lunedì 6 novembre 2006
CUMULO DEL PART-TIME: NUOVO GIRO DI VITE
di Rosa Rutigliano su Il Denaro
La somma di contratti part-time presso più datori di lavoro non consente il superamento dei limiti di orario disciplinati dal decreto legislativo n. 66/2003.
In questi termini la risposta all’interpello prot. 25/I/0004581.
L’orario di lavoro deve essere organizzato in modo tale che sia compatibile con le “primarie esigenze di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori”.
Siffatto principio è stato sottolineato dal Ministero del Lavoro nella circolare 8 del 3 marzo 2005 che esamina alcuni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro con riferimento ai decreti legislativi n. 66/2003 e n. 213/2004. La circolare ribadisce l’inderogabilità del riposo settimanale e stabilisce che, anche se non esiste alcun divieto di essere titolari di più rapporti di lavoro non incompatibili, il lavoratore ha l’onere di comunicare ai datori di lavoro “l’ammontare delle ore in cui può prestare la propria attività nel rispetto dei limiti indicati e fornire ogni altra informazione utile in tal senso”.
Nei confronti di tale circolare alcuni commentatori hanno, però, sollevato il dubbio circa il divieto di rispettare, attraverso il cumulo dei rapporti lavorativi, delle norme sull’orario.
Adesso, con la risposta all’interpello, il ministero del Lavoro ribadisce che, nelle ipotesi di cumulo di più rapporti di lavoro a tempo parziale con più datori di lavoro, rimane fermo l’obbligo di rispettare i limiti di orario di lavoro e il diritto al riposo settimanale del lavoratore, come disciplinati dal decreto legislativo n. 66/2003.
Ulteriori riflessioni, peraltro, rafforzano tale affermazione. La circolare del Lavoro 10 giugno 1952, n. 8/37705 nega, infatti, che i lavoratori, i quali effettuino in via continuativa e presso una medesima azienda il normale orario di lavoro maggiorato dello straordinario, possano prestare la loro attività anche alle dipendenze di altro datore di lavoro.
Inoltre la circolare del Lavoro 55/2000, nel consentire l’ingresso in Italia di extracomunitari con rapporti di lavoro part-time, afferma la possibilità per i lavoratori di cumulare, in via generale, più rapporti di lavoro per raggiungere l’orario contrattuale pieno.
Altro motivo di riflessione si ricava dalla sentenza del 5 febbraio 2000, n. 1307 con la quale la Cassazione indica le norme finalizzate alla tutela della salute quale oggetto di autonomo diritto primario assoluto e, con riferimento all’articolo 41 della Costituzione, stabilisce che i limiti posti dalle stesse si sostanziano nell’obbligo di non creare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana.
Infine una considerazione merita l’articolo 4 della direttiva 2002/15/Ce che regola la durata massima settimanale della prestazione lavorativa per i lavoratori mobili (gli autisti) e prevede che il limite delle 48 ore medie settimanali (estensibile a 60 in particolari condizioni) valga anche in caso di pluralità di rapporti di lavoro. La direttiva statuisce infatti che la durata della prestazione di lavoro per conto di più datori di lavoro sia pari alla somma di tutte le ore effettuate. A tal fine il datore di lavoro è tenuto a chiedere, per iscritto, al lavoratore mobile il numero di ore di lavoro prestate presso un altro datore di lavoro.