Elogio dell’Umiltà
Ovvero la pazienza di lavorare con i propri limiti
Prof. Sergio Sabetta
Nel riecheggiare l’opera di Erasmo da Rotterdam “Elogio della pazzia”, nella quale mediante satira si valuta l’agire del mondo contemporaneo, sollecitando la semplicità dei rapporti umani e spirituali, anche oggi la complessità e competitività delle attuali strutture sociali e tecnologiche spinge il singolo ad una arroganza nella valutazione delle proprie capacità e conoscenze, nell’autoesaltazione quale mezzo per prevalere in una ricerca della stima di sé stesso. Avviene che in molti casi i rapporti che si formano non sono “per” ma “contro” qualcuno o qualcosa e questo non solo all’esterno delle strutture ma sempre più all’interno delle stesse; d’altronde la vendita del prodotto e il ritorno devono essere immediati in quanto l’investire per costruire e non per sottrarre comporta rinunce nell’immediato con guadagni futuri potenziali ma incerti.
Spinoza nega l’umiltà come virtù ritenendola una semplice contemplazione della propria impotenza, ma la polemica si estende a quasi tutto il pensiero moderno basti pensare a Kant in cui l’Umiltà spuria si riduce alla ipocrita ricerca del favore altrui mediante plageria e solo l’ Umiltà morale è degna quale riconoscimento della grandezza della legge. E’ tuttavia con Nietzsche che si raggiunge il massimo della polemica definendo l’umiltà come un aspetto della morale degli schiavi.
Tutto questo in netta contrapposizione alla religiosità medioevale dell’umiltà quale volontaria sottomissione alla potenza di Dio ( S. Agostino, S. Bernardo di Chiaravalle).
Occorre in realtà recuperare la magnanimità Aristotelica nel desiderare grandi onori essendone tuttavia degni, come afferma S. Tommaso l’umiltà tempera l’animo dando misura ai desideri verso le cose maggiori perseguendole secondo la retta ragione.
In realtà l’umiltà che sfocia nella magnanimità è una virtù che consiste nel giudicare se stessi secondo il proprio valore, senza soffrire di gelosia e invidia verso gli altri ( Cartesio ); perfetto contrario della superbia quale gioia originata dal sentirsi più del giusto ( Spinoza), circostanza che spinge a imprese fallimentari ( Aristotele ). Ma l’umiltà comporta anche l’esercizio della tolleranza quale punto di incontro dei compiti e degli interessi rispettivi e pertanto delle opinioni che ne nascono, si ha un calare nel quotidiano di un principio che nato per i rapporti tra Stato e Chiesa (Locke) garantisce le esigenze dello sviluppo culturale e scientifico.
Certamente vi è la necessità di provare, l’uomo è spinto a cimentarsi, ma il tutto deve avvenire con la coscienza e conoscenza dei propri limiti in una sufficiente esatta valutazione dei probabili rischi; in questo rientra anche la necessità dell’ascolto.
E’ stato riscontrato che nella maggior parte dei casi si tende a sopravvalutarsi con una scarsa attitudine alla realtà, solo chi è all’esterno ha una visione più completa, certo con la possibilità di eventuali manipolazioni.
Vi è una mancanza di informazioni e dove esistono una loro errata valutazione, nella carenza delle conoscenze vi è l’incapacità di confrontarle con gli altri nel tentativo di non riconoscere i propri limiti secondo una visione egocentrica.
Le previsioni per quanto fredde e razionali sono influenzate dai propri fattori emotivi e istintivi, in cui solo un giudizio esterno può riportare l’analisi sui dati considerando le esperienze precedenti e altrui.(1)
L’umiltà dell’ascolto contro l’errore per un eccesso competitivo di autostima.
Nota
1. Dunning D., Heath C. e Suls J. M., Immagine imperfetta, in “Mente & Cervello” 30 – 35, 23/2006.