IL CONTENZIOSO RELATIVO ALL’ ATTIVITA’ ASSISTENZIALE DEL PERSONALE TECNICO-AMMINISTRATIVO DELLE UNIVERSITA’
Una delle questioni più complesse e dibattute in ambito universitario riguarda il trattamento economico del personale dipendente degli atenei operante presso strutture sanitarie. E’ indispensabile, ai fini di una sintetica trattazione della questione (limitata nella presente relazione al personale tecnico-amministrativo), un breve excursus sulla normativa di riferimento.
Il punto di partenza è dato dalla legge 12 febbraio 1968, n. 132, che ha inteso realizzare un sistema di assistenza ospedaliera pubblica più efficace mediante il coinvolgimento anche delle cliniche e degli istituti universitari di ricovero e cura. Successivamente sono intervenute diverse disposizioni di legge finalizzate a regolamentare l’utilizzazione nell’ambito delle strutture ospedaliere del personale universitario medico e non medico.
L’art.4 della legge 25 marzo 1971, n. 213 ha riconosciuto al personale medico universitario svolgente attività assistenziale il diritto alla percezione di un’indennità avente finalità di equiparazione del trattamento economico a quello del personale medico ospedaliero di pari funzioni e anzianità. Analoga indennità è stata successivamente prevista dall’art.1 della legge 15 maggio 1974, n. 200 anche per il personale universitario non medico in servizio presso le cliniche e gli istituti universitari di ricovero e cura convenzionati con gli enti ospedalieri o gestiti direttamente dalle università. La previsione di tale trattamento di equiparazione è stata infine reiterata ed unificata, per tutto il personale universitario (medico e non medico), purché in servizio presso strutture a carattere assistenziale, dall’art.31 del decreto presidenziale 20 dicembre 1979, n. 761.
Tale norma al comma 1 prevede per il personale universitario in servizio presso i policlinici, le cliniche e gli istituti universitari di ricovero e cura convenzionati con le Regioni e con le Unità Sanitarie Locali la corresponsione di un’indennità nella misura occorrente per equiparare il relativo trattamento economico a quello del personale del S.S.N. di pari funzioni, mansioni ed anzianità, precisando al comma 4 che l’equiparazione del personale universitario a quello del S.S.N., ai fini della corresponsione della suddetta indennità, sarebbe stata stabilita in apposite tabelle contenute negli schemi tipo di convenzione di cui alla legge 23 dicembre 1978, n. 833. Per il personale non medico i criteri di equiparazione sono contenuti nel decreto interministeriale del 9 novembre 1982, adottato dai Ministri della pubblica istruzione e della sanità, il cui allegato D ha fissato in concreto le corrispondenze tra personale universitario e personale ospedaliero. Il comma 2 del medesimo art.31 prevede che le somme necessarie alla corresponsione dell’indennità di cui al comma 1 sono integralmente a carico delle Regioni, che provvedono a trasferirle alle Università secondo le modalità stabilite in apposite convenzioni.
L’indennità prevista dal citato art.31, come evidenziato dalla Corte Costituzionale[1] e dal Consiglio di Stato[2], ha finalità specificamente perequative, poiché elimina disparità retributive tra impiegati che, pur appartenendo a differenti amministrazioni (quella universitaria e quella ospedaliera), svolgono la medesima attività lavorativa. La relativa corresponsione è pertanto condizionata allo svolgimento effettivo di funzioni o mansioni di tipo assistenziale, terapeutiche e di cura, poiché, in caso contrario, si determinerebbe un ingiustificato arricchimento a favore del personale universitario[3].
Il Consiglio di Stato ha elaborato una consolidata giurisprudenza in materia[4], di cui è possibile ripercorrere i punti fondamentali.
Anzitutto, l’insorgenza del diritto del personale universitario in servizio presso le strutture sanitarie alla corresponsione dell’indennità ex art.31 D.PR. n. 761 del 1979 è condizionata ad un solo adempimento, che è l’adozione delle tabelle di equiparazione volte ad individuare le corrispondenze tra i livelli retributivi. Tale adempimento è avvenuto col D.I. 9 novembre 1982, la cui entrata in vigore rappresenta per il predetto personale universitario il momento genetico del diritto alla corresponsione dell’indennità ex art.31 D.PR. n. 761 del 1979. La stipulazione delle convenzioni tra le Università e le autorità preposte al Servizio sanitario nazionale (Regioni e U.S.L.), previste dal comma 2 dell’art.31 medesimo, non può essere considerata come condizione indefettibile per il riconoscimento dell’equiparazione economica tra personale universitario esplicante attività assistenziale e personale sanitario di pari funzioni.
A tal proposito, il Consiglio di Stato ha sempre evidenziato la sussistenza di un duplice ordine di rapporti: l’uno relativo al rapporto di impiego tra Università e dipendenti, nel cui ambito l’indennità, come emolumento perequativo ed aggiuntivo, costituisce parte integrante del trattamento economico del dipendente, l’altro, relativo alla provvista finanziaria delle somme occorrenti per la corresponsione dell’indennità, intercorrente tra Università e Regione. Tra i due rapporti di diversa natura non esiste alcuna possibilità di interferenza, poiché le convenzioni sono finalizzate esclusivamente alla regolamentazione del rapporto di provvista finanziaria e non hanno alcuna ripercussione sul rapporto di impiego del personale universitario.
La concreta assegnazione da parte dell’Amministrazione universitaria del dipendente ad una struttura avente vocazione assistenziale ed il conseguente svolgimento di attività assistenziale costituiscono l’elemento sostanziale per il pagamento dell’indennità ex art.31 D.PR. n. 761 del 1979, che costituisce un preciso ed inderogabile obbligo a carico degli Atenei, indipendentemente dalla stipulazione o meno delle convenzioni con gli enti obbligati al finanziamento della spesa.
Le convenzioni, inoltre, proprio perché sono finalizzate a regolare il rapporto di provvista finanziaria, non possono fissare criteri di equiparazione difformi da quelli contenuti nell’allegato D del D.I. 9 novembre 1982, la cui efficacia vincolante non lascia alle amministrazioni interessate alcun margine di discrezionalità nella definizione delle corrispondenze tra personale universitario e personale sanitario.
Il Consiglio di Stato ha, infine, affermato che il possesso della VII o VIII qualifica funzionale universitaria, indipendentemente da come la medesima sia stata acquisita e dal titolo di studio posseduto, comporta, ai sensi del D.I. 9 novembre 1982, il diritto al trattamento economico corrispondente al IX e X livello sanitario, precisando, altresì, che, una volta che i suddetti livelli IX e X livello sanitario sono confluiti nella dirigenza (a seguito del C.C.N.L. 1994-1997), il personale universitario a questi equiparato ha diritto a conseguire il trattamento economico dei dirigenti del ruolo sanitario.
I principi giurisprudenziali sommariamente descritti riguardano, però, controversie instaurate ancora in regime di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ossia antecedentemente al trasferimento della giurisdizione sul pubblico impiego dal giudice amministrativo al giudice ordinario, attuato con il decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 80. A seguito di tale trasferimento, la giurisdizione sulle controversie del personale tecnico-amministrativo delle Università appartiene al giudice ordinario, a differenza del personale docente, rientrante tra le categorie non contrattualizzate rimaste sotto la giurisdizione del giudice amministrativo.
La giurisprudenza dei giudici del lavoro sul tema ha assunto un diverso indirizzo ermeneutico.
In particolare, diverse sentenze[5] hanno ritenuto che il D.I. 9 novembre 1982, a suo tempo attuativo del sistema di corrispondenza tra personale universitario e personale del servizio sanitario, non risultando aggiornato a dispetto del tempo trascorso e insensibile a qualunque sopravvenienza normativa, debba considerarsi privo di efficacia a seguito della normativa sopravvenuta.
In effetti, da un punto di vista sistematico risulta quanto meno incoerente il fatto che in un contesto di lavoro pubblico contrattualizzato, ove la contrattazione collettiva assume un ruolo centrale in materia di classificazione professionale e trattamenti economici (artt.2, comma 3 e 52 del D.lgs. 30 marzo 2001 n. 165), si faccia riferimento ad una tabella emanata venti anni prima con atto unilaterale ed autoritativo.
Sarà interessante verificare lo sviluppo della giurisprudenza ordinaria in materia e gli indirizzi che assumeranno le Corti di Appello e la Suprema Corte di Cassazione nell’esercizio della sua fondamentale funzione nomofilattica.
Dott. LUCA BUSICO, funzionario Ufficio Legale Università di Pisa
[1] Cfr. C. Cost., 16 maggio 1997 n. 136, in Consiglio di Stato 1997,II,809, Giurisprudenza costituzionale 1997,1536.
[2] Cfr. Cons. St., Sez. VI, 10 gennaio 2005 n. 5, in Consiglio di Stato 2005,I,5.
[3] Cfr.: C.G.A.R.S., 10 giugno 1998 n. 402, ivi,1998,I,1077; Cons. St., Sez. VI, 6 marzo 2002 n. 1350, ivi,2002,I,533, Foro amministrativo CDS 2002,748.
[4] Cfr.: Cons. St., Sez. VI, 28 dicembre 1993 n. 1032, in Consiglio di Stato 1993,I,1695; Cons. St., Sez. VI, 16 maggio 1995 n. 447, ivi,1995,I,818, Foro amministrativo 1995,999; Cons. St., Sez. VI, 30 ottobre 2001 n. 5674, in Consiglio di Stato 2001,I,2372; Cons. St., Sez. VI, 29 maggio 2002 n. 2978, in Foro amministrativo CDS 2002,1341; Cons. St., Sez. VI, 10 gennaio 2003 n. 63, ivi,2003,190; Cons. St., Sez. VI, 16 novembre 2004 n. 7487, ivi,2004,3265; Cons. St., Sez. VI, 11 aprile 2005 n. 1584, in Consiglio di Stato 2005,I,648; Cons. St., Sez. VI, 14 marzo 2006 n. 1332, in www.giustizia-amministartiva.it.
[5] Cfr.: Tribunale di Siena, 13 ottobre 2004 n. 196; Tribunale di Firenze, 5 gennaio 2005 n. 1293 e 9 dicembre 2005 n. 1265 (inedite).