Mutamento d incarico
reclamo ex art. 700 provvedimento del 1.9.05:
dirigente scolastio - legittimità del provvedimento ministeriale di mutamento dell inarico (da istituto tecnico superiore a scuola media) - conferimento degli incarichi dirigenziali: artt. 19 D.lvo 165/01 nonché dall’art. 23 CCNL 1.3.02 e dell’art. 12 CIN 28.5.02; inonferenza degli artt. 24 CCNL e 13 CIN - pari dignità degli istituti scolastici - inapplicabilità dell art. 2103c.c.
IL G.L.
Sciogliendo la riserva nel giudizio ex art. 700 c.p.c. promosso da Pascuzzi Giuseppe nei confronti dell’Ufficio Scolastico Regionale della Calabria, avente ad oggetto l’impugnazione del provvedimento del 13.7.05, di “riemissione degli incarichi ai dirigenti scolastici”, nella parte in cui assegna al ricorrente, già dirigente dell’ITC Lucifero, l’incarico di dirigente presso l’IC Don Milani, anzicchè presso l’Ipsia di Crotone ovvero l’ITC Lucifero, ovvero altra istituzione di 2° settore formativo; rilevata la contumacia del terzo controinteressato Prof. Miringolo Umile, incaricato presso l’Ipsia di Crotone, osserva quanto segue.
A sostegno della domanda parte ricorrente deduce, sotto il profilo del fumus bonis iuris, l’illegittimità del provvedimento direttoriale per violazione della normativa anche collettiva in materia di assegnazione, mutamento degli incarichi e mobilità professionale, assumendo che l’Amministrazione, disattendendo il diritto del ricorrente al mutamento di incarico presso l’Ipsia di Crotone, giusta domanda del 20.6.05, avrebbe, senza addurre alcuna motivazione, operato un’indebita mobilità professionale d’ufficio assegnando al ricorrente un incarico non equivalente al precedente tenuto conto che l’istituzione di destinazione (l’IC Don Milani) rientra nel 1° settore formativo e non già nel 2°, sì da porre in essere un illegittimo declassamento del dirigente scolastico.
Risulta allo stato infondata l’eccezione di illegittimità del decreto direttoriale per carenza di motivazione.
Ai sensi del combinato disposto degli artt. 2 comma 1, 5 comma 2 e 63 comma 1 T.U. 165/01, i provvedimenti adottati dall’ente pubblico si distinguono in provvedimenti di natura amministrativa (art. 2 comma 1) - che cioè attengono alla determinazione dei principi fondamentali inerenti l’organizzazione degli uffici ed in relazione ai quali difetta la giurisdizione del giudice ordinario che ne potrà conoscere solo in via incidentale e cioè laddove siano “rilevanti ai fini della decisione” (art. 63 cit.) – e provvedimenti di natura privatistica (art. 5 comma 2 T.U. citato) – che hanno ad oggetto le “determinazioni per l’organizzazione degli uffici, e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro che vengono assunti dagli organi preposti con le capacità ed i poteri del privato datore di lavoro” ed in relazione ai quali non possono pertanto valere le categorie dei vizi tipici degli atti amministrativi (eccesso di potere, difetto di motivazione ...) essendo tali atti di natura privatistica (gius-lavoristica) ed in quanto tali assoggettati esclusivamente alle disposizioni di cui al capo I, titolo II, del libro V c.c., alle leggi sui rapporti di lavoro subordinati nell’impresa nonchè ai contratti collettivi (art. 2 comma 2 e 3 T.U.).
Ebbene, il provvedimento impugnato essendo estrinsecazione del potere autoritativo connesso all’organizzazione degli uffici ed alla gestione delle risorse umane, ha natura privatistica, con la conseguenza che lo stesso sarà sindacabile in via giudiziale limitatamente alla violazione di legge, di contratto collettivo, e/o di regolamento interno.
Ciò posto, premesso che gli incarichi dirigenziali sono tutti a termine, rilevato che il decreto di riemissione degli incarichi impugnato in questa sede, scaturisce dalla scadenza naturale degli incarichi dirigenziali nella Regione Calabria alla data del 31.8.05, si osserva che la normativa applicabile al caso di specie è quella prevista dall’art. 19 D.lvo 165/01 nonché dall’art. 23 CCNL 1.3.02 e dell’art. 12 CIN 28.5.02, che disciplinano appunto il conferimento degli incarichi dirigenziali.
Risultano di contro inconferenti i richiami operati dal ricorrente agli istituti del “mutamento di incarico” e “mobilità professionale”, di cui all’art. 24 CCNL nonché a quello del “mutamento di incarichi in casi eccezionali” di cui all’art. 13 CIN; istituti questi che trovano applicazione in pendenza del contratto individuale e che possono essere attivati, a richiesta del dirigente (e non già d’ufficio), dall’anno scolastico successivo al conferimento dell’incarico, ovvero, eccezionalmente nei casi di particolare urgenza ed esigenze familiari di cui al citato art. 13 CIN.
Nel disciplinare la materia de qua, l’art. 19 comma 1 D.lvo 165/01 sancisce l’inapplicabilità dell’art. 2103 c.c. al conferimento degli incarichi dirigenziali ed al passaggio ad incarichi diversi, coerentemente con il principio dell’unicità della dirigenza statale e, più specificatamente nel settore scolastico, della pari dignità delle vari istituzioni in ossequio ai principi dettati dal nuovo ordinamento fondato sull’autonomia scolastica. Peraltro, la norma citata, individua i criteri di conferimento dell’incarico, specificando che dovrà tenersi conto della natura e delle caratteristiche degli obiettivi prefissati, delle attitudini e capacità professionali dei singoli dirigenti valutate anche in considerazione dei risultati conseguiti con riferimento agli obiettivi prefissati. Più specificatamente l’art. 26 D.lvo 165/01 sancisce che i dirigenti scolastici sono inquadrati nei ruoli regionali e rispondono, agli effetti dell’art.
L’art. 23 CCNL, nel disciplinare l’affidamento degli incarichi dei dirigenti scolastici, richiama l’art. 19 comma 1 cit., precisando che i criteri di valutazione sono costituiti dalle caratteristiche e complessità delle istituzioni scolastiche da affidare, dalle attitudini capacità ed esperienze professionali del singolo dirigente, dai risultati conseguiti e dalla rotazione degli incarichi finalizzati a favorire lo sviluppo della professionalità del dirigente stesso.
Coerentemente con il sistema organizzativo sin qui delineato, ove il principio dell’unicità della funzione dirigenziale deve comunque armonizzarsi con quello della graduazione delle funzioni dirigenziali, quale espressione di efficienza e buon andamento dell’amministrazione, l’art. 5 CIN cit. specifica che, ai fini dell’articolazione delle funzioni dirigenziali e delle connesse responsabilità (cui peraltro è correlata la retribuzione di posizione) si tiene conto dei seguenti criteri generali concernenti le oggettive caratteristiche delle istituzioni scolastiche: a) criteri attinenti la dimensione (numero degli alunni, dei docenti, del personale); b) la complessità (pluralità di gradi o indirizzo, sezioni distaccate, plessi, ecc.); c) il contesto territoriale (disagi sociali, e/o territoriali); c) responsabilità in relazione alla particolare configurazione della istituzione scolastica.
Dalla lettura combinata delle norme citate emerge pertanto che, ai fini dell’affidamento degli incarichi dirigenziali, il criterio selettivo della professionalità del dirigente – da valutarsi sulla scorta delle attitudini, capacità, esperienze professionali anche in funzione dei risultati conseguiti – deve rapportarsi al grado di complessità dell’istituzione scolastica da affidare al dirigente stesso.
Ebbene, il grado di complessità dell’istituzione scolastica, i cui parametri sono indicati, si ribadisce, dall’art. 5 CIN, è rappresentato dalla cosiddetta “pesatura” delle singole istituzioni regionali, procedimento questo definito con decreto del Direttore Generale del 16.6.05 prot. n. 14098 (successivamente rettificato in data 15.7.05). Tanto si evince chiaramente dalla documentazione depositata dall’Amministrazione ed in particolare dalla tabella allegata al citato decreto ove emerge chiaramente come il punteggio assegnato ad ogni singola istituzione scolastica è rapportato proprio alla “dimensione” (sulla scorta dei dati forniti inerenti al numero degli alunni, dei docenti e del personale ATA), alla “complessità” ed al “contesto”, elementi anche questi desunti sulla scorta dei dati indicati dall’art. 5 CIN.
Emerge pertanto chiaramente come nella valutazione dell’incarico da affidare al dirigente nessuna rilevanza può assumere il grado di “settore formativo” (se cioè afferente alla scuola elementare o media, agli istituti secondari superiori ovvero agli istituti educativi) così come assume il ricorrente; settore formativo al quale la contrattazione collettiva si riferisce esclusivamente nel disciplinare la mobilità professionale (art. 11 CIN) che, si ribadisce, è istituto estraneo alla fattispecie per cui è causa. Il settore formativo di cui all’art. 11 cit., infatti, lungi dal rappresentare una sorta di graduazione (gerarchica) delle istituzioni scolastiche, come apoditticamente sostenuto dal ricorrente, individua esclusivamente la tipologia di modulo formativo che deve sostenere il dirigente laddove intenda – a domanda – transitare da un settore all’altro al fine di acquisire la specifica professionalità richiesta. Tanto si evince chiaramente dal comma 6 dell’art. 11 CIN cit, laddove si specifica che l’accoglimento della domanda di mobilità è subordinato all’esito positivo dell’esame finale relativo al modulo da frequentare. La stessa circostanza che siano stati attualmente banditi concorsi per i differenti settori formativi, lungi dal confermare l’assunto del ricorrente circa la verticalità delle diverse istituzioni scolastiche, conferma invece l’interpretazione resa dal giudicante relativa alla pari dignità dei diversi settori formativi ed alla finalità del concorso stesso rappresentata dall’esigenza di formare specifiche professionalità.
E’ evidente pertanto che detto meccanismo trova applicazione laddove vi sia apposita domanda del dirigente che, formatosi in uno specifico settore formativo per aver partecipato al relativo concorso, intenda transitare in altro settore, mentre nessun ostacolo può porsi laddove sia la stessa amministrazione che affidi – d’ufficio – alla scadenza naturale del contratto, il nuovo incarico sulla scorta dei parametri valutativi di cui all’art. 23 CCNL e 5 CIN, tenuto anche conto che lo stesso art. 23 favorisce la “rotazione” degli incarichi finalizzata tra l’altro a garantire la più efficace ed efficiente utilizzazione delle risorse ed a favorire lo sviluppo professionale del dirigente stesso.
In sostanza non appare condivisibile la tesi del ricorrente secondo cui l’attribuzione di un incarico afferente un diverso settore formativo rispetto a quello di provenienza (nel caso di specie da istituti secondari superiori a scuole elementari e medie) costituisca un illegittimo declassamento, ribadendosi al contrario che l’equivalenza o meno del (nuovo) incarico da affidare va valutata sulla scorta della graduazione delle funzioni dirigenziali e, dunque, in considerazione dei parametri indicati dall’art. 5 CIN e “riassunti” nella procedura di “pesatura” delle istituzioni scolastiche.
Sotto tale profilo, pertanto, non appare ipotizzabile alcuna violazione del disposto di cui all’art. 23 comma 4 CCNL secondo cui l’amministrazione, laddove non confermi l’incarico precedente e non vi sia una valutazione negativa ai sensi dell’art. 27 CCNL, è tenuta ad assicurare al dirigente scolastico un incarico di norma equivalente, tenuto conto che, nel caso di specie, a fronte della mancata conferma dell’incarico ricoperto presso l’ITC Lucifero (per motivi che di seguito si specificheranno) e, contestualmente, della valutazione ampiamente positiva della professionalità del ricorrente per come espressa dal nucleo di valutazione, è stato attributo al ricorrente un incarico superiore (per quanto afferente un diverso settore formativo) tenuto conto che nell’ambito del procedimento di pesatura sopra citato, l’IC Don Milani è valutato istituzione maggiormente complessa rispetto all’ ITC Lucifero, che in quanto tale richiede una superiore responsabilità e professionalità dirigenziale.
Quanto poi alla mancata conferma dell’incarico rivestito presso l’ITC Lucifero, deve sottolinearsi che lo stesso ricorrente ha prospettato l’esistenza di contrasti interni all’istituto, contrasti che hanno certamente legittimato l’Amministrazione a modificare la sede del ricorrente a tutela dello stesso così come espressamente previsto dall’accordo sindacale del 31.5.05, trasfuso nella circolare del 1.6.05 prot. n. 13784 che, espressamente ai punti 2 e 3 precisa che, prima di procedere alla mobilità a domanda, la direzione si riserva di considerare le eventuali esigenze di particolari istituzioni che dovessero presentare caratteristiche tali da postulare scelte mirate nell’affidamento degli incarichi anche ai dirigenti non interessati alla mobilità e che, la direzione può, in casi eccezionali, affidare incarichi su sedi diverse da quelle oggetto dell’incarico in scadenza, laddove venga in possesso di elementi oggettivi per i quali valuti opportuno l’avvicendamento della dirigenza ovvero nella scuola si verifichino episodi di contrasti interni che possono pregiudicare il funzionamento dell’attività scolastica oltre che la professionalità del dirigente stesso.
Dette disposizioni pattizie (si ribadisce adottate con accordo sindacale successivo al CIN e trasfuse nella circolare citata) evidenziano chiaramente il potere autoritativo dell’amministrazione nella gestione delle risorse umane e, contestualmente, nell’attribuzione degli incarichi dirigenziali in scadenza; potere organizzatorio questo cui è connesso un mero interesse legittimo di natura privatistica in capo al dirigente pubblico che, seppure ha diritto ad un incarico di norma equivalente rispetto a quello in scadenza, non ha tuttavia alcun diritto soggettivo – bensì si ripete un mero interesse legittimo di natura privatistica - a scegliere sede e tipologia dell’istituzione scolastica da dirigere.
Tanto consente di ritenere del pari legittima l’attribuzione ad altro dirigente dell’istituzione domandata dal ricorrente (Ipsia di Crotone) tenuto conto del procedimento di valutazione di cui all’art. 23 per come sopra descritto e della pesatura della relativa istituzione scolastica. Sotto tale profilo del resto, parte ricorrente non ha prospettato alcuna violazione del procedimento comparativo di valutazione direttoriale - procedimento peraltro insindacabile se non limitatamente al rispetto dei criteri di correttezza e buona fede, tenuto anche conto che la stessa contrattazione collettiva (per come trasfusa nella circolare n. 13784) conviene sulla inopportunità di formulare graduatorie, prevedendosi altresì la facoltà del direttore generale di affidare gli incarichi superando le limitazioni legate all’esame pedissequo dei titoli nei casi di valutazioni significativamente delicate (si veda la circolare citata sub “criteri di valutazione ai fini del conferimento degli incarichi”).
Risulta pertanto allo stato pienamente legittima la procedura osservata dall’Amministrazione in quanto conforme sia alle norme positive e collettive sopra esposte sia alle regole interne indicate nella circolare n. 13784 laddove nell’individuare l’ordine ed i tempi delle operazioni di affidamento degli incarichi prevede: dapprima (al punto a) la valutazione circa la conferma dell’incarico ricoperto – valutazione che nel caso di specie ha avuto esito negativo per i motivi sopra esposti -; in ordine successivo (punto b) l’eventuale assegnazione di altro incarico per ristrutturazione o riorganizzazione dell’ufficio dirigenziale – fattispecie questa estranea al caso de quo; ed in ordine immediatamente successivo (punto C) il conferimento di nuovo incarico, che è appunto il caso in esame, secondo la procedura selettiva sopra indicata.
In tale contesto non appare pertanto sussistere il requisito del fumus bonis iuris. L’esame dell’ulteriore presupposto del periculum in mora rimane assorbito nelle superiori valutazioni.
La complessità della fattispecie dedotta in giudizio rende opportuna la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Rigetta la domanda;
compensa le spese di lite.
Crotone 1.9.05
Il G.L.
Dott.ssa Francesca Romana Pucci