Provvedimento ex art. 28 Stat. Lav. del 16.9.04 Rg. 1558/04:
costituisce comportamento antisindacale anche il rifiuto da parte del datore di lavoro di eseguire la trattenuta sindacale su delega del lavoratore anche nel caso in cui il sindacato non sia firmatario del CCNL applicato in azienda; questioni circa la natura della delega sindacale.
IL G.L.
Sciogliendo la riserva che precede, osserva.
Con ricorso ex art. 28 L. 300/70, depositato in data 16.9.04, l’Unione Generale del Lavoro della provincia di Crotone, ha chiesto che, previo accertamento della natura antisindacale della condotta posta in essere dalla S.p.a. Liotti, la società fosse condannata a cessare ogni comportamento lesivo con particolare riferimento: al rifiuto di ritirare le deleghe sindacali e di eseguire il relativo versamento dei contributi associativi; all’intimazione dei licenziamenti dei dipendenti aderenti all’associazione ricorrente; alla convocazione quotidiana di riunioni aziendali al fine di indurre i dipendenti a revocare l’iscrizione al sindacato; alla modifica dell’orario di lavoro, a decorrere dal 7.9.04, mediante l’introduzione di un’ora obbligatoria di pausa non retribuita.
Costituitasi in giudizio la società ha resistito all’avversa domanda contestando la prospettata natura antisindacale della condotta datoriale e deducendo, da un lato, la legittimità del rifiuto di ritirare le deleghe sindacali e di effettuare la relativa trattenuta considerato che il sindacato ricorrente non risulta firmatario del contratto collettivo applicato in azienda e, dall’altro, l’assenza di ogni intento lesivo nei confronti del sindacato ricorrente, tenuto conto che la condotta posta in essere dal datore di lavoro, difforme peraltro da quanto ex adverso prospettato, sarebbe stata giustificata dal “rammarico” e dal “risentimento circa l’iniziativa adottata dai dipendenti di aderire ad un sindacato” senza alcun preavviso, avendo del resto il datore di lavoro manifestato sempre la propria disponibilità a risolvere bonariamente le problematiche rappresentate dai dipendenti.
In punto di fatto, la società ha inoltre dedotto di essersi limitata ad intimare ai dipendenti, a seguito dell’assenza arbitraria degli stessi nei giorni 30.9.04 e 1.10.04, la ripresa del servizio; di avere rappresentato ai dipendenti, nel corso delle riunioni aziendali successivamente occorse, la propria disponibilità a risolvere le doglianze dei lavoratori incentrate sull’orario di lavoro; ha infine assunto la legittimità dell’orario di lavoro predisposto conformemente alle esigenze tecnico- produttive.
Interrogato liberamente il legale rapp.nte della società resistente ed assunte sommarie informazioni, all’udienza del 18.11.04, questo giudice riservava la decisione.
Incontestata la legittimazione ad agire ex art. 28 Stat. Lav. del sindacato ricorrente, si osserva che a seguito della sommaria istruttoria esperita è emerso quanto segue.
a) Sul rifiuto di ritirare le deleghe sindacali e di effettuare la relativa trattenuta:
- che in azienda viene applicato il CCNL per i dipendenti della piccola e media industria alimentare;
- che fra i firmatari del rinnovo contrattuale sottoscritto il 6.5.04, non figura - allo stato – il sindacato ricorrente;
- che in data 30.8.04 il legale rapp.nte della Liotti, aveva rifiutato di apporre la propria sottoscrizione per ricevuta delle deleghe sindacali sottoscritte da n. 10 dipendenti in favore dell’UGL ricorrente e consegnate brevi manu in azienda dal sindacalista Terziano;
- che tale episodio si era ripetuto in data 9.9.04, allorquando il sindacalista Mesoraca Palma, provvedeva nuovamente a consegnare dette deleghe brevi manu;
- che le deleghe erano state infine inviate all’azienda dal sindacato ricorrente mediante raccomandata con ricevuta di ritorno;
- che il datore di lavoro, ricevute le deleghe sindacali, alla data del 18.11.04, aveva rifiutato di eseguire la relativa trattenuta (si vedano al riguardo le dichiarazioni del Liotti in sede di interrogatorio libero);
Ciò posto in fatto, precisato che la fattispecie della condotta antisindacale ha natura oggettiva e prescinde dall’intenzionalità della condotta datoriale, con conseguente irrilevanza delle allegazioni e delle emergenze fattuali in merito ai motivi che hanno indotto il datore di lavoro a rifiutare la ricezione brevi manu delle deleghe sindacali in occasione degli episodi occorsi il 30.8.04 ed il 9.9.04; incontestato che il datore di lavoro (peraltro per sua stessa ammissione) ha rifiutato di operare la trattenuta sindacale in favore dell’associazione ricorrente, si osserva che la questione controversa è se tale rifiuto possa o meno costituire condotta antisindacale laddove il sindacato beneficiario delle deleghe non sia firmatario del contratto collettivo applicato in azienda.
Al riguardo, precisato che si riscontrano orientamenti contrastanti sulla specifica questione da parte della più recente giurisprudenza di legittimità, questo giudice ritiene di aderire all’orientamento espresso da Cass. 14032 del 20.4.04 (est. La Terza) che, espressamente dissociandosi dall’orientamento contrario espresso da Cass. 1968/04 e 10616/04 (all’epoca della stesura della motivazione, ancora in corso di pubblicazione), con convincente motivazione, richiamando la pronuncia della Consulta (13/95) dichiarativa dell’ammissibilità del referendum abrogativo del 2° e 3° comma dell’art. 26 Stat. Lav., con la quale si dava espressamente atto che “l’intendimento abrogativo consiste nel voler eliminare la base legale di quel diritto e del correlativo obbligo di intermediazione, per restituire la materia all’autonomia privata e collettiva”, e così ritenuta la legittimità “dell’atto dispositivo del singolo lavoratore” espressione dell’autonomia privata individuale (che prescinde dunque da quella collettiva); sulla questione relativa alla natura di tale atto dispositivo (se cioè qualificabile come delegazione di pagamento ovvero come cessione del credito) e della conseguente rilevanza del consenso del datore di lavoro, ha qualificato tale atto quale cessione del credito – superando con argomentazioni pienamente condivisibili le eventuali questioni ostative della cedibilità dei crediti futuri e della revocabilità della cessione – e non già quale delegazione di pagamento che necessita del consenso del debitore delegato, in considerazione della ratio e dell’interesse stesso del delegante rinvenibile “non già nel mero pagamento al sindacato, bensì nelle modalità di tale pagamento che si intende sia puntuale e costante”.
Deve del resto escludersi che nel caso di specie tale cessione possa determinare un aggravio per il datore di lavoro ed un conseguente squilibrio contrattuale, considerata la modesta dimensione dell’azienda resistente e tenuto principalmente conto delle stesse ammissioni del datore di lavoro che, nel corso dell’interrogatorio libero del 5.11.04, ha espressamente dichiarato “evidenzio che a me non sarebbe costato nulla effettuare la trattenuta trattandosi esclusivamente di modificare la procedura meccanizzata in relazione alle buste paga, tuttavia ritengo che non solo non sono obbligato ad effettuare la trattenuta per motivi che ho detto, ma addirittura ritengo che farei un torto ai dipendenti che mi sembra vengono strumentalizzati dal sindacato UGL (omissis)”.
Ciò posto, ritiene conclusivamente il giudicante che il rifiuto datoriale di eseguire le trattenute sindacali ed il connesso versamento dei contributi associativi in favore del sindacato ricorrente, oltre a configurare inadempimento al contratto di cessione di credito stipulato dal lavoratore, si pone come oggettivamente idoneo a limitare l’attività sindacale impedendo di sostenerla con una forma di finanziamento adeguato.
Deve dunque dichiararsi la natura antisindacale del comportamento datoriale avente ad oggetto il rifiuto di eseguire la trattenuta sindacale ed il relativo versamento e per l’effetto, ordinarsi alla società la cessazione immediata del comportamento antisindacale ed in via di rimozione degli effetti l’esecuzione della citata trattenuta sindacale sin dal settembre 2004 allorquando sono state ricevute le deleghe inviate con raccomandata.
b) Sui licenziamenti dei lavoratori iscritti intimati oralmente il 30.8.04
Dalla sommaria istruttoria esperita e dalle dichiarazioni rese dal legale rapp.nte della società in data 5.11.04, è emerso:
- che a seguito del sopra citato episodio occorso il 30.8.04 allorquando i sindacalisti si erano recati in azienda per consegnare brevi manu al datore di lavoro le deleghe sindacali sottoscritte dai dipendenti, il Liotti, così edotto dell’avvenuta iscrizione di alcuni dipendenti al citato sindacato, ha convocato detti dipendenti intimandogli di ritirare i propri effetti personali nonché le chiavi del cancello di ingresso;
- che il giorno successivo detti dipendenti, avendo provveduto il giorno precedente a consegnare le chiavi del cancello di entrata, non sono riusciti ad accedere all’interno dell’azienda sino alle ore 8.20, allorquando, verificata la presenza del Liotti e del Santi all’interno dello stabilimento, questi non provvedevano all’apertura del cancello di ingresso, sicchè i dipendenti si allontanavano dall’azienda stessa;
- che con successivo telegramma il Liotti invitava i dipendenti a riprendere immediatamente il servizio contestando altresì l’assenza arbitraria per il giorno 1.9.04; sicchè gli stessi rientravano in azienda il giorno 2.9.04.
Ciò posto in fatto, si ritiene che il comportamento datoriale consistente nell’intimazione ai dipendenti iscritti al sindacato di ritirare i propri effetti personali e consegnare le chiavi di entrata, unitamente al rifiuto di aprire i cancelli il giorno 1.9.04, integra la fattispecie dell’estromissione dei lavoratori e, ribadita l’irrilevanza dell’intenzionalità lesiva, deve affermarsi la natura chiaramente antisindacale del comportamento datoriale, essendo rivolto esclusivamente ai dipendenti iscritti.
Ciò non di meno, poiché tale estromissione è stata di fatto revocata mediante l’invito rivolto ai dipendenti di riprendere il servizio, difetta nel caso di specie l’attualità della condotta lesiva che è condizione di ammissibilità dell’azione ex art. 28 Stat. Lav..
c) Sull’orario di lavoro aziendale
E’ emerso dalla sommaria istruttoria esperita e dalle produzioni documentali che il giorno 9.9.04, il datore di lavoro ha affisso l’orario di lavoro depositato in atti, introducendo una pausa individuale di 60 minuti non retribuita da utilizzare nel corso della mattinata, organizzata a gruppi di operai, secondo le disposizioni del dipendente Randazzo. E’ altresì emerso che tale disposizione aziendale è stata introdotta a seguito delle doglianze dei dipendenti circa la mancata corresponsione della maggiorazione dovuta per il lavoro straordinario svolto nella giornata del sabato. Tant’è che per effetto di tale disposizione aziendale il lavoro prestato nella giornata del sabato rientra formalmente nell’orario normale di lavoro, dovendosi formalmente scorporare dall’orario di lavoro normale un’ora giornaliera di pausa forzata non retribuita, per quanto non osservata.
Deduce il sindacato ricorrente che anche tale comportamento avrebbe natura antisindacale.
La domanda non è fondata sotto tale profilo, considerato che, in assenza di allegazione e prova circa la natura ritorsiva di tale disposizione aziendale, ma anzi a fronte dell’emergenza della contraria circostanza relativa alla finalità sopra descritta, ritiene il giudicante che tale disposizione non coinvolge né pregiudica i diritti e le libertà sindacali (diritto di affissione, di assemblea, permessi per cariche sindacali, trattenute, diritti di informativa e partecipazione in merito a procedure di mobilità o licenziamenti collettivi, diritto di sciopero; ecc.) bensì il diritto dei singoli dipendenti in materia di orario di lavoro e retribuzione straordinaria. L’organizzazione dell’orario di lavoro aziendale è infatti rimessa alla esclusiva determinazione del datore di lavoro con la conseguenza che all’eventuale accertamento giudiziale dell’illegittimità della disposizione avente ad oggetto una pausa forzosa non retribuita, potrà al più conseguire il diritto del singolo dipendente alla corresponsione della maggiorazione per l’eventuale lavoro straordinario prestato.
Anche sotto tale profilo, pertanto, la domanda del sindacato ricorrente deve essere disattesa.
d) Sugli ulteriori comportamenti datoriali
E’ chiaramente emerso nel corso dell’istruttoria che il datore di lavoro, avvalendosi della propria posizione di superiorità gerarchica, svolge continue pressioni anche di natura psicologica al fine di indurre i dipendenti iscritti al sindacato ricorrente a revocare detta iscrizione, suggerendo anche iscrizioni ad altre associazioni firmatarie del contratto applicato in azienda, nonché ad indurli a fare pressioni sul sindacato ricorrente al fine di rinunciare all’azione de qua.
Tanto emerge chiaramente non solo dalle dichiarazioni dello stesso Liotti in sede di interrogatorio libero (raccolte all’udienza del 5.11.04) che ha confermato di aver ripetutamente rivolto l’invito ai propri dipendenti di ritirare le deleghe sindacali e di aver ripetutamente sconsigliato la promozione e la prosecuzione dell’azione giudiziale odierna; ma altresì dalle dichiarazioni di numerosi informatori ed in particolare:
Lamboni Nadia (ud. 5.11.04) che ha confermato detti episodi precisando che il Liotti le aveva anche minacciato il licenziamento considerando inammissibile che la segretaria particolare dell’amministratore delegato potesse essere iscritta al sindacato (il licenziamento è stato poi effettivamente intimato per come emerge dalla missiva depositata in atti);
Ierimonte Gaetano Maurizio (ud. 5.11.04) che ha confermato che dal giorno 2.9.04 sino all’udienza del 5.11.04 il Liotti lo invita continuamente a ritirare la tessera sindacale e che pochi giorni prima dell’udienza del 5.11 lo aveva invitato a “far cessare il problema della causa”, rappresentando l’inconciliabilità della prosecuzione del rapporto di lavoro con il contenzioso pendente (anche lo Ierimonti risulta essere stato effettivamente licenziamento il giorno successivo l’udienza del 5.11.04);
Drammis Daniela (ud. 20.10.04) ha del pari confermato che nel corso di una riunione tenutasi il 2.9.04 il Liotti aveva rappresentato ai dipendenti che avrebbe fatto finta di nulla se avessero revocato le deleghe sindacali; precisando che tale richiesta le era stata reiterata nel corso di 4/5 colloqui personali con il Liotti (anche la Drammis è stata licenziata all’indomani dell’udienza del 20.10);
La stessa Vaccaro ha confermato che, nell’unica occasione in cui partecipò ad una delle citate riunioni, il Liotti espresse ai dipendenti il proprio rammarico preferendo discutere dei problemi aziendali direttamente con i lavoratori anzicchè con la mediazione del sindacato.
E’ innegabile che il comportamento datoriale così descritto lede e pregiudica i diritti del sindacato ricorrente ed in quanto tale ha natura antisindacale.
Anche sotto tale profilo deve pertanto ordinarsi al datore di lavoro la cessazione immediata dei comportamenti sopra indicati.
Nessuna pronuncia al riguardo dei licenziamenti riferiti, essendo stati intimati nel corso del presente giudizio con conseguente estraneità alla materia del contendere per come rappresentata nel ricorso introduttivo.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano, in considerazione delle questioni trattate, in complessivi € 1.800,00 (di cui € 600,00 per diritti ed il residuo per onorari) oltre c.p.a. ed i.v.a. da distrarsi in favore del procuratore costituito ex art. 93 c.p.c..
In considerazione delle emergenze fattuali di cui punto d), si dispone la trasmissione degli atti alla procura della Repubblica presso il Tribunale di Crotone.
P.Q.M.
Dichiara la natura antisindacale del comportamento datoriale estrinsecatosi nel rifiuto di eseguire le trattenute sindacali in relazione alle deleghe depositate in atti, nonchè nella reiterata convocazione di riunioni con i dipendenti nonché di colloqui personali finalizzati ad indurre gli stessi a revocare l’iscrizione al sindacato nonché ad interferire con il sindacato ricorrente al fine di rinunciare all’azione ex art. 28 Stat. Lav. promossa;
ordina alla società resistente l’immediata cessazione dei comportamenti antisindacali citati ed in via di rimozione degli effetti, di eseguire la trattenuta ed il versamento dei contributi sindacali sin dal mese di settembre 2004 sino ad eventuale valido atto di revoca da parte dei dipendenti deleganti;
condanna la società resistente alla rifusione delle spese di lite in favore del sindacato ricorrente che si liquidano in complessivi € 1.800 oltre c.p.a. ed i.v.a. da distrarsi in favore del procuratore costituito ex art. 93 c.p.c.;
dispone la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Crotone, a cura della cancelleria.
Crotone 29.11.04
Il G.L.
Dott.ssa Francesca Romana Pucci