domenica 29 ottobre 2006
ASSISTENZA HANDICAPPATI: LE ASSENZE GIUSTIFICATE E RETRIBUITE
Ministero del Lavoro - Note 10 ottobre 2006, nn. 4577 e 4582
Con due note di interpello, il Ministero del Lavoro mette a fuoco due aspetti delicati della normativa INPS in materia di riconoscimento delle assenze dei lavoratori subordinati per assistere familiari e parenti in condizione di handicap. Materie che interessano le aziende in prima persona, dato che, se riconosciute, giustificano la mancata presenza al lavoro e il pagamento della busta paga. Le note ministeriali affrontano il concetto di assistenza continua e lontananza, e assistenza a familiare non convivente, in relazione ai permessi retribuiti di tre giorni al mese.
A) Il requisito della assistenza "continua" non è presente in caso di lontananza tra le abitazioni di chi presta assistenza e handicappato che la riceve. Ma l’INPS, con circolare n. 128/2003, chiarì che la lontananza va intesa anche in senso temporale oltre che spaziale e stabilì che c’è assistenza se la distanza delle abitazioni è coperta in circa un’ora: in questo caso, è possibile fornire un’assistenza quotidiana e continua. Negli altri casi, l’assistenza non è di per sé esclusa: ma in queste ipotesi il lavoratore deve dare "rigorosa prova" della prestazione di assistenza continua in base ai rientri giornalieri. È possibile riconoscere questa "esigua" lontananza per il personale navigante che lavora su un aereo? Con nota n. 4577 il Ministero del Lavoro risponde in senso affermativo: il personale dispone di facilitazioni illimitate sui voli nazionali - sono parole del dicastero - che consentono di far ritorno alla propria abitazione e con un’ora di volo " è possibile raggiungere qualsiasi località nazionale".
B) I riposi mensili devono essere riconosciuti anche ai lavoratori che accudiscono i genitori o parenti/affini entro il terzo grado, conviventi o meno con la persona handicappata. Se in casa ci sono persone non lavoratrici è evidente che i permessi non possono essere accordati a chi lavora, in quanto il disabile trova assistenza già dentro casa. Ma se in casa la persona casalinga ha più di 70 anni, è invalida e non è in grado di assistere il familiare, è chiaro che il discorso cambia ed è possibile ammettere i permessi mensili al lavoratore richiedente. Su tale punto, le aziende sono sempre molto dubbiose e hanno la sensazione di dare permessi a chi non ne avrebbe diritto. A questo proposito è utile ricordare che INPS con circolare n. 133/2000 ha elencato i motivi per i quali una persona in casa non è in grado di accudire il familiare disabile per cui è possibile accordare i permessi ad altri, senza necessità di ricorrere a visite medico-legali:
- riconoscimento di pensioni di inabilità al 100% (INPS o di qualsiasi altro ente pubblico);
- riconoscimento di pensioni di invalidità con infermità superiori ai due terzi (pensioni di invalidità civile, assegni INPS, rendite INAIL e simili);
- età inferiore ai 18 anni, anche se il ragazzo non è studente;
- infermità temporanea per i periodi di ricovero ospedaliero;
- età superiore ai 70 anni avendo un’invalidità riconosciuta;
- mancanza di patente di guida, quando il disabile deve essere trasportato, in alcuni giorni, fuori casa per visite mediche, terapie specifiche e simili e non ci sono altri familiari conviventi o, se ci sono, anche loro non hanno la patente di guida.
Con nota n. 4582 il Ministero del Lavoro chiarisce che non è necessaria una specifica valutazione medico-legale per accertare l’invalidità della persona ultra70enne. Per le persone sopra i 70 anni basta una valutazione che dia un responso di invalidità in termini di percentuale, una invalidità che non sia qualificata da specifiche patologie e non quantificata in parametri percentuali. Per cui l’invalidità di cui stiamo discutendo è quella che viene riconosciuta dalle commissioni sanitarie che operano nell’ambito delle ASL.