Le dinamiche tribali all’interno dell’ambiente di lavoro
CONSIDERAZIONI E RIFLESSIONI
Prof. Sergio Sabetta
Dobbiamo partire dalla osservazione che il singolo posto in un gruppo di notevoli dimensioni tende ad estremizzare nel bene nel male le proprie funzioni, si ha una perdita dell’identità singola in un processo di “depersonalizzazione”. Consegue che se in un ambiente di lavoro ognuno porta il suo vissuto e le sue pulsioni, nella dinamica tribale si ha la nascita nel singolo di un senso del noi, ossia un sè collettivo (teoria dell’identità sociale o SIT); come abbiamo già evidenziato in altre occasioni la scissione tra identità tribale ed organizzazione formale comporta il rischio dell’esplodere di patologie organizzative con conseguente crisi sull’efficienza della stessa, basti pensare al fenomeno del mobbing e al crescere, più in generale, della conflittualità giudiziaria, anche come conseguenza delle lotte per cordate di potere.
Quanto più una persona si lega a un gruppo, tanto più i suoi interessi finiscono con l’identificarsi con quelli del gruppo stesso, mentre la protezione psicologica della tribù tende ad omologare il comportamento. Le regole tribali costituiscono l’unica misura e limite accettato del comportamento, sostituendo di fatto le regole formali organizzative che vengono svuotate ed aggirate; si ha una distinzione tra il “noi” del gruppo-tribù e “gli altri” dell’organizzazione, questo può avvenire anche in modo periodico al realizzarsi di alcuni eventi scatenanti.
L’azione del singolo è pertanto del tutto razionale e conforme alle norme interne al gruppo, anche se all’esterno possono apparire irrazionali, deve comunque tenersi sempre presente il contesto sociale in cui si opera il quale è l ’unico che dà un senso al comportamento collettivo.
Gli psicologi sociali distinguono tra norme generali e norme situazionali, le prime legano l’individuo alla società umana in generale mentre le seconde si creano in occasioni organizzative specifiche e possono sovrapporsi alle prime. Acquista, pertanto, particolare importanza l’esistenza o meno di una forte figura carismatica o di rigidi codici di comportamento che disciplinino l’azione volta per volta, in assenza di questi può sorgere il modello emulativo per cui l’individuazione del nemico può essere incidentale o pilotata da uno dei membri che agisca per primo.
Individuato l’obiettivo si scatena una rincorsa spontanea a colpire quale affermazione di fedeltà, al fine di ottenere riconoscimenti e protezione dal gruppo. Se poi si aggiunge l’anonimato, come nelle grandi tribù, si ottiene il massimo della conformazione sia alle regole informali del gruppo sia al sè collettivo dello stesso.
Da quanto finora detto emerge chiaramente che i membri di una tribù agiscono non solo spinti dai singoli interessi ma dalla visione del sè collettivo, tanto più forte quanto più i simboli che ne sono espressione sono riconoscibili tra i membri.
Certo resta una profonda differenza fra tribù in una organizzazione medio-piccola e movimento di massa per le implicazioni sul sé collettivo, molto più forte nella seconda ipotesi data l’estensione nella grande tribù, mentre all’interno della semplice organizzazione ha una forte rilevanza l’interesse individuale, deve comunque riconoscersi che l’autostima, derivante dall’appartenenza alla tribù, è notevolmente rinforzata dal gruppo e questo ancor può comportare conflittualità interna mancanza di forti leadership formali in grado di gestire con chiarezza ed autorevolezza sia la visione dell’organizzazione che la sua missione, con la conseguente distribuzione di meriti, risorse e ruoli fra i membri della stessa in modo tale da non apparire arbitraria.
Deve, infatti, sempre considerarsi che in generale la disuguaglianza nella distribuzione delle risorse all’interno di qualsiasi struttura sociale comporta il nascere inevitabile di diversi gruppi sociali di cui occorrerà disciplinarne le reciproche dinamiche relazionali.
Bibliografia
· M. Alvesson – P.O. Berg, L’organizzazione e i suoi simboli, Cortina Editore, 1993;
· G. Le Bon, Psicologia delle folle, Tea, 2004;
· G. Morgan, Images, Angeli, 1993;
· B. Simon, Identity in Modem Society – A Social Psycological Perspective – Blackwell,