sabato 1 aprile 2006
LICENZIAMENTO DEL DIRIGENTE SCOLASTICO . INAPPLICABILITÀ DELLA TUTELA REALE.
Si ringrazia il Giudice del Lavoro dott.ssa Pucci per la trasmissione della sentenza
reclamo ex art. 700 c.p.c. provvedimento del 29.11.04:
LICENZIAMENTO DEL DIRIGENTE SCOLASTICO . INAPPLICABILITÀ DELLA TUTELA REALE.
IL COLLEGIO
Composto da:
Dott.ssa Francesca Romana Pucci Presidente Rel
Dott.ssa Stefania Pepe Giudice
Dott. Michele Sessa Giudice
Sciogliendo la riserva che precede, esaminati gli atti ed i documenti, osserva quanto segue.
Il dirigente scolastico Prof. Lombardo Antonio, con ricorso depositato il 28.10.04, ha reclamato l’ordinanza resa in data 20.10.04, dal Tribunale di Crotone in composizione monocratica che, sul presupposto dell’inapplicabilità della tutela reale ai dirigenti scolastici, aveva disatteso la domanda proposta in via d’urgenza dal dirigente Lombardo, avente ad oggetto la declaratoria di inesistenza e/o illegittimità del recesso unilaterale dell’Amministrazione scolastica dal rapporto di lavoro dirigenziale dedotto in giudizio intimato in data 5.8.04.
A sostegno del reclamo, il Lombardo ha sostanzialmente riproposto le motivazioni già dedotte nell’atto introduttivo del giudizio cautelare a sostegno della inesistenza e/o illegittimità del licenziamento, e cioè: carenza di potere del soggetto che aveva proceduto alla contestazione disciplinare ed all’adozione della sospensione cautelare dal servizio; violazione del disposto di cui all’art. 31 comma 2 CCNL dirigenti scolastici; inosservanza delle disposizioni di cui all’art. 21 D.lvo 165/01 e 27 CCNL cit. in materia di responsabilità dirigenziale; insussistenza della giusta causa; violazione del principio di immediatezza della contestazione; nonché, quanto al periculum in mora, la violazione del diritto all’immagine personale e professionale anche in considerazione della asserita falsità delle notizie diffuse sulla stampa locale oltre al grave pregiudizio afferente il sostentamento stesso del dirigente e della propria famiglia ai sensi dell’art. 36 Cost..
Contestava inoltre l’ordinanza reclamata nella parte in cui aveva escluso l’applicabilità della tutela reale ai dirigenti scolastici, dovendosi il contrario principio desumersi dall’impianto complessivo del D.lvo 165/01 in materia di responsabilità dirigenziale, per come del resto affermato dalla stessa giurisprudenza di merito.
Si costituivano l’amministrazione scolastica ed il Prof. Bono Rocco – attuale dirigente dell’Istituto Donegani, contestando l’avversa domanda della quale chiedevano il rigetto con integrale conferma del provvedimento reclamato.
Ciò posto, il provvedimento reclamato è pienamente condivisibile e deve pertanto essere integralmente confermato.
Il giudice monocratico ha infatti disatteso la domanda di reintegrazione del dirigente Lombardo sul presupposto dell’inapplicabilità della tutela reale ai dirigenti scolastici; principio questo chiaramente desumibile dalle fonti normative e collettive che disciplinano il rapporto di lavoro dei dirigenti pubblici e, nella specie, di quelli scolastici.
Dalle citate fonti normative emerge chiaramente che i dirigenti pubblici sono soggetti ad una duplica responsabilità: quella fondata sulla valutazione dei risultati dell’attività dirigenziale e del connesso raggiungimento degli obiettivi, disciplinata dagli artt. 21 e 22 D.lvo 165/01 e, specificatamente per i dirigenti scolastici, dagli artt. 25/27 CCNL del 1.3.02 (pacificamente applicato al rapporto de quo) e, quella tipicamente disciplinare prevista dall’art. 28 lett. d) e 31 CCNL cit. che afferiscono al recesso unilaterale dell’amministrazione per giusta causa avendo ad oggetto, fatti e comportamenti del dirigente, anche estranei alla prestazione lavorativa, di gravità tale da impedire la prosecuzione stessa del rapporto di lavoro.
Nel caso di specie, l’amministrazione si è avvalsa proprio di tale facoltà di recesso unilaterale, rinvenendo comportamenti tali da integrare una giusta causa di recesso.
Appaiono pertanto del tutto inconferenti le deduzioni di parte reclamante afferenti la disciplina della responsabilità dirigenziale per omesso raggiungimento degli obiettivi e valutazione negativa dei risultati, controvertendosi nel presente giudizio solo della legittimità o meno dell’intimato “licenziamento” disciplinare e dei relativi effetti. In sostanza, delle due l’una: o sussiste la giusta causa con conseguente legittimità del recesso unilaterale dell’amministrazione, ovvero tale giusta causa non sussiste, con conseguente illegittimità del comportamento datoriale, senza ovviamente alcuna facoltà di conversione del recesso ex art. 28 CCNL cit. nel provvedimento di revoca ex art. 25 ccnl.
La fattispecie del recesso unilaterale dell’amministrazione è dunque disciplinata dagli artt. 31 e 35 CCNL (rispettivamente: recesso per giusta causa e risoluzione del rapporto con preavviso) che, in conformità alle disposizioni legislative contenute nel D.lvo 165/01, sancisce che il rapporto dirigenziale può risolversi esclusivamente per giusta causa o giustificato motivo.
La questione controversa attiene piuttosto agli effetti del licenziamento illegittimo nei casi di accertata insussistenza della dedotta giusta causa ovvero del giustificato motivo.
Ebbene, l’art. 31 CCNL, in materia di nullità del licenziamento dei dirigenti scolastici, richiama espressamente le leggi sul rapporto di lavoro dei dirigenti di impresa, sancendo, conformemente, l’applicabilità dell’art. 18 Stat. Lav. solo in caso di licenziamento discriminatorio, fattispecie questa del tutto estranea al caso di specie.
E’ chiaro dunque che la disciplina collettiva, laddove richiama le norme sulla dirigenza privata e circoscrive espressamente l’applicabilità dell’art. 18 al licenziamento discriminatorio, esclude che alla nullità del licenziamento disciplinare – ed a maggior ragione, all’illegittimità del licenziamento, per insussistenza della giusta causa o del giustificato motivo, possa conseguire la reintegrabilità del dirigente scolastico.
Deduce al riguardo il reclamante che tale equiparazione collettiva sarebbe illegittima in quanto in contrasto con inderogabili disposizioni di legge.
La tesi non appare condivisibile. Parte reclamante non ha indicato alcuna norma specifica che contrasterebbe con quella collettiva.
Del resto la fattispecie degli effetti del licenziamento nullo o illegittimo non risulta in alcun modo disciplinata dal D.lvo 165/01 che, si ribadisce, disciplina esclusivamente l’ipotesi – irrilevante nel caso di specie - della responsabilità dirigenziale per mancato raggiungimento degli obiettivi.
Addirittura, l’art. 21 D.lvo 165/01, modificato a seguito dell’introduzione della L. 145/02, che ha regolamentato specificatamente la dirigenza pubblica, nel disciplinare la responsabilità per il mancato raggiungimento degli obiettivi, sancisce espressamente “ferma restando l’eventuale responsabilità disciplinare secondo la disciplina contenuta nella contrattazione collettiva”.
E’ evidente dunque che la normativa generale di cui al D.lvo 165/01, riserva espressamente alla contrattazione collettiva la disciplina in materia di responsabilità disciplinare, con la conseguenza che nessun contrasto può porsi fra le due fonti.
Inconferente del resto, il richiamo all’art. 52 comma 2 D.lvo citato, tenuto conto che tale disposizione attiene al rapporto degli impiegati pubblici e non già a quello dei dirigenti.
Un principio, peraltro contrario alla tesi del reclamante, si desume d altronde anche dall’art. 2 comma 2 D.lvo 165/01 laddove si richiama l’applicabilità al pubblico impiego delle leggi sui rapporti di lavoro subordinato dell’impresa, con le debite conseguenze in materia di inapplicabilità della tutela reale ai dirigenti pubblici.
Conclusivamente, dunque, appare totalmente condivisibile l’ordinanza reclamata, laddove, senza effettuare alcuna valutazione circa la legittimità del recesso dell’amministrazione, ha disatteso la domanda cautelare attesa l’inapplicabilità ai dirigenti scolastici della tutela reintegratoria, chiesta in via d’urgenza dal Lombardo.
Non appare di contro affatto condivisibile l’orientamento contrario espresso dal Tribunale di Piacenza con l’ordinanza del 30.10.03, depositata dal reclamante, laddove si desume l’applicabilità dell’art. 18 Stat. Lav., interpretando gli artt. 21 e 22 D.lvo 165/01 quale deroga al principio della libera recedibilità del rapporto dirigenziale, in contrasto con quanto ritenuto (condivisibilmente) circa la netta distinzione fra la fattispecie della responsabilità disciplinare e quella della responsabilità dirigenziale per i risultati e gli obiettivi raggiunti.
Che poi la più recente giurisprudenza di merito ha espresso orientamenti assolutamente conformi a quello ritenuto dal giudice monocratico qui reclamato, per come oggi ribadito dall’odierno collegio (si veda esemplificativamente: Tribunale Catanzaro 26.2.03 Tassone/Regione Calabria; Tribunale Roma 23.1.03 De Gaetano/Min. Economia).
Del resto, pur assorbenti le superiori motivazioni, si osserva, allo stato, l’infondatezza delle prospettazioni del reclamante circa l’inesistenza e/o illegittimità del recesso dell’amministrazione scolastica, risultando, di contro, il licenziamento disciplinare pienamente legittimo oltre che giustificato.
Infondata appare infatti l’eccezione di carenza di potere dell’amministrazione al momento della contestazione disciplinare, alla quale il reclamante riconnette l’inesistenza stessa del licenziamento.
Detta eccezione risulta infatti in palese contrasto con le risultanze documentali.
La contestazione degli addebiti disciplinari del 29.6.04 è stata infatti svolta dal dirigente dell’amministrazione scolastica Dott.ssa Fonti, alla quale era stato ritualmente conferito l’incarico dirigenziale (in rinnovazione di quello precedentemente scaduto) da parte del direttore generale dell’Ufficio Scolastico regionale della Calabria con provvedimento n. 21038 del 24.11.03, che risulta ritualmente registrato presso la Corte dei Conti in data 9.2.04, dunque anteriormente all’adozione della contestazione disciplinare.
Del resto appaiono del tutto inconferenti i profili dedotti dal reclamante a sostegno della carenza di potere in capo al dirigente Fonti, in quanto richiamano vizi accertati nella delibera n. 14/03 resa dalla sezione regionale della Corte dei Conti nella seduta del 13.11.03; vizi tutti inequivocabilmente sanati dal successivo conferimento dell’incarico dirigenziale di cui al prot. n. 21038 del 24.11.03 (e del contestuale contratto individuale), adottato in conformità alle statuizioni della Corte dei Conti nella citata delibera 14/03; tanto da risultare ritualmente registrato presso la Corte dei Conti in data 9.2.04 (si ribadisce: anteriormente cioè all’adozione del provvedimento di contestazione disciplinare nei confronti del Lombardo).
Del pari infondate appaiono allo stato le eccezioni relative alla violazione del principio di immediatezza e specificità della contestazione disciplinare tenuto conto che i singoli addebiti risultano dettagliatamente descritti nell’ambito della contestazione citata, sì da consentire pienamente la difesa del dipendente e considerato altresì, quanto all’immediatezza, che i fatti contestati, afferenti presunte violazioni poste in essere nel corso degli anni 2002, 2003 e 2004 sono risultati a seguito: delle relazioni del Collegio dei Revisori dei Conti del 23.1.04 e 25.5.04; delle relazioni ispettive del 23.2.04 e 28.6.04; del rapporto dei carabinieri di Crotone del 25.6.04.
Da ultimo, quanto alla sussistenza della dedotta giusta causa di recesso, nei limiti dell’accertamento cautelare, si osserva che gli addebiti contestati al reclamante risultano di gravità tale - integrando peraltro alcuni rilievi anche violazione di precetti penali – da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto di lavoro.
Del resto, tali addebiti non risultano smentiti dalla difesa del Lombardo che, senza contestare l’effettività dei rilievi mossi, si è sostanzialmente limitato a dedurre, da un lato, l’incompetenza funzionale degli organi ispettivi e, dall’altro ad assumere la legittimità dei fatti contestati sul scorta di rilievi francamente generici ed apodittici e che, comunque non sono assolutamente idonei ad inficiare la gravità degli addebiti.
In tale contesto, il reclamo deve essere disatteso con conseguente integrale conferma dell’ordinanza reclamata.
Le spese di lite del presente reclamo seguono la soccombenza e si liquidano, in considerazione delle questioni giuridiche trattate, in € 1.000,00 (di cui € 400,00 per diritti ed il residuo per onorari) oltre i.v.a. e c.p.a., se dovuta, in favore di ciascuna parte reclamata e, quanto al Bono con attribuzione al procuratore costituito ex art. 93 c.p.c..
P.Q.M.
Rigetta il reclamo e per l’effetto conferma l’ordinanza reclamata resa dal Tribunale di Crotone in composizione monocratica in data 20.10.04;
condanna il reclamante alla rifusione delle spese di lite in favore di ciascuna parte reclamata liquidate in € 1.000,00 oltre i.v.a. e c.p.a., se dovuta e, quanto al Bono, con attribuzione al procuratore costituito ex art. 93 c.p.c.;
Crotone 29.11.04
Il Presidente Est.
Dott.ssa Francesca Romana Pucci