lavoroprevidenza

mercoledì 19 dicembre 2007

RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA ED ESIMENTE POLITICA

Articolo del Prof. Sergio Sabetta - Componente Comitato scientifico di LavoroPrevidenza.com - Responsabile della Sezione Management

Responsabilità amministrativa ed esimente politica

Prof. Sergio Sabetta

Occorre innanzitutto richiamare il principio, per cui presupposto della giurisdizione contabile è ogni relazione ( rapporto di servizio ) che lega un soggetto alla P.A. per lo svolgimento di un’attività pubblica, ossia coerente ai fini dell’Ente e con effetti e rilevanza finanziaria per l’Ente globalmente considerato, questo indipendentemente dall’inserimento stabile e professionale di un soggetto nell’apparato della P.A. ( Corte dei conti, Sez. I, 29.1.98,n.25/A ).

L’art. 3 della L. 20.12.96 n. 639 dispone la responsabilità personale dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti, limitata ai fatti e alle omissioni commessi con dolo e con colpa grave.

Il sistema della colpa nel codice civile è fondato sul modello astratto del buon padre di famiglia, ma nell’adempimento delle obbligazioni inerenti l’esercizio di un’attività professionale il codice fa riferimento ad una forma attenuata di responsabilità basata sul dolo o colpa grave ( art. 2236 c. c. ) se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà.

In sostanza la colpa consiste nel violare un criterio medio di diligenza adattabile alle varie circostanze, nel caso di colpa professionale la limitazione al dolo o alla colpa grave è giustificata dal rischio particolare che si impone all’agente.

Non si deve, comunque, sottovalutare il grado di diligenza ricompreso nel modello del buon padre di famiglia, in quanto la figura non fa affatto riferimento ad una diligenza media bensì costituisce un metro dell’attività diretta alla tutela e alla realizzazione di interessi altrui, si che vi è insita l’idea di una speciale sollecitudine che deve guidare l’obbligato nella sua attività.

Nel sistema del codice civile si è crea una doppia figura della colpa, una astratta fondata sul modello del buon padre di famiglia intesa come una concezione psicologica della colpa che si esaurisce in un nesso psichico fisso ed uguale tra l’agente ed il fatto ed un’altra normativa fondata su una reale graduazione della colpevolezza in cui l’attenzione si sposta dalla verifica dell’inadempimento alla valutazione dell’azione colpevole, modellando la colpa secondo la diversità dei casi in rapporto alla maggiore o minore antidoverosità del comportamento del soggetto rispetto all’entità del danno. Ma a modellare la gravità della colpa si è considerato oggettivamente anche sebbene giurisprudenzialmente contrastato, il complesso dell’organizzazione amministrativa nel cui ambito si inserisce l’attività che si presume fonte del danno erariale, pertanto il grado di colpevolezza richiesto è tanto più elevato quanto minore è la funzionalità complessiva dell’organizzazione in cui l’illecito va a collocarsi (Corte dei conti, SS.RR. 24/9/97, n. 66, contro SS.RR. 10/6/97, n. 56 e Sez. I, 14/1/97, n. 1).

L’art. 59, comma I° del D. Lgs.vo n. 29/93 e seguenti modifiche conferma la disciplina attualmente vigente in materia di responsabilità civile, amministrativa, penale e contabile per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, questa viene a collegarsi con l’art. 3 della L. n. 639/96 nella parte in cui, ad integrazione della gravità della colpa, dispone che “…nel giudizio di responsabilità, fermo restando il potere di riduzione, deve tenersi conto dei vantaggi comunque conseguiti dall’amministrazione o dalla comunità amministrata in relazione al comportamento degli amministratori e dei dipendenti pubblici soggetti al giudizio di responsabilità”.

Il potere riduttivo dell’addebito non consiste in una gratuita riduzione dello stesso, ma in una determinazione discrezionale dell’an e del quantum delle somme da porre a carico del responsabile in funzione della gravità della colpa.

Sempre l’art. 3 della L. n. 639/96, in rapporto con l’art. 82, c. 2° della legge di contabilità generale, esclude la responsabilità passiva dal campo della responsabilità amministrativa sottolineando il principio fondamentale della individualità della responsabilità derivante dalla concezione normativa della colpa.

Il principio della individualizzazione della colpa ha comportato l’affermarsi della personalità della responsabilità e quindi la intrasmissibilità della stessa agli eredi, in questo quadro si colloca il problema della limitazione della responsabilità amministrativa ai casi di dolo o colpa grave. Tale limitazione non significa che viene consentito un comportamento lassista dei pubblici dipendenti, assoggettando all’azione risarcitoria solo quei comportamenti costituenti macroscopiche inosservanze dei doveri di ufficio, bensì si tiene conto della complessità dei doveri d’ufficio incombenti ai pubblici dipendenti inseriti in una struttura organizzativa di cui sono note le disfunzioni.

In conclusione si può affermare che essendo notevole il rischio di incorrere in errori, al pubblico dipendente possono essere rimproverate solo le manchevolezze particolarmente gravi.

Una volta definito il quadro dottrinale in cui inserire il concetto di colpa grave e della sua individualizzazione è opportuno entrare nel merito circoscrivendone esattamente il contenuto.

Per colpa grave si intende l’evidente e marcata trasgressione di obblighi di servizio o regole di condotta aventi le seguenti connotazioni:

· sia ex ante ravvisabile nel soggetto e sia da lui medesimo, sempre ex ante astrattamente riconoscibile per dovere professionale d’ufficio;

· si concretizzi nell’inosservanza del minimo di diligenza richiesto nel caso concreto o in una marchiana imperizia o in un’irrazionale imprudenza;

· non sussistano oggettive ed eccezionali difficoltà nello svolgimento dello specifico compito d’ufficio;

· nel caso di potenziale e particolare pericolosità delle funzioni esercitate dal soggetto, questo non si sia attenuto all’obbligo di osservare il massimo delle cautele e dell’attenzione.

Si vede bene che non tutti i comportamenti censurabili integrano gli estremi della colpa grave, ma soltanto quelli contraddistinti da precisi elementi qualificanti che vanno accertati volta per volta in relazione alle modalità del fatto, all’atteggiamento soggettivo dell’autore, nonché al rapporto tra tale atteggiamento e l’evento dannoso.

Riassumendo, si può affermare che il prevalente orientamento della giurisprudenza contabile identifica la colpa grave in una “sprezzante trascuratezza dei propri doveri, resa estensiva attraverso un comportamento improntato a massima negligenza o imprudenza ovvero ad una particolare non curanza degli interessi pubblici”. Indici di riconoscimento di tale grado della colpa sono stati ritenuti la previsione dell’evento dannoso (c.d. colpa cosciente), più in generale la sua prevedibilità, ovvero il superamento apprezzabile dei limiti di comportamento dell’uomo medio, o anche il notevole superamento di detti limiti, per chi riveste una figura professionale alla quale vanno richieste particolari doti di diligenza, prudenza e perizia.

L’utilizzabilità di questi indici non riduce la difficoltà di stabilire la gravità della colpa nei singoli casi concreti. Per tale motivo il relativo giudizio deve ispirarsi ad una considerazione globale di tutti gli elementi di fatto e di diritto ricorrenti nelle singole fattispecie concrete, con particolare riferimento all’atteggiamento tenuto dal convenuto in relazione agli obblighi di servizio ed alle regole di condotta relativi allo svolgimento degli specifici compiti di ufficio affidati alla sua responsabilità (Corte dei conti, SS.RR. 7/1/98, n. 1/A).

Come si può osservare viene a mancare la possibilità di una definizione unitaria della colpa grave, pertanto la giurisprudenza ha elaborato una serie di figure sintomatiche al fine di semplificare l’attività ermeneutica.

Queste possono raggrupparsi nel seguente elenco tenendo comunque sempre presente le due caratteristiche della personalizzazione della responsabilità come valutazione delle circostanze in cui si è verificato l’evento e la graduazione psicologica da cui dedursi la prevedibilità o meno dello stesso:

· inosservanza del minimo di diligenza;

· prevedibilità e prevenibilità dell’evento dannoso;

· cura sconsiderata e arbitraria degli interessi pubblici;

· grave disinteresse nell’espletamento delle funzioni;

· totale negligenza nella fase dell’esame del fatto e dell’applicazione del diritto;

· macroscopica deviazione dal modello di condotta connesso alla funzione;

· sprezzante trascuratezza dei doveri d’ufficio resa estensiva con comportamenti negligenti o imprudenti;

· particolare noncuranza degli interessi pubblici.

( Corte dei conti, Sez. I - appello 7/10/2004, n. 234 ).

Un particolare aspetto riveste il rapporto tra organi amministrativi e politici per i quali l’art. 1, c. 1 ter, della L. n. 20/94 ha introdotto la c.d. “esimente politica”, a favore dei titolari di organi politici i quali abbiano approvato o fatto eseguire in buona fede atti propri della competenza degli uffici tecnici o amministrativi. Tale esimente opera tuttavia solo quando la decisione causa del danno ingiusto sia stata assunta “in materia di particolare difficoltà tecnica o/e giuridica” e pertanto non sia evidente, in palese violazione dei più elementari canoni di sana e corretta gestione e degli obblighi di servizio, questo indipendentemente da qualche momento di inerzia e di negligenza (Corte dei conti, Sez. II appello, 11/7/2006, n. 255).

La responsabilità per Assessori e Sindaci, in particolare per i LL.PP. nella violazione delle procedure amministrativo/contabili, sussiste non solo per la mancata attivazione nell’assicurare il rispetto della normativa di settore, ma anche per la pura conoscenza della vicenda che a seguito della funzione ricoperta avrebbe dovuto indurre ad un intervento (Corte dei conti, Sez. II appello, 5/2/07, n. 4).

Inoltre la responsabilità si estende dalla procedura alla necessità delle corrette condizioni giuridiche per ottenere il finanziamento necessario agli interventi programmati, iniziati, ma non terminati, in quanto trattasi comportamenti caratterizzati “da leggerezza ed imprudenza per le pubbliche finanze locali e quindi una violazione degli obblighi inerenti ad una sana e corretta gestione delle risorse pubbliche” ( Corte dei conti, Sez. II appello, 20/2/2007, n. 12).



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