lavoroprevidenza

domenica 22 gennaio 2006

LE PRESTAZIONI LAVORATIVE DI FATTO CON VIOLAZIONE DI LEGGE ED INVALIDITA’ NEGOZIALE DA REATO

del dr. Giuseppe Buffone


LE PRESTAZIONI LAVORATIVE DI FATTO CON VIOLAZIONE DI LEGGE ED INVALIDITA’ NEGOZIALE DA REATO



GIUSEPPE BUFFONE



19.01.2005






1. La diagnosi di nullità del contratto e suoi effetti – 2. Le prestazioni lavorative di fatto in violazione di legge – 3. Illegalità ed Illiceità attraverso la lente dell’art. 2126 c.c. – 4. La controversa categoria della ’invalidità negoziale da reato – Note






1. Nell’ambito delle cd. irregolarità invalidanti, particolare importanza assume la più grave forma di patologia negoziale, disciplinata compiutamente, (ma non in via esclusiva), dagli artt. 1418 e segg. del codice di diritto comune.


La Nullità del contratto, infatti, rende la stipula improduttiva di effetti poiché essa risulta affetta da un vizio genetico insuscettibile di rimozione se non nei casi previsti dalle legge, (cd. sanatoria del negozio nullo, 1423 c.c.).


La diagnosi di nullità, peraltro, compete al Giudice anche motu proprio a prescindere da una exceptio (in senso stretto) di parte poiché la validità del negozio è oggetto di un accertamento incidentale, relativo ad una pregiudiziale in senso logico - giuridico, idoneo a divenire giudicato, (cfr. Cass. civ., sez. III, 22/03/2005, n. 6170, [1]).


La regula iuris della retroattività governa la disciplina della nullità ma, sul piano naturalistico, non si ha tecnicamente una caducazione della stipula con una pronuncia costitutiva bensì, di fatto, una semplice rilevazione della inidoneità ab origine del patto a produrre effetti, con una sentenza di mero accertamento. Il giudice non fa cessare gli effetti, prende atto che questi non si sono mai prodotti.


La regula iuris della retroattività, peraltro, è rinvenibile anche in altri istituti civilistici, come in tema di risoluzione, condizione, recesso unilaterale: ed in tutti gli esempi menzionati, per la verità, il legislatore ha previsto una esplicita eccezione alla regola con particolare riguardo ad i contratti ad esecuzione continuata e periodica, (1360,II; 1373, II; 1458 c.c.).


Tale stesso correttivo, ispirato a ragioni di equità sostanziale e logica giuridica, può essere rinvenuto anche con riferimento alla Nullità, nell’ambito della disciplina di settore afferente al matrimonio, la società o il lavoro: la retroattività, in tal senso, non travolge le prestazioni già eseguite ovvero i rapporti ormai esauriti.


2. In particolare, la regula juris della inidoneità genetica a produrre alcun effetto comporterebbe conseguenze pratiche di ingiustizia indiretta sulle sorti dei contratti di lavoro in corso di esecuzione poiché, paradossalmente, andrebbe a pregiudicare le ragioni sostanziali del prestatore di lavoro in violazione del principio del favor prestatoris, [2].


Autorevole dottrina ha significativamente spiegato la Ratio degli elementi di specialità e differenziazione caratterizzanti il diritto del lavoro poiché “se tutti gli altri contratti riguardano l’avere delle parti, il contratto di lavoro riguarda ancora l’avere per l’imprenditore, ma l’essere per il lavoratore”.


Per rimediare, quindi, agli effetti distorsivi della mera applicazione dei principi generali in tema di obbligazioni e contratti, oltre alle specifiche previsioni ex lege, in via generale l’art. 2126 c.c. [3], (“Prestazione di fatto con violazione di legge”), prevede che la nullità o l annullamento del contratto di lavoro non producano effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione.


La Suprema Corte delle Leggi ha avuto modo di precisare che l’art. 2126 c.c. è espressione del più generale principio costituzionale di equivalenza della retribuzione al lavoro effettivamente prestato, contenuto nell art. 36 cost. e già anticipato dalla norma de qua, [4].


Ciò nonostante l’art. 2126 c.c. prevede una compiuta ed analitica disciplina che non si presente affatto omogenea: “I. La nullità o l annullamento del contratto di lavoro non produce effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, salvo che la nullità derivi dall illiceità dell oggetto o della causa; II. Se il lavoro è stato prestato con violazione di norme poste a tutela del prestatore di lavoro, questi ha in ogni caso diritto alla retribuzione.


La lettera della disposizione normativa in esame impone all’interprete di diversificare per tipologie i contratti di lavoro nulli al fine di applicare una soluzione legislativa piuttosto che l’altra: in estrema sintesi, il fattore discretivo è da rinvenire non tanto nella tipologia di contratto quanto nel vizio invalidante che ha dato la stura alla pronuncia di nullità. Perciò, sarà opportuno discorrere non di diversi contratti di lavoro ma di diverse ipotesi di nullità. In tal senso, la giurisprudenza di legittimità, infatti, rinviene, per ius receptum, nella norma di cui si tratta, una disciplina differenziata dettata per il caso di prestazioni di fatto con violazioni di legge, cosicché essa reputa opportuno distinguere, rebus sic stantibus, (cfr. Cass. civ., sez. lavoro, 12/11/2002, n. 15880, [5]), pervenendo a soluzioni tra loro differenti.


In un caso, infatti, la retroattività conseguente alla patologia non travolge le prestazioni già eseguite, nonostante la nullità del titolo; nell’altro caso, invece, essa seguirà il suo normale corso senza risparmiare i rapporti esauriti; tutto ciò premesso con lo scrutinio, in seconda lettura, del comma II dell’art. 2126 c.c. verificando che la nullità non discenda dalla violazione di norma di protezione per il lavoratore. In estrema sintesi, rinviando allo schema tabellare allegato, si deve rilevare che, ai fini dell’applicazione dell’art. 2126 c.c. assume massima importanza l’esame diagnostico del giudicante sul contratto nullo, al fine di determinare la veste giuridica della nullità del caso. Qualora si tratti di semplice illegalità, il prestatore di lavoro non vedrà corrotte le prestazioni eseguite; nella ipotesi, invece, di illiceità della causa o dell’oggetto, esse andranno recuperate con strumenti rimediali diversi, (es. 2041 c.c.), se possibile, (es. 2035 c.c.).


3. Il problema, tuttavia, consiste proprio nella distinzione tra “nullità da illegalità”, (1418,I) e “nullità da illiceità”, (1418,II), da sempre al centro di un vivace dibattito dottrinale.















































NULLITA’



Referente normativo



Disciplina ex art. 2126,I c.c.



Rimedi alternativi



ILLICEITA’ DIRETTA della CAUSA, 1343



1418, II + 1343



La nullità travolge anche il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione


Se il lavoro è stato prestato con violazione di norme poste a tutela del prestatore di lavoro, questi ha in ogni caso diritto alla retribuzione



Salvo 2041 c.c.



ILLICEITA’ INDIRETTA della CAUSA, 1344



1418, II + 1343



La nullità travolge anche il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione



Se il lavoro è stato prestato con violazione di norme poste a tutela del prestatore di lavoro, questi ha in ogni caso diritto alla retribuzione



Salvo 2041 c.c



ILLICEITA’ DELL’OGGETTO


1346 c.c.



1418, II + 1346



La nullità travolge anche il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione



Se il lavoro è stato prestato con violazione di norme poste a tutela del prestatore di lavoro, questi ha in ogni caso diritto alla retribuzione



Salvo 2041 c.c



ILLEGALITA’



1418, I



La nullità non produce effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione



-



ILLICEITA’ PER MOTIVO COMUNE ILLECITO, 1345



1418, II + 1345



La nullità travolge anche il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione




Se il lavoro è stato prestato con violazione di norme poste a tutela del prestatore di lavoro, questi ha in ogni caso diritto alla retribuzione



Salvo 2041 c.c



DIFETTO DI FORMA


1325, n. 4



1418, II + 1325 n. 4



La nullità non produce effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione



-



NULLITA’ SPECIALI



Previsioni di legge



La nullità non produce effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, salvo diverse disposizioni ex lege



-



Il contratto in contrasto con norme imperative è qualificabile come illegale; qualora, invece, uno degli elementi costitutivi del negozio sia violativo delle stesse norme, dell’ordine pubblico o del buon costume, si avrà sul piano patologico, una causa di illiceità ex art. 1418 comma II.


Nel caso di illegalità, (nullità cd. virtuale), la violazione di una norma imperativa non dà luogo necessariamente alla nullità del contratto giacché l art. 1418, primo comma, c.c., con l inciso "salvo che la legge disponga diversamente", esclude tale sanzione ove sia predisposto un meccanismo idoneo a realizzare ugualmente gli effetti voluti della norma, indipendentemente dalla sua concreta esperibilità e dal conseguimento reale degli effetti voluti, [6]; diverse, invece, le sorti del contratto affetto da nullità cd. testuale, ai sensi dell’art. 1418, II che dà luogo ad un negozio radicalmente insanabile, (così anche ai fini della disciplina ex art. 2126, I c.c.), [7].


Ai sensi dell’art. 2126 c.c. vengono in rilievo, espressamente, l’illiceità della causa o l’illiceità dell’oggetto: nel primo caso rileva sia la causa direttamente illecita, (1343 c.c.) che il contratto in fraudem legis, affetto da cd. illiceità indiretta. Stessa disciplina deve applicarsi in caso di motivo comune illecito, ai sensi dell’art. 1345 c.c.


In tutte le ipotesi considerate, la retroattività della nullità non è arrestata con riguardo al passato e nessuna terapia deterrente fa salve le prestazioni già eseguite.


Corre l’obbligo di precisare che, ovviamente, l’art. 2126 c.c. resta applicabile ai soli rapporti di lavoro subordinato, trattandosi di disciplina eccezionale non estendibile analogicamente, [8], poiché la norma de qua contempla il diritto alla retribuzione per le prestazioni di fatto alla stregua di una fictio iuris di validità del rapporto nullo, [9], (secondo il costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità).


Ciò nonostante non è sempre agevole per l’interprete sindacare il vizio genetico invalidante del contratto al fine di rilevare un indice di illiceità ovvero un fattore di illegalità, salvo alcuni casi ormai pacifici in giurisprudenza: ad esempio per l’ipotesi del contratto avente ad oggetto una prestazione sessuale a pagamento, reputato viziato da nullità, per illiceità della causa, [10].


Al di là della res non controversa, in altri casi i dubbi resistono.


In alcune ipotesi, ad esempio, vengono in gioco fattispecie in cui il prestatore d’opera ha esercitato un’attività lavorativa in assenza di un requisito di validità prescritto dalla legge, quale l’iscrizione ad un Albo professionale cosicché, secondo taluni, si verserebbe in una ipotesi di contratto illecito. La giurisprudenza, con riguardo ad esempio all’attività giornalistica, ha messo in mora la tesi della illiceità optando per una classica ipotesi di negozio illegale, [11].


Altri classici casi controversi afferiscono al contratto di lavoro instaurato in assenza di prova pubblica selettiva con un ente presso il quale, ancorché di natura privata, l assunzione sia consentita solo mediante procedura concorsuale: la giurisprudenza ha ritenuto, anche in questo caso, che la fattispecie ricada nella disciplina dettata dall art. 2126 c.c., [12].


4. Il problema, tuttavia, si complica laddove la condotta posta in essere assuma rilevanza penale: si pensi all’abusivo esercizio di una professione, per il primo caso, ovvero ad un abuso d’ufficio per il secondo.


In tali casi, infatti, la dottrina ha optato per soluzioni differenti.


Secondo la tradizionale tesi pan-penalistica, tutte le norme penali sarebbero norme imperative, cosicché si assisterebbe ad un contratto illegale cui è applicabile l’art. 2126 c.c.


Altra tesi, invece, sulla scorta del medesimo sillogismo, (norma penale = norma imperativa) giunge a conclusioni differenti, ritenendo che sia un elemento del negozio ad essere inficiato, sub specie di causa illecita, oggetto illecito, o motivo illecito condiviso e determinante.


Un orientamento approdato in sede di legittimità, al contrario, ha proposto una soluzione differenziata, ad oggi prevalente. Qualora il contratto sia in sé la realizzazione del crimine, si avrà un cd. contratto-reato. Esso sarà radicalmente nullo per la violazione di norme imperative. Nella diversa ipotesi del cd. reato in contratto, quando sia sanzionata la condotta delle parti, dovrà distinguersi: se la norma penale sanziona la condotta di ambo le parti si avrà nullità; se la norma penale sanziona la condotta di una sola delle parti, si avrà annullabilità, (su istanza, ovviamente, della parte legittimata, 1441 c.c.).


La Cassazione, sulla scorta di tale indirizzo largamente condiviso in dottrina, anche di recente, ha precisato che “in tema di cause di nullità del negozio giuridico, per aversi contrarietà a norme penali ai sensi dell art. 1418 c. c., occorre che il contratto sia vietato direttamente dalla norma penale, nel senso che la sua stipulazione integri reato, mentre non rileva il divieto che colpisca soltanto un comportamento materiale delle parti e, meno che mai, di una sola di esse”, [13].


Ma tale soluzione non risponde alla domanda rilevante ai fini dell’art. 2126 c.c. : che tipologia di nullità viene in gioco?


E’ ovvio che nelle ipotesi di contratto-reato, o di reato in contratto con sanzione per ambo i contraenti, poiché il negozio realizza la fattispecie delittuosa o le determinazioni delle parti, è difficile ritenere che si possa produrre alcun effetto, anche eccezionale, se l’intenzione comune delle parti era proprio quella di realizzare il fatto tipico sanzionato dalla disposizione penale: si tratterebbe, infatti, di una funzione pratico-individuale del negozio assolutamente illecita e, comunque, di un comune motivo determinante cui consegue l’illiceità.


Diversa l’ipotesi in cui nell’ambito del contratto-reato, o del reato in contratto fuori dall’ipotesi precedente, non vi sia una concertazione criminosa, ovvero un pactum sceleris [14].


Si pensi a colui che eserciti abusivamente la professione, assunto per determinate prestazioni lavorative effettuate a regola d’arte ma non retribuite: la propria pretesa retributiva potrebbe essere paralizzata ai sensi del combinato disposto ex artt. 1418 II, 2126 c.c.


Sennonché tale soluzione non convince, dovendosi preferire una opzione interpretativa ex artt. 1418 I, 2126 I c.c. ovvero, comunque, optare per l’esperibilità dell’art. 2041 c.c. salvi gli effetti penali discendenti dalla consumazione del reato de quo.


Al di là delle soluzioni ermeneutiche suggeribili, deve reputarsi comunemente condivisa l’opinione secondo la quale il giudice civile può valutare con ampia autonomia le risultanze penali, rebus sic stantibus, soprattutto qualora vengano in rilievo prestazioni lavorative di fatto, di cui all’art. 2126 c.c.


In ogni caso, corre l’obbligo di ricordare, che se il lavoro è stato prestato con violazione di norme poste a tutela del prestatore di lavoro, questi ha in ogni caso diritto alla retribuzione, (art. 2126, II c.c.).






NOTE



  1. In Corriere Giur., 2005, 957: “A norma dell art. 1421 c.c., il giudice deve rilevare d ufficio le nullità negoziali, non solo se sia stata proposta azione di esatto adempimento, ma anche se sia stata proposta azione di risoluzione o di annullamento o di rescissione, procedendo ad un accertamento incidentale relativo ad una pregiudiziale in senso logico - giuridico, idoneo a divenire giudicato”. L’orientamento sconfessato dalle Sezioni Unite, riteneva invece che: "Il potere del giudice di dichiarare d ufficio la nullità di un contratto ex art. 1421 c.c. va coordinato col principio della domanda fissato dagli art. 99 e 112 c.p.c, sicché solo se sia in contestazione l applicazione o l esecuzione di un atto la cui validità rappresenti un elemento costitutivo della domanda, il giudice è tenuto a rilevare, in qualsiasi stato e grado del giudizio, l eventuale nullità dell atto, indipendentemente dall attività assertiva delle parti; al contrario, qualora la domanda sia diretta a fare dichiarare l invalidità del contratto o a farne pronunciare la risoluzione per inadempimento, la deduzione (nella prima ipotesi) di una causa di nullità diversa da quella posta a fondamento della domanda e (nella seconda ipotesi) di una qualsiasi causa di nullità o di un fatto costitutivo diverso dall inadempimento, sono inammissibili: ne tali questioni possono essere rilevate d ufficio, ostandovi il divieto di pronunciare "ultra petita", (cfr. Cass. SS.UU. 25/03/1988, n. 2572; Cass. SS.UU. 03/04/1989, n. 1611).
  2. Molto approfondita ed interessante, con riguardo alla tutela del lavoratore, la recente: Corte di cassazione, sezioni unite civili, 10 gennaio 2006, n. 141
  3. La norma è stata autorevolmente addotta a sostegno della tesi che ravvisa una fonte contrattuale del rapporto di lavoro, avverso le ormai minoritarie dottrine acontrattualistiche, poiché riconosce implicitamente determinati effetti al contratto nullo, dunque, inteso quale fattispecie produttiva degli effetti stessi.
  4. Corte cost., 31/03/1995, n.101 in Riv. Critica Dir. Lav., 1995, 841
  5. in Guida al Diritto, 2003, 2, 63
  6. Cass. civ., sez. III, 24/05/2003, n.8236 in Arch. Civ., 2004, 513
  7. Già cit. Cass. civ., sez. lavoro, 12/11/2002, n.15880 in Guida al Diritto, 2003, 2, 63: In considerazione della disciplina differenziata dettata dall articolo 2126 del c.c. in caso di prestazioni di fatto con violazioni di legge, è opportuno distinguere, all interno dell ampia categoria del contratto illegale, quella del contratto illecito, essendo tale il contratto con oggetto illecito, ovvero se illecita sia o si reputi la causa o il motivo determinante, giungendo alla conclusione che il lavoro prestato in violazione di norme proibitive dell assunzione non si ha oggetto illecito (in quanto la prestazione non è intrinsecamente illecita), né illiceità della causa, mancando il contrasto con i principi etici fondamentali dell ordinamento, e si versa, invece, nel campo della mera, ristretta illegalità; con l ulteriore precisazione che l illiceità richiede il contrasto con i principi di ordine pubblico o con norme imperative che di per sé appartengono all ordine pubblico, nella prospettiva di una lettura dell articolo 1418 del c.c. che ne riferisce il comma 1 alla fattispecie (autonoma) del contratto meramente illegale per generico contrasto con norme imperative, e il comma 2 al contratto propriamente illecito.
  8. L’art. 2126 primo comma cod. civ., secondo il quale la nullità del contratto di lavoro, salvo che derivi da illiceità dell’oggetto o della causa, non produce effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, non può essere invocato al fine di riconoscere il diritto a compenso per attività di agente o rappresentante commerciale, espletata in forza di contratto affetto da nullità per mancata iscrizione dell’agente o rappresentante nell’apposito ruolo (artt. 1 e 9 della legge 12 marzo 1968, n. 316), nemmeno quando il relativo rapporto presenti i connotati di cui all’art. 409 n. 3 cod. proc. civ., poiché il citato art. 2126 cod. civ. integra una disposizione eccezionale operante solo per il rapporto di lavoro subordinato in senso stretto, non estensibile al rapporto di lavoro autonomo caratterizzato dalla cosiddetta «parasubordinazione», e poiché inoltre la suddetta nullità del contratto di agenzia o rappresentanza, derivando da illiceità della causa, resta compresa fra le ipotesi di nullità che la norma medesima esclude dall’ambito della propria applicazione. — Cass. Sez. Un. 12-11-83, n. 6730
  9. Così secondo Cass. civ., sez. unite, 03/05/1986, n.2993 in Mass. Giur. It., 1986 confermata da Cass. Sez. Un. 14-1-97, n. 315, conforme.
  10. Cass. pen., sez. II, 17/01/2000, n.9348 in Riv. Pen., 2001, 444
  11. Cass. civ., sez. lavoro, 23/02/2004, n.3576 in Mass. Giur. Lav., 2004, 413; Cass. civ., sez. lavoro, 10/03/2004, n.4941 in Mass. Giur. It., 2004. In materia di insegnamento, conforme, Cass. Sez. L, sent. 5131 del 12-3-2004: Nell ipotesi di attività di insegnamento presso scuole private legalmente riconosciute espletata da soggetti non forniti di abilitazione all insegnamento, atteso che la suddetta abilitazione è requisito di validità del contratto di lavoro(ai sensi degli artt. 3 e 6, legge n. 86 del 1942), per il tempo in cui il rapporto ha avuto esecuzione si producono gli effetti secondo il disposto dell art. 2126 cod. civ. ma, stante la nullità del contratto, in caso di dedotta illegittimità della risoluzione del rapporto, non può darsi luogo, non solo alla reintegrazione e al risarcimento del danno, riferendosi l art. 18, legge n. 300 del 1970 all illegittimo recesso del datore di lavoro.
  12. Cass. civ., sez. lavoro, 12/11/2002, n.15880 in Mass. Giur. Lav., 2003, 53
  13. Cass. civ., sez. I, 25/09/2003, n.14234 in Gius, 2004, 6, 786 ed in Arch. Civ., 2004, 915
  14. E’ il caso, ad esempio, di un contratto, definitivo o anche preliminare, il quale importi il trasferimento di diritti o l assunzione di obblighi verso un determinato corrispettivo in denaro, beni o servizi, che integra il mezzo in concreto utilizzato dall agente per commettere il reato di cui all art. 644, comma 1, c.p. facendosi dare o promettere, in corrispettivo di una somma di denaro o di altra cosa mobile interessi o vantaggi usurari


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