TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA
Il Giudice del lavoro, dott. Natalino Sapone,
letta l’istanza proposta nell interesse di PANSERA ANTONINO, difeso dall avv. Michele Salazar, depositato in Cancelleria in data 18/4/2006, nei confronti dell’AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI REGGIO CALABRIA, difeso dall avv. Francesco Guglielmo Azzarà,
letti gli atti del procedimento n. 45/2006 R. G. P. S.;
OSSERVA
1.Il ricorso , proposto ai sensi dell’art. 669 duodecies cpc, tende ad ottenere la determinazione delle modalità di attuazione dell’ordinanza cautelare del 27/3/2006, con la quale questo Tribunale ha disposto la sospensione del provvedimento di revoca del comando dell’odierno ricorrente presso l’Amministrazione Provinciale di Reggio Calabria.
Il ricorrente espone che detta ordinanza non è stata eseguita, che gli è stato persino impedito da parte della odierna convenuta di firmare il foglio di presenza.
2.L’Amministrazione Provinciale contesta la fondatezza della domanda, di cui chiede il rigetto.
In particolare deduce l’ineseguibilità dell’ordinanza in questione siccome attinente a comportamenti infungibili e dunque incoercibili dell’amministrazione.
3. Ritiene questo giudice che il limite alla suscettibilità di esecuzione forzata dei provvedimenti del giudice ordinario nei confronti della pubblica amministrazione vada posto a partire dal punto in cui è ravvisabile l’infungibilità del comportamento attuativo. Infungibilità i cui margini non si prestano ad essere delineati con maggiore ampiezza rispetto a quanto avviene nei confronti dei datori di lavoro privati. Anzi, in linea di principio, è avviso di questo giudice che possano essere definiti in modo più restrittivo. Ciò a motivo del diverso referente normativo cui occorre avere riguardo: per i datori di lavoro privati, l’art. 41 Costituzione , quindi la libertà di iniziativa economica; per la pubblica amministrazione, l’art. 97 Costituzione , dunque il buon andamento dell’amministrazione, del quale non può non essere considerato aspetto essenziale il principio di legalità.
Precisamente reputa questo giudice che per definire i confini dell’infungibilità del comportamento richiesto – e correlativamente, l’area dell’insuscettibilità di esecuzione forzata – occorra distinguere a seconda che l’attuazione del provvedimento giudiziale debba concretizzarsi per il tramite di condotte materiali (meri comportamenti) o invece per il tramite di atti giuridico-formali. Per atti giuridico-formali intendendosi atti che incidano direttamente - ossia con il sol fatto della loro adozione - sulla configurazione del rapporto di lavoro, producendo un’immediata modificazione dello status e sulle situazioni giuridiche facenti capo al lavoratore e al datore di lavoro.
Solo in relazione ai primi (meri comportamenti) è dato ravvisare l’imprescindibilità di una attiva, materiale e immanente collaborazione datoriale ed è quindi solo in relazione ad essi che va predicata l’insostituibilità della condotta del datore di lavoro da parte del giudice.
Là dove invece l’attuazione del provvedimento giudiziale possa avere luogo attraverso l’adozione di atti giuridico-formali, non si dà più l’imprescindibilità di una incoercibile collaborazione datoriale. Dunque, cessa anche l’infungibilità del comportamento , che costituisce il vero ostacolo che si frappone all’esecuzione forzata.
Ciò puntualizzato su un piano generale, e venendo al caso di specie, ritiene questo giudice che l’ordinanza cautelare , con la quale è stata disposta la sospensione della revoca del comando, non sia suscettibile di esecuzione forzata.
Ciò in quanto detta ordinanza è da ritenere, per un verso, precisamente per quanto riguarda il versante giuridico-formale , autoesecutiva. Vale a dire è di per sé idonea a soddisfare l’interesse del dipendente a vedersi riconosciuto un determinato status ed a conseguire una determinata configurazione del rapporto di lavoro. Ragion per cui non sono necessari , su questo piano, ulteriori atti giuridico-formali al fine di dare attuazione all’ordinanza.
Tale autoesecutività fa sì che qualsivoglia comportamento non coerente con la sospensione degli effetti del revoca del comando sia da considerare quale violazione dell’ordinanza giudiziale e come inadempimento da parte del datore di lavoro nei confronti del lavoratore.
In particolare integrerebbe violazione dell’ordinanza giudiziale - ed inadempimento nei confronti del dipendente - il rifiuto da parte dell’amministrazione resistente di ricevere la prestazione lavorativa da parte dell’odierno ricorrente.
Però, non è possibile in sede di esecuzione forzata l’imposizione all’amministrazione di comportamenti specifici, in quanto, collocandosi siffatti comportamenti al di là dell’aspetto giuridico-formale, si rientrerebbe nell’area in cui è imprescindibile la collaborazione del datore di lavoro, ed in cui quindi non è ammessa l’esecuzione forzata.
Dunque il ricorso va rigettato in quanto l’ordinanza della cui esecuzione si tratta in parte è autoesecutiva, ed in parte insuscettibile di esecuzione forzata.
Si ravvisa nella controvertibilità della questione un giusto motivo per compensare interamente tra le parti le spese processuali.
P. Q. M.
RIGETTA l’istanza.
Compensa interamente tra le parti le spese processuali.
Reggio Calabria, 8.5.2006
Il Giudice