POSTA ELETTRONICA E INTERNET
Corte di appello di Milano - Sentenza del 30 settembre
2005 - Pres. Castellini - Rel. Trogni - Recordati - Industria
farmaceutica e chimica s.p.a. (Avv. Daverio) c. Lazzaroni
(Avv.ti Noro e Bolognesi)
Programmi informatici - Monitoraggio di posta elettronica
e accessi ad internet del singolo dipendente - Violazione
artt. 8 e 4 Stat. Lav. - Sussiste
(Artt. 8 e 4 Stat. Lav.)
I programmi informatici che consentono il monitoraggio
della posta elettronica e degli accessi ad internet
violano, da un lato, l’art. 8 Stat. Lav., posto che il monitoraggio
e la conservazione per un certo lasso di tempo
dei dati acquisiti può concretare trattamenti dei dati
sensibili che consentono al datore di lavoro di acquisire
indicazioni sulle “opinioni politiche, religiose o
sindacali” del singolo dipendente o, più in generale, su
altri interessi o fatti estranei alla sfera “dell’attitudine
professionale” cui l’art. 8 rigorosamente limita il diritto
d’indagine del datore; dall’altro, l’art. 4 dello stesso
Statuto, ove non sia attivata la procedura prevista per
l’istallazione delle apparecchiature necessarie per soddisfare
esigenze aziendali di cui al comma 2, posto che
certamente sono strumenti idonei ad attuare un controllo
a distanza dell’attività dei lavoratori.
Nota
La sentenza che qui si annota si segnala per aver affrontato
l’interessante tema della violazione degli artt. 4 e 8
Stat. Lav. (norme scritte nel 1970) in relazione a quei
software informatici che consentono di registrare e conservare
tutti i dati relativi alle connessioni internet ed agli
accessi di posta elettronica.
La pronuncia, peraltro, ha deciso il secondo grado del giudizio
conclusosi con la nota sentenza del Tribunale di Milano
31 marzo 2004 (edita in Or. Giur. lav., 2005, 1, 108).
Il Collegio affronta separatamente la violazione delle due
norme statutarie e, con particolare riferimento all’art. 8, si
riscontra una sostanziale differenza rispetto al primo grado.
Infatti il giudice di prime cure aveva ritenuto che “Non
costituisce violazione dell’art. 8 dello Statuto dei Lavoratori,
che rigorosamente limita il diritto di indagine dal datore di lavoro
sulle opinioni dei propri dipendenti, la conoscenza occasionata
da un sistema di controllo sull’uso di strumenti informatici
aziendali perché la condotta vietata presuppone una volontà diretta
all’acquisizione di informazioni precluse al datore di
lavoro”. Come si evince chiaramente dalla massima riportata,
perché si possa concretizzare la violazione dell’art. 8
Stat. Lav. sarebbe infatti necessario un elemento ulteriore;
la volontà del datore di lavoro di acquisire le informazioni
(in questo senso si segnala Pret. Milano 6 novembre 1979,
in Rass. Giur. lav., 1980, IV, 101; in dottrina De Felice, in
Quad. dir. lav. e rel. ind., 1990, 121).
Sebbene non coincidenti sotto il profilo dello strumento
utilizzato, ma certamente per quanto attiene la ratio dell’istituto,
in altri casi la giurisprudenza ha ritenuto che violino
l’art. 8 le centraline telefoniche che consentono di registrare
il numero chiamato, la durata e di inserirsi nella
conversazione (Pret. Milano 9 novembre 1985, in Rass.
Giur. lav., 1984, IV, 255). Diversamente, sempre in relazione
alle centraline telefoniche è stato ritenuto che “Per
contenere i costi telefonici con le esigenze del lavoro, il datore di
lavoro può annotare giornalmente per ogni telefono aziendale le
chiamate, il numero chiamato e la durata della telefonata. Tale
registrazione che non attiene al contenuto delle chiamate, non
contrasta con l’art. 8 dello statuto dei lavoratori, né con la disciplina
a tutela della privacy del lavoratore” (Trib. Torino 9
gennaio 2004, in Giur. Piem., 2004, 131).
In realtà l’interpretazione dell’art. 8 fornita dalla Corte
d’appello appare più coincidente con le effettive potenzialità
di controllo dello strumento utilizzato, anche tenuto
conto della possibilità di verificare e trattenere informazioni
sugli interessi e le attività del lavoratore.
Per quanto attiene la violazione dell’art. 4 Stat. Lav. la pronuncia
che qui si annota riprende integralmente il percorso
argomentativo del giudice di primo grado e conseguentemente
ritiene che è sufficiente ad integrare la fattispecie
la mera potenzialità del controllo (cfr. Cass. 16 settembre
1997, n. 9211, Nuova giur. civ. comm., 1998, I, 830).
Sotto diverso profilo, si segnala che il Collegio non ha ritenuto
che nella fattispecie si vertesse in un’ipotesi di c.d. “controllo
difensivo”, ossia quel controllo teso ad evitare condotte
illecite del lavoratore. La Corte ha, inoltre, precisato che, anche
laddove il controllo fosse difensivo, ciò non esclude l’applicabilità
della procedura di confronto sindacale prevista dal
comma 2 dell’art. 4 (sui controlli difensivi si segnala Cass. 3
aprile 2002, n. 4746, in Not. giur. lav., 2002, 642).