere retroattivo della modifica operata dall’art. 15 d.lgs. n. 387/98 si lascia preferire essendo l’irretroattività delle norme principio generale, la cui deroga esige una chiara previsione, assente nella norma in questione.


6. Da quanto detto consegue che alla ricorrente spetta la differenza di trattamento per il periodo dal 22/11/1998 sino al 19/6/2000.


Considerate pertanto le risultanze della ctu – che questo giudice ritiene di far proprie - , la somma spettante ammonta ad euro 2.338,13, oltre ad interessi legali dal dovuto al soddisfo.


7. Va rigettata , per il periodo dall’1/7/1998 sino al 22/11/1998, anche la domanda di arricchimento senza causa, essendovi, prima dell’entrata in vigore dell’art. 15 d.lgs. n. 387/98, un espresso divieto legislativo al riconoscimento del diritto alle differenze retributive per il caso di assegnazioni a mansioni superiori. La presenza di una specifica norma di rango primario che disciplina la fattispecie preclude quindi anche l’applicazione dell’istituto, operante in via sussidiaria, dell’indebito arricchimento.


8. Il rigetto della domanda principale induce a compensare per 1/3 le spese processuali, ponendosi a carico di parte convenuta la restante parte, che si liquida come in dispositivo. Vanno poste interamente a carico dell’ente convenuto le spese di ctu, che si liquidano come in dispositivo.


Reggio Calabria, 2/2/2005


Il Giudice


dott. N. Sapone






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